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Toscana. Governo e Regione all’assalto della sanità pubblica

 

Ai tempi di Monti bisogna essere credibili. Sarà per questo che la “razionalizzazione della spesa pubblica” l’hanno chiamata spending rewiew, puntando sul sapore anglosassone del fonema “spendinreviù” per farci sentire più moderni, più responsabili, anche quando si tratta di ridurre servizi pubblici essenziali. Come spesso accade però, questo acquisto di credibilità si rivela essere a senso unico, perchè rivolto solo agli investitori finanziari; per altri settori sociali, dire che è una tragedia è dire poco.

Nel comparto sanitario, la suddetta riforma di spesa, insieme al Patto di Stabilità ed al decreto Balduzzi, comporteranno nell’immediato una riduzione di 27.000 posti letto, da aggiungere ai più alti ticket sui farmaci e sulle prestazioni ospedaliere ed all’aumento dell’addizionale Irpef in tutte le regioni. Rapportando il nostro Sistema Sanitario Nazionale (SSN) a quello di altri paesi, salta all’occhio il buon rapporto tra la qualità dei servizi offerti e la modesta incidenza sul PIL, un risultato frutto dell’impronta fortemente pubblica con cui è stato pensato: esso incide per il 7% sul Prodotto Lordo, contro il 9% di Francia e Germania ed il 14% della peggiore sanità pensabile, quella USA. I nuovi provvedimenti, lungi dal rendere più efficiente il servizio, porteranno il numero di posti letto da 4 ogni mille abitanti a 3,7.

Nella “rossa” Toscana lo zelo del Professore ha trovato preziosi adepti nella Giunta Regionale. Nascondendosi infatti dietro il magro paravento della “spendinreviù”, l’assessorato alla sanità ha portato il rapporto dei posti letto ogni mille abitanti dai 3,7 previsto dal governo ai 3,16. La riorganizzazione del servizio prevede la scomparsa di 2000 posti letto, una ulteriore riduzione dei distretti territoriali, il taglio del 20% delle prestazioni diagnostiche, regalate così al privato “sociale”, l’accorpamento di tutta una serie di servizi e prestazioni e la diminuzione di 2 giorni della degenza media. Magia di un governo, che riduce il numero dei malati ed il decorso delle malattie a colpi di manovre di bilancio!

L’ammirevole missione di questa borghesia fattucchiera consiste insomma, in nome della credibilità (o credulonità???), nel propinare nuovi e più gravosi sacrifici, sempre agli altri, mai a se stessi. A pagare le conseguenze dei massicci tagli sono gli utenti, in particolare anziani e disabili (colpiti dal governo con la totale eliminazione del fondo per la non autosufficienza) ed i lavoratori. Le riorganizzazioni, ripercuotendosi inevitabilmente sui livelli occupazionali e sui ritmi lavorativi, stanno dando vita a stretto giro ad una serie di vertenze “aziendali”, spesso molto partecipate, alcune delle quali investono nuovi terreni della lotta.

L’Azienda Ospedaliera di Careggi ha tentato di imporre ai lavoratori (in particolare agli infermieri), un nuovo sistema di turnazione, col passaggio per i turnisti da un turno in quinta ad uno in nona. La risposta dei lavoratori non si è fatta attendere: scioperi, presidi, cortei interni ed una buona partecipazione che per ora non sembra scemare. Sempre nel fiorentino, i lavoratori della casa di cura di Poggio Sereno (Fiesole) hanno occupato l’ingresso dello stabile per protestare contro il mancato pagamento dello stipendio di dicembre e della tredicesima.

Anche l’Università degli Studi di Firenze è stata teatro di una “nuova” protesta, quella degli studenti di infermieristica. La lotta è nata dal mancato pagamento del tirocinio, ma ha immediatamente messo in luce come questa forma di “studio” sia in realtà un vero e proprio lavoro non retribuito (o scarsamente retribuito), una sorta di inevitabile porta d’ingresso nel passaggio al “mondo del lavoro” vero e proprio.
A Pisa in seguito al taglio del 5% delle spese dell’Azienda Ospedaliera locale sono state avviate le procedure di mobilità, anticamera del licenziamento, per 73 lavoratrici delle pulizie. La particolare situazione di queste lavoratrici ne fa un caso esemplare, poiché il servizio di pulizia è affidato in appalto alla multinazionale francese Sodexo. Le lavoratrici non si sono così limitate a rivendicare il diritto al lavoro con la controparte “fittizia” (la Sodexo in questo caso), ma hanno “scavalcato” l’appalto trattando direttamente con l’Azienda Ospedaliera e sanzionando l’esternalizzazione del servizio. Non solo! Partecipando al funzionamento di un servizio pubblico, le “leonesse” hanno anche fondato un Comitato Diritto alla Salute per portare sul piano “politico” la loro lotta.

È forse l’esempio più interessante, quello delle lavoratrici Sodexo, perchè associa alla determinazione nel non voler perdere il proprio posto di lavoro la lungimiranza di un piano unificante. Non basta, ci dicono, restare dentro i confini del “gruppo”. Bisogna “uscire fuori”, cercare legami con altri lavoratori (anche di altri settori, come dimostra la solidarietà prestata agli operai Ginori), nella consapevolezza che il grosso della battaglia si combatte sul tetto più alto, quello della politica. Il Comitato Diritto alla Salute ed il Comitato NoDebito Pisano hanno lanciato un presidio per la sanità pubblica. Il 16 febbraio, a Firenze, sotto la regione, può e deve essere parte della battaglia di tutti i lavoratori del settore.

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