Tra crisi e crisi. Conte tiene botta, per ora…
Le alchimie parlamentari hanno dato il loro responso, anche questa volta Conte la scampa.
Il presidente del Consiglio è riuscito a tenere in piedi una maggioranza relativa grazie alle magre defezioni tra i renziani e Forza Italia al Senato.
Eppure il segnale è chiaro, ad oggi il governo è oggettivamente più debole e costretto a modificare almeno parzialmente i propri indirizzi per “costruire una maggioranza più solida”.
In questo senso la manovra di Renzi è stata una mezza vittoria, mezza sconfitta, sempre che l’obbiettivo non fosse proprio questo: costringere l’esecutivo ad una contrattazione continua e variabile sulla base di un rapporto di forza e della minaccia di un governo di unità nazionale se la situazione si facesse troppo confusionaria.
D’altronde l’appello ai “costruttori”, ai “liberali, democratici ed europeisti” in chiave di conventio ad excludendum nei confronti delle destre agitando lo spettro di Capitol Hill ha funzionato seppure di stretta misura. Nessuno vuole realmente andare ad elezioni adesso se non forse Salvini e Meloni e pochi persino nelle fila di una certa borghesia nostrana pensano che un governo a guida Capitone sarebbe propizio in questa fase di contrattazione a livello europeo e con l’insediamento di Biden alla presidenza degli States.
Dunque in qualche modo vince l’usato garantito, o meglio l’usato ancora in grado di garantire una certa governamentalità ed evitare per il momento che emergano conflitti sociali più o meno espliciti sulle linee di faglia che la pandemia ha evidenziato.
Di fatto è stato questo il monito lanciato ai “responsabili”: attenzione, dopo di noi “del doman non v’è certezza”.
In ogni caso a Conte ed al suo entourage andava data una regolata, troppa autonomia nella gestione del Recovery, vera posta in palio di questo giro di danza. Le lobbies mal sopportano l’avvocato ed i suoi compromessi, ma allo stesso tempo sono consapevoli del rischio di una vera crisi politica in questa fase. Dunque ridurre Conte a più miti consigli sulla gestione delle risorse, con la carta nel taschino di un eventuale governo di unità nazionale con tutti dentro nel caso in cui persista sulla sua strada.
Persino Landini vede le carte in tavola e si risveglia dal suo torpore. Per lanciare un vero momento di mobilitazione sui posti di lavoro alla luce della crisi sociale e dell’atteggiamento criminale dei capitani d’impresa durante la pandemia? Sia mai, chiede che Conte lo convochi per capire se c’è ancora qualche briciola su cui sperare o se si pappa tutto la Confindustria.
Les jeux son faits almeno per ora, ma volenti o nolenti lo scontro si farà sempre più esasperato e le mediazioni di sorta si assottiglieranno. A questo potrebbe corrispondere un’emersione sociale sempre più contradditoria e magmatica caratterizzata dalle richieste di reddito e protezione sociale, prepariamoci.
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