InfoAut
Immagine di copertina per il post

Francia: il circo macronista continua

Non si cambia una squadra che perde.

Tradotto da Contre Attaque, al fondo una corrispondenza di Radio Onda d’Urto con Cesare Piccolo

Una cosa è certa: Macron ci ha fatto davvero ridere questa settimana. Ha consumato tre primi ministri in un solo anno e otto in totale dalla sua elezione nel 2017. Ma da lunedì è un festival che batte tutti i record.

Un mese fa, Macron ha nominato Sébastien Lecornu, uno dei suoi ultimi fedeli, capitano della sua nave in pieno naufragio. Domenica sera, quest’uomo vicino all’estrema destra ha composto il suo governo: un copia-incolla del precedente, che era stato respinto. Una scommessa rischiosa? Una provocazione? Comunque sia, il nuovo capitano ha gettato rapidamente la spugna, dopo esattamente 14 ore e 26 minuti. Lunedì mattina ha rassegnato le dimissioni. Lecornu è stato sia il primo ministro più lento della storia francese a formare il suo governo, impiegando 26 giorni, sia il più veloce a dimettersi, dopo una sola notte in carica.

Da allora, la situazione è diventata ogni giorno più imbarazzante. Macron è stato abbandonato da tutti, anche dai suoi più stretti collaboratori: il suo pupillo Gabriel Attal lo critica aspramente sui media, il suo grande amico Édouard Philippe chiede le sue dimissioni, i suoi stessi deputati lo definiscono «pazzo» in televisione. Persino il settimanale ultra-macronista Le Point chiede apertamente le sue dimissioni. Macron è più isolato che mai. Il suo entourage lo chiama ancora Presidente per cortesia, ma in realtà è solo, nudo, su una zattera che fa acqua.

In preda alla disperazione, Macron ha chiesto a Lecornu 48 ore di «consultazioni», come se potesse risolvere in due giorni problemi irrisolvibili da mesi. Mercoledì sera, Lecornu ha annunciato di essere un «monaco soldato», che la sua missione era «terminata» e che non avrebbe mai più accettato la carica di Primo Ministro.

Sono passati altri due giorni. Lo spettacolo più umiliante è stato quello della sinistra socialista ed ecologista. Anziché chiedere le dimissioni di Macron, come avrebbe fatto qualsiasi persona dotata di cervello, si è prostrata a terra, implorando Macron di darle l’opportunità di tradirlo. Un po’ di zucchero, qualche croccantino o una sospensione della riforma delle pensioni sarebbero bastati perché Olivier Faure e Marine Tondelier accorressero abbaiando. Questi ultimi hanno girato i set televisivi per reclamare incarichi ministeriali.

Sono gli unici a voler ancora tappare le falle del Titanic che sta affondando, mentre tutti hanno già lasciato il ponte. E nonostante lo spettacolo disgustoso offerto dalla sinistra francese, Macron ha giocato loro un altro scherzo. Venerdì scorso ha finalmente annunciato che erano stati bocciati, ancora una volta, e che non aveva assolutamente alcuna intenzione di fare marcia indietro sulle pensioni, né di tassare i ricchi. Un bello schiaffo in faccia, l’ennesimo. Siamo quasi in una situazione masochista. I Verdi e i socialisti avrebbero potuto perdere la loro dignità in questa operazione, ma fortunatamente non ne hanno più da tempo. Una lezione da ricordare: EELV e PS sono dei sub-macronisti mal riciclati, la vecchia toppa rimasta di una barca sgonfia.

Macron tenta quindi un ultimo, disperato colpo di forza: rinomina il suo Sébastien.

Rinchiuso nel suo palazzo, pensa forse che imporre per la seconda volta la stessa ricetta che nessuno vuole, dopo aver perso i suoi ultimi sostenitori, funzionerà? A meno che non sia clinicamente disturbato, è improbabile. Non c’è alcuno scenario in cui Lecornu-bis non venga censurato nei prossimi giorni: LFI, RN e la maggioranza dei deputati hanno già annunciato che faranno cadere qualsiasi nuovo primo ministro proveniente dalle file macroniste.

Allora cosa sta cercando di ottenere? Guadagnare tempo prima di uno scioglimento? Creare suspense? Generare una crisi politica così grave da poter invocare l’articolo 16 e ottenere pieni poteri? Lo sapremo presto.


FranciaMacron si aggrappa alla poltrona dell’Eliseo e nomina nuovamente Sébastien Lecornu come primo ministro, dandogli “carta bianca” per un nuovo governo. “Accetto per dovere, farò tutto il possibile per dotare la Francia di un budget entro fine anno e affrontare i problemi quotidiani dei cittadini’, il primo commento dell’ex – e neo – premier.

Freddo per ora il partito socialista, corteggiato dallo stesso Lecornu: “Nessun accordo con il premier è stato siglato su una nostra non-censura”, dice il PS. A destra invece i Républicains sono pronti a dare “sostegno” a Lecornu. Ancora più a destra la Pen torna a chiedere il voto anticipato. Infine La France Insoumise, che vuole votare la mozione di destituzione dello stesso Macron, presentata ormai diversi giorni fa all’Assemblea Nazionale. “La commedia è sempre più patetica e va avanti da giorni. È ora che finisca, una volta per tutte. Emmanuel Macron deve andarsene affinché il paese possa finalmente ripartire” ha detto Manuel Bompard, deputato de La France Insoumise.

La corrispondenza su Radio Onda d’Urto con Cesare Piccolo, giornalista freelance e nostro collaboratore da Parigi. Ascolta o scarica

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Qesser Zuhrah: la studentessa che potrebbe presto diventare la più giovane persona a morire in uno sciopero della fame nel Regno Unito

Giunta al cinquantesimo giorno di rifiuto del cibo, la manifestante di Palestine Action detenuta in carcere, Qesser Zuhrah, è ora in pericolo di vita

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

SIRIA. Aleppo, i miliziani legati alla Turchia sparano sui quartieri curdi

Le sparatorie cominciate il 22 dicembre, proseguite durante la notte, hanno ucciso due persone e ferito almeno 15 civili secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa siriana SANA.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Ha vinto Kast e il Cile si aggiunge all’ondata di ultradestra

È il primo pinochetista a giungere a La Moneda in democrazia.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

L’economia genocida di Israele è sull’orlo del baratro?

L’economista Shir Hever spiega come la mobilitazione per la guerra di Gaza abbia alimentato un’”economia zombie” che sembra funzionare ma non ha prospettive future.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Nasce “HUB”, un bollettino sulla militarizzazione e le resistenze dei territori

Dal lavoro congiunto di mobilitazione, organizzazione e inchiesta degli ultimi mesi che ha coinvolto diverse realtà e lavoratorə di Pisa, Firenze, Livorno, La Spezia e Carrara nasce il primo numero di “HUB”

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Ci stanno preparando alla guerra. E lo fanno contro di noi

Se militarizzano la società e ci chiamano nemici, la risposta è una sola: disertare la loro guerra, sottrarsi alla paura, spezzare il linguaggio che la legittima, difendere lo spazio vivo del dissenso.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Venezuela: gli Stati Uniti rivendicano un atto di pirateria nei Caraibi

“Bene, lo teniamo, suppongo”, ha affermato Donald Trump dopo essere stato consultato dai giornalisti sull’uso del greggio della petroliera sequestrata di fronte alle coste del Venezuela.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La Regione Sardegna apre all’ampliamento della fabbrica di bombe RWM

La fabbrica RWM da anni attiva in Sardegna in una porzione di territorio, il Sulcis, di proprietà della tedesca Rheinmetall, vedrà molto probabilmente il via libera per il suo ampliamento.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Il fumo di Gaza oscura le fiamme della Cisgiordania: il Progetto Coloniale reso permanente

Mentre gli occhi internazionali sono puntati su Gaza, Tel Aviv sta portando avanti la sua più aggressiva campagna di Pulizia Etnica e furto di terre nella Cisgiordania Occupata dal 1948.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Allevatori ed agricoltori di nuovo in protesta in Belgio e Francia.

Di seguito ripotiamo due articoli che analizzano le proteste degli agricoltori che in questi giorni sono tornate ad attraversare la Francia ed il Belgio.

Immagine di copertina per il post
Antifascismo & Nuove Destre

Rexhino “Gino” Abazaj di nuovo arrestato a Parigi: il rischio di una nuova estradizione verso l’Ungheria

Nonostante il rifiuto della giustizia francese all’estradizione verso l’Ungheria di Orbán, il militante antifascista italo-albanese è stato arrestato su mandato tedesco.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Bulgaria: cade il governo dopo le proteste. Quali scenari?

Giovedì il primo ministro della Bulgaria Rosen Zhelyazkov ha annunciato le sue dimissioni.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Leva-tevi

Germania, Francia ed Italia stanno reintroducendo la leva militare, ad oggi su base volontaria, domani chissà.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Sainte-Soline: le prove dell’intento di massacrare i manifestanti

«Non riesco più a contare quanti ragazzi abbiamo accecato! È stato davvero divertente!»

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Perù: destituita Dina Boluarte. Il Congresso ha approvato la destituzione presidenziale per «incapacità morale permanente»

Il Congresso del Perù ha destituito la presidente Dina Boluarte. Il Parlamento ha approvato la destituzione presidenziale per “incapacità morale permanente”, con 124 voti a favore e nessuno contrario.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Francia: Lecornu si dimette, il suo è il mandato più breve della storia

A un mese dalla nomina del nuovo primo ministro, e a poche ore dalla nascita nel nuovo esecutivo, il governo di Sebastien Lecornu è già finito.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Francia: blocchi contro l’industria delle armi e il genocidio a Gaza

Il 18 settembre non è stato solo un giorno di sciopero, è stato anche l’occasione per bloccare le aziende che producono armi e che sono complici del genocidio a Gaza.