USA, #FightFor15: decine di migliaia di lavoratori in sciopero bloccano i fast food
Le manifestazioni sono iniziate già dalla prima mattina di mercoledì in numerose località, tra cui New York, Chicago, Washington D.C., Las Vegas, Los Angeles, New Orleans, St Louis e Boston tra le tante. Lo sciopero – che ha visto decine di migliaia di dipendenti delle più importante catene di fast food scendere in strada per chiedere un aumento del ‘minimum wage’ (la paga minima oraria) a 15$ – era stato lanciato diverse settimane fa con numerose azioni di avvicinamento, tra cui un corteo dei lavoratori edili di New York lo scorso 4 aprile.
Lo stipendio minimo imposto dal governo federale è di 7,25$ anche se può variare da stato a stato, e lo sciopero arriva a pochi giorni di distanza dall’annuncio di Mc Donald’s dell’aumento della paga oraria di 1$, aumento che però vede coinvolti solo coloro che lavorano nei negozi di proprietà della società ma non i dipendenti che lavorano nei franchising della catena (oltre il 90%). Gli organizzatori della mobilitazione hanno scelto il 15 aprile non solo per l’assonanza con lo slogan di lancio – Figh For 15! – ma anche perché volevano utilizzare il Tax Day, cioè la tradizionale giornata di scadenza per il pagamento delle tasse, per sottolineare come i lavoratori siano pagati così poco da dover essere costretti a fare affidamento sull’assistenza pubblica per sopravvivere.
I lavoratori, che hanno manifestato sotto le sigle di una larga coalizione di organizzazioni, tra cui OUR Walmart, Jobs With Justice, D.C. Working Families e diversi sindacati locali, hanno bloccato gli incroci davanti ai ristoranti McDonald e sfilato in corteo per tutto il giorno in decine di citta, durante quella che gli organizzatori sostengono essere stata una delle più grandi battaglie operaie nella storia degli USA.
In solidarietà con il movimento #BlackLivesMatter che da diversi mesi si oppone agli abusi della polizia americana, molte azioni della giornata di ieri hanno visto la partecipazione di attivisti afroamericani: insieme allo slogan “We can’t breathe on $7.25” (in riferimento allo slogan adottato dal movimento dopo la morte di Eric Garner) i manifestanti hanno infatti inscenato diversi “die-in” di fronte alle sedi locali dei fast food.
Immancabile la presa di parola dei dirigenti di Mc Donald’s, che hanno detto di “rispettare il diritto delle persone a protestare pacificamente”, ma hanno ugualmente tentato di tenere aperti tutti i ristoranti nonostante i picchetti e le partecipatissime manifestazioni che, nel caso di New York, hanno toccato picchi di oltre 30.000 persone. E’ probabile che le azioni di protesta proseguiranno nei mesi a venire, anche perchè una prima grande vittoria della mobilitazione di ieri è stata quella di riaccendere il dibattito pubblico sulla questione della paga minima; diversi esponenti politici (in odore di campagna elettorale) hanno promesso di mettere in agenda la questione, mentre i seguito allo sciopero sono numerosi gli stati (in Alaska e Arkansas sarà oggetto di referendum) che hanno presentato un progetto di riforma degli stipendi.
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