11 arresti in Catalunya: Sanchez simula il dialogo ma prosegue l’azione repressiva dello Stato spagnolo
A dispetto della strategia di facciata del governo socialista di Sanchez, apparentemente volta al dialogo, lo scontro tra Stato spagnolo e l’insubordinazione catalana prosegue con durezza. Questa mattina una nuova operazione repressiva ha colpito 11 militanti e attivisti catalani per le proteste dell’anniversario del referendum pro indipendenza del primo ottobre.
La polizia spagnola aggredisce le forze attive nelle mobilitazioni popolari che lasciano aperto il lungo processo indipendentista, in un contesto particolarmente delicato per l’imminenza delle udienze del maxiprocesso per i prigionieri politici catalani accusati di sedizione. In nove rischiano una condanna a 25 anni di carcere per aver organizzato il referendum del primo ottobre 2017.
La mossa di Sanchez, più accorta del muro contro muro politico voluto da Rajoy, punta a un riconoscimento del conflitto politico catalano, scommettendo però su una frammentazione del fronte indipendentista su un dialogo che riconduca a un’assoggettamento integrale al comando di Madrid. A una linea politica meno oltranzista non fa seguito un ammorbidimento dell’iniziativa repressiva che, al contrario, si intensifica soprattutto per la solerzia dei settori dello Stato spagnolo più accaniti nei confronti nel processo catalanista.
L’operazione di stamani infatti è stata condotta dalla forze di sicurezza della polizia spagnola, senza un mandato del tribunale, specificano fonti della CUP, benché la polizia nazionale abbia affermato il contrario. Tra gli altri questa mattina sono stati arrestati di due noti sindaci esponenti della CUP della zona di Girona, Ignasi Sabater di Verges e Dani Cornellà di Celrà. “Il tribunale superiore di giustizia della Catalogna – dichiara la CUP – ha affermato che non ci sono mandati di arresto e che l’operazione è iniziativa della brigata di investigazione della polizia nazionale spagnola. Dunque questa operazione si è svolta senza alcun preavviso o citazione a giudizio degli arrestati”.
Secondo fonti dirette si afferma che gli avvocati al momento non hanno ancora potuto parlare con gli arrestati e quando si sono presentati al commissariato e si sono rivolti in catalano alla polizia gli è stato risposto che non sarebbero stati fatti entrare finché non avessero parlato in castigliano. Sono stati infine fatti entrare alle 11,30, più di tre ore dopo gli arresti. Pare inoltre che uno dei membri della brigata di investigazione della polizia nazionale che sta realizzando gli arresti sia l’aggressore di Jordi Borrás, fotogiornalista impegnato principalmente nel denunciare l’estrema destra.
“Senza garanzie processuali né democratiche qualunque processo contro il movimento di difesa del diritto di autodeterminazione va impugnato e denunciato – afferma ancora la CUP. Questa sarà una delle priorità politiche della CUP e della sinistra indipendentista.
Di fronte a questa situazione accusiamo lo Stato di autoritarismo e demofobia. È lo Stato spagnolo che dobbiamo giudicare, sono lo Stato spagnolo e le sue istituzioni a non permettere una soluzione democratica al conflitto. Convocheremo mobilitazioni con altre organizzazioni politiche, sociali e sindacali. Lanciamo un appello alla solidarietà perché questa violazione dei diritti ci colpisce tutt*”.
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