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67 anni combattente di prima linea delle YPG

67 anni, zio Nemir, combatte sul fronte orientale e ha invitato i giovani di Kobanê che hanno lasciato la città a causa degli attacchi dell’ISIS, a “venire a riprendere Kobanê,” mentre la diciannovenne combattente delle YPJ, Nefel, che lotta sullo stesso fronte con lo zio Nemir, ha risposto alla domanda: “Perché sorridi sempre?” dicendo: “Stiamo lottando per il nostro popolo e il nostro paese. Stiamo lottando per la nostra leadership. È per questo che siamo sempre di buon umore.”

La resistenza storica dei combattenti delle YPG/YPJ prosegue a partire dal 15 settembre nonostante gli attacchi delle bande dell’ISIS nel Cantone di Kobanê nel Rojava (Kurdistan occidentale). La gente di Kobanê e i combattenti provenienti da tutto il mondo e che entrano nelle YPG combattono fianco a fianco contro le bande dell’ISIS.

Mentre gli scontri continuano incessantemente sul fronte orientale e meridionale, le bande hanno lanciato almeno 15 attacchi dai camion-bomba in quando non potevano abbattere la resistenza dei combattenti delle YPG/YPJ e le milizie di Kobanê.

Considerando che le bande usano tutte le attrezzature tecniche superiori di cui dispongono, i combattenti delle YPG/YPJ e le milizie di Kobanê, dicono che combattono con la loro volontà e determinazione e che non potranno mai permettere che Kobanê cada.

E’ degno di nota il numero dei giovani che si sono uniti alle YPG/YPJ da tutte le quattro parti del Kurdistan e dalle grandi città della Turchia, dove vivevano in esilio. Tutti i combattenti con cui abbiamo parlato rispondono alla domanda da dove vengono in questo modo: “Adesso siamo di Kobanê” e “il Kurdistan è ora Kobanê.”

Le aree sul lato orientale della città, dove sono entrate le bande ISIS, sembrano essere state distrutte da un terremoto. I combattenti delle YPG/YPJ hanno tenuto le loro posizioni in queste rovine e resistono alle bande. I fronti orientali e meridionali della città sono collegati tra di loro tramite fori aperti nelle pareti delle case e dei luoghi di lavoro. La città è stata devastata dai colpi di mortaio dell’ISIS e dei loro veicoli carichi di bombe, esplose in gran parte da forze delle YPG. Nonostante tutta la distruzione, i combattenti sul campo di battaglia mantengono il loro spirito e il morale alti.

Incontriamo zio Nemir (Xelîlê Osman), che abbiamo incontrato 4 mesi fa presso il campo di battaglia sul colle Martyr Hogir tra i villaggi di Aşmê e Çarixlî sul fronte occidentale di Kobanê, quando gli attacchi dell’ISIS su Kobanê erano ricominciati; questa volta sul fronte orientale, ancora una volta in prima linea.

Abbiamo chiesto allora allo zio Nemir il motivo per cui aveva preso il nome di “Nemir”, che significa “immortale” in lingua curda, e lui ha risposto: “Perché non morirò prima che la rivoluzione sia assicurata.” Ci assicuriamo che zio Nemir mantenga la sua promessa sul fronte orientale.

Quasi tutti i compagni di zio Nemir, che ha 67 anni, hanno tra i 19 e i 25 anni. Una di questi è la diciannovenne Nefel. Mentre lo zio Nemir combatte su un fianco della loro posizione con un kalashnikov in mano, Nefel combatte sull’altro fianco con una mitragliatrice pesante contro le bande dell’ISIS.

Zio Nemir chiama le bande “Gemarî (sporche)”, e dice che combatterà fino a quando non saranno buttate fuori da Kobanê e aggiunge: “Io sono un membro delle YPG. Il mio vero nome è Xelîlê Osman. Il mio nome nel movimento è Nemir. I miei due figli combattono anche loro insieme con me, anche se io non li vedo da oltre un mese. Non so dove siano o come si chiamano. Sono stato in molte battaglie e sono stato ferito. Mi batterò fino a quando butterò queste bande fuori di qui.”

Zio Nemir si commuove mentre parla e dice che ha perso molti dei suoi giovani compagni sul campo di battaglia, e che lo trova difficile da sopportare. “Ringrazio il popolo del Kurdistan per il sostegno che ci ha dato. Invito tutte le persone del Kurdistan e la gente di Amed. Chiedo loro di non lasciarci soli come del resto non hanno mai fatto. Molte persone sono cadute davanti ai miei occhi. Voglio che la mia voce raggiunga tutti. Invito tutti i giovani con onore e di coscienza a venire qui e salvare la loro città da queste bande. Invito coloro che siedono e parlano a venire qui e riprendere la loro città,” dice lo zio Nemir.

Zio Nemir ci chiede di lasciare le foto che abbiamo scattato nella sala stampa delle YPG in modo che abbiano alcune foto di lui nel caso in cui cada sul campo di battaglia e ci dice addio dicendo: “anche voi ora siete i miei compagni.”

Quindi parliamo con la diciannovenne Nefel delle YPJ, che combatte sullo stesso fronte dello zio Nemir. Nefel inizia a parlare di questo veterano rivoluzionario e dice: “Zio Nemir è una persona emotiva e devota. Apprezza il fatto che combattiamo qui, essendo venuti da luoghi diversi del Kurdistan. Dice sempre che è meglio che succeda qualcosa a lui piuttosto che a noi. E’ molto sensibile. Veglia, è sempre in prima linea.”

Membro delle YPJ Nefel ci dice che le bande hanno attaccato senza tregua sul fronte orientale per 3 giorni e dice che le bande hanno iniziato ad attaccare con camion carichi di esplosivo in quanto non riuscivano a spezzare la resistenza. Sostiene di aver preso dalle bande la mitragliatrice pesante BKC che ha nelle mani e dice che ora colpiscono le bande con le loro stesse armi. Le chiediamo: “Tutti i combattenti delle YPG e YPJ che abbiamo visto finora erano tutti sorridenti. C’è qualche significato particolare?” Lei dice: “Stiamo lottando per il nostro popolo e il nostro paese. Stiamo lottando per la nostra leadership. È per questo che siamo sempre di buon umore.”

Gelhat, uno dei comandanti delle YPG sul fronte orientale, dice che le bande sono ora di fronte ad una di due opzioni, “la morte o andare via da Kobanê” e aggiunge: “Tutti hanno visto che Kobanê non è un boccone facile da digerire . Kobanê ha sconvolto i piani di tutti tranne i nostri. L’ISIS non può tenere duro a Kobanê. Al massimo, tutto quello che possono fare è rovinare la città, non hanno nulla da ottenere.”

Un altro comandante delle YPG sul fronte orientale, Eli, dice che nei villaggi le bande hanno iniziato a saccheggiare e caricare articoli per la casa sui camion e poi vanno via. Eli dice: “quelli che combattono qui non sono in grado né di tornare né di avanzare. Saranno giustiziati se tornano. Di conseguenza non hanno via d’uscita se non combattere.”

da Uiki

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pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

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