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Iniziata l’aggressione turca del Rojava [In aggiornamento]

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[Aggiornamenti] 19/10 – Ore 11 – Di giovedì è la notizia ufficiale di un accordo per un “cessate il fuoco” di 120 ore tra USA e Turchia. Il patto prevede che la Turchia cessi gli attacchi per far ritirare le SDF di 20 km, di fatto dando esito positivo alla occupazione militare e al rischio genocidio. Le SDF hanno accettato il cessate il fuoco, ma non che i soldati turchi restino sul campo. La Turchia comunque nella giornata di ieri ha già rotto il cessate il fuoco bombardando Serekanyie e uccidendo circa trenta persone. Un convoglio umanitario di civili che da giorni si dirige verso la città per rompere l’assedio e chiedere l’apertura di un corridoio umanitario è stato nuovamente attaccato a colpi di proiettili.

14/10 – Ore 15 – Confermato nella notte l’accordo tra le SDF e lo stato siriano con la mediazione della Russia. Le truppe della Siria dovrebbero star raggiungendo alcuni punti strategici del Rojava per collaborare con l’alleanza arabo-curda, tra questi punti vi sono le città di Kobane e Manbij che sono tra gli obbiettivi strategici di Erdogan. “Tra il genocidio e il compromesso, scegliamo il nostro popolo”, così ha riassunto la scelta di collaborare con i siriani il comandante in capo delle SDF, Mazloum Kobani. Nel frattempo dopo giorni di eroica resistenza pare che l’esercito di Ankara sia riuscito a prendere il controllo delle strade di ingresso su Dirbesiyeh e Kobane, confermando la propria volontà di penetrare nel territorio della Siria del Nord di 35 Km a costo anche di scontrarsi con le truppe di Damasco. Sicari al soldo di Ankara, secondo le SDF legati a ISIS, hanno ucciso a Qamishlo Havrin Khalaf, segretaria generale del Future Syrian Party: è la prima esponente politica della rivoluzione caduta in guerra. Khalaf è stata uccisa in una imboscata tesa da gruppi jihadisti sulla strada verso Manbji. Era una delle principali esponenti del movimento di liberazione della donna nella rivoluzione. La Turchia continua con i bombardamenti indiscriminati, colpendo convogli di civili e mezzi dell’assistenza sanitaria. A Serekanyie sono proseguiti per tutta la notte durissimi combattimenti e nonostante la sproporzione dei mezzi la resistenza continua. In Europa ormai sono diversi i paesi che hanno interrotto la vendita di armi alla Turchia, ma le azioni concrete della comunità internazionale per il momento si mostrano tutt’altro che sufficienti a far desistere Erdogan. 

10/10 – Ore 10 – Nella notte violenti scontri lungo tutto il confine. L’esercito turco ha tentato due volte di invadere via terra Tel Abyad con il supporto delle bande del Free Syrian Army. Entrambi i tentativi sono stati respinti dalle SDF. L’aviazione turca ha colpito il centro operativo delle YAT (squadre antiterrorismo delle YPG) dove erano detenuti alcuni miliziani di daesh. Diversi morti e feriti tra i civili, 5 a Qamishlo nel Nord-Est dove è stato bombardato il quartiere cristiano. Sono iniziati i colpi di artiglieria su Kobane. Le Ypg stanno rispondendo agli attacchi colpendo diverse postazioni nemiche sul confine.Questa mattina presto sono ripresi i bombardamenti contro Serekanye, dove ad est ed ovest della città esercito turco e alleati jhiadisti hanno rimosso alcune parti del muro per tentare un incursione di terra.
Duri scontri si stanno verificando a hamlet Miche (est di Serekanye) dove le SDF hanno comunicato di aver ucciso 5 jhiadisti sostenuti dalla Turchia respingendo l’incursione nei pressi di Tal Khalaf. Intanto in tutta Europa si moltiplicano le iniziative di solidarietà con il popolo curdo. Negli Stati Uniti lo scontro interno all’establishment continua, con il congresso che avrebbe in cantiere una risoluzione bi-partisan di sanzioni alla Turchia. Qui una mappa degli scontri:

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9/10Ore 14 – Gli statunitensi hanno concluso nella notte il trasferimento del contingente in Siria del Nord. Pare che anche la Turchia sia rimasta spiazzata dalla celerità dell’operazione e non abbia ancora completato la preparazione, per questo motivo l’invasione non è ancora iniziata, ma si prevede che nelle prossime 48h inizierà. Intanto in Turchia il parlamento ha approvato l’operazione militare soprannominata “Primavera di Pace” con il solo voto contrario di HDP (partito di sinistra filo-curdo). L’HDP stesso, insieme ai sindacati socialisti, alcune minoranze religiose e la sinistra rivoluzionaria turca ha lanciato un appello alle proteste contro le politiche di guerra del governo. Anche in Siria del Nord è partita la mobilitazione dei civili. L’amministrazione autonoma ha dichiarato da tre giorni il presidio permanente degli abitanti locali lungo il confine per fare da “scudo umano” contro gli invasori.

9/10 – Ore 10 – Secondo fonti giornalistiche l’attacco turco partirà entro le prossime 24 ore. Diversi bombardamenti sono avvenuti lungo il confine turco siriano, dove le forze aeree turche avrebbero colpito le postazioni curde di Tal Abyad e Tal Tawil. Da ieri sera sono scoppiati violenti scontri a Raqqa: una cinquantina di miliziani di Isis stanno attaccando in piccoli gruppi, con azioni coordinate, il centro città, approfittando dello spostamento delle truppe di SDF verso il confine dove le truppe turche continuano ad ammassarsi. Le voci sulla chiusura dello spazio aereo del Nord Est della Siria da parte degli Stati Uniti in realtà sono vere in parte: il Pentagono ha escluso ieri l’esercito turco dal Combined Air Operations Centre (COAC), una base telematica di informazioni sullo spazio aereo siriano creato dalla coalizione contro l’ISIS. Dunque i turchi non avrebbero più accesso alle informazioni satellitari o di altro tipo di quella base dati. La mossa del Pentagono è un tentativo di mettere i bastoni tra le ruote all’accordo Trump – Erdogan che molti nell’establishment politico militare USA considerano folle. Intanto in tutta Italia vengono lanciati presidi di solidarietà con il Rojava, qui la lista aggiornata delle iniziative.

8/10 – Ore 10:30 – Varie fonti riportano un bombardamento aereo turco nella serata di ieri al confine tra Iraq e Siria, nella zona di Semalka, a un’ora di distanza dal passaggio di un convoglio di rifornimenti e armi della Coalizione diretto a Qasmishlo e quindi nel territorio controllato dalle SDF. Arrivano anche informazioni discordanti rispetto a una chiusura dello spazio aereo del Nord Est della Siria nei confronti della Turchia da parte degli Stati Uniti. Intanto l’Iran si dice contrario all’operazione turca e negli Stati Uniti scoppia il caos tanto nel partito democratico quanto in quello repubblicano con molti esponenti della politica USA che contestano la mossa di Trump sulla Siria. L’unica certezza, per il momento, è che l’invasione minacciata non è ancora iniziata, nè i bombardamenti su larga scala.

Via al ritiro delle truppe Usa dal Nord della Siria. Nella notte la Casa Bianca ha diffuso un comunicato in cui sancisce pubblicamente l’accordo con Erdogan di ritirare le proprie truppe al fine di lasciare mano libera all’esercito turco per istituire una “fascia di  sicurezza” lungo il confine Nord della Siria e ad est dell’Eufrate, liberando di fatto la strada per l’invasione del Rojava e per attaccare la Rivoluzione Confederale.
Inoltre nell’accordo si dichiara di voler affidare i prigionieri di Daesh alle autorità turche, aprendo di fatto alla possibilità che migliaia di miliziani dello Stato Islamico, ritornino in libertà, visto che proprio la Turchia in questi anni li ha foraggiati economicamente e aiutati sul campo di battaglia.
L’intenzione di Erdogan di invadere la il Rojava, dopo aver occupato militarmente il cantone di Afrin nel 2018, viene giustificata dall’annuncio di voler trasferire le migliaia di profughi siriani che vivono in Turchia, nella fatidica “Safe Zone” al confine turco-siriano. È lampante come dietro questa abominevole operazione di ingegneria demografica si nasconda il tentativo di minare l’integrazione sociale della Rivoluzione Confederale, poiché la maggioranza degli sfollati che si vorrebbe deportare sono originari di altre regioni siriane.
Erdogan nuovamente, cerca di uscire dalla più forte crisi interna di sempre, sia econmica che di consenso per il governo, usando la carta della guerra contro i curdi, intenzione divenuta chiara nei giorni scorsi dopo i suoi annunci all’Onu.
Da parte della Federazione della Siria del Nord arriva la promessa di resistenza ad ogni costo per fermare l’attacco fascista turco, e l’appello alla solidarietà internazionale.

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