Alta corte spagnola condanna di nuovo il rapper Pablo Hásel
L’Alta Corte spagnola (Audiencia Nacional) ha condannato il rapper spagnolo Pablo Rivadulla, conosciuto con il nome artistico di Pablo Hásel, a due anni e un giorno di prigione per aver ripetutamente elogiato il terrorismo e per aver calunniato le istituzioni statali e reali spagnole.
Rivadulla ha espresso queste opinioni in 64 messaggi su Twitter e in una canzone condivisa su YouTube. Gli è stato anche detto di pagare una multa di 24.300 euro in relazione al caso.
Questa è la seconda decisione del tribunale contro il rapper, che è stato condannato per reati simili nel marzo 2015 dalla Corte Suprema e ha emesso un’altra sentenza di due anni. In quel caso, Rivadulla aveva scritto e condiviso canzoni che lodavano gli attentati compiuti da gruppi armati come ETA, il gruppo maoista spagnolo GRAPO, l’organizzazione marxista-leninista Brigata Rossa, e altro ancora.
Questo è il terzo caso di alto profilo che riguarda la libertà di parola sui social media a fare notizia in Spagna negli ultimi giorni, il governo spalleggiato da giudici e polizia punisce ogni forma di dissidenza, che sia essa fisica o di pensiero.
Il mese scorso la Corte Suprema ha confermato una condanna a tre anni e mezzo di carcere contro un altro rapper, José Miguel Arenas, meglio conosciuto come Valtonyc,in questo caso le accuse mossegli sono di calunnia contro la Corona, glorificando il terrorismo e facendo minacce in una serie di canzoni.
In uno dei suoi post del marzo 2016, Rivadulla ha caricato una fotografia di Victoria Gómez, membro del gruppo armato GRAPO, e ha scritto: “Le dimostrazioni sono necessarie, ma non sufficienti. Sosteniamo coloro che sono andati oltre”.
All’epoca il rapper aveva 54.000 follower su Twitter, che evidentemente si sono resi conto che portare solidarietà a chi ha condotto un tipo di lotta più offensiva rispetto ad altri non è poi una cosa così grave, la libertà di pensiero ed opinione non dovrebbe poter essere giudicata da nessun tribunale, quello che stà avvenendo in Spagna è la dimostrazione di come gli stati europei il più delle volte impongano un pensiero unico.
Due dei giudici della suprema corte, Concepción Espejel e Nicolás Poveda, hanno rilevato che questa e altre prese di posizione rappresentano “un’azione diretta contro l’autorità dello Stato nelle sue molteplici forme, mostrando disprezzo per esse e denigrandole individualmente e collettivamente, e invocando la necessità di andare oltre nei comportamenti violenti, anche ricorrendo al terrorismo e ritraendo figure di spicco condannate per terrorismo come modelli da seguire”, mentre un terzo giudice, Manuela Fernández de Prado, è entrato in un parere dissenziente a favore dell’assoluzione.
Se basta una canzone o un appello di solidarietà a far arrestare un uomo, strappandolo dai suoi cari, dalle persone che lo amano allora vedremo presto le galere riempirsi di militanti, lo stato spagnolo non è nuovo a reprimere chi si ribella e si oppone ad uno stato malato e imperialista anche solo con lo strumento della parola.
Ma non bisogna spingersi fino in Spagna per trovare forme di repressione del dissenso che colpiscono rapper o artisti per i contenuti dei loro testi e delle loro prese di posizione pubbliche. E’ di ieri infatti la notizia che in Sardegna il rapper Bakis Beks è stato raggiunto da un decreto penale di condanna per oltraggio a pubblico ufficiale per aver diffuso messaggi antimilitaristi e contro le basi NATO nell’isola. Oltre al rapper sarebbero stati colpiti dallo stesso decreto penale diversi ragazzi che facevano parte del pubblico.
Libertà per Pablo Rivadulla e per tutt* i/le detenut* politici e politiche
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