Argentina, 500000 in piazza contro Macri e FMI
Almeno 500000 persone hanno sfilato ieri in corteo a Buenos Aires contro la proposta di legge finanziaria di Mauricio Macri, scritta in fedele osservanza dei diktat del Fondo Monetario Internazionale che dovrebbe prestare nei prossimi tre anni 50 miliardi dollari al paese sudamericano.
L’Argentina, a meno di vent’anni dalla precedente crisi economica, è infatti di nuovo alle prese con il tentativo delle istituzioni internazionali di attaccare i diritti dei lavoratori e delle parti meno garantite della società, in ottica ad un sistema-mondo capitalistico che di volta in volta distrugge tessuti sociali per ricreare condizioni favorevoli allo sfruttamento.
La dinamica è la stessa che ha caratterizzato le “politiche del saccheggio” in Argentina e in tanti altri Stati: politiche economiche utili solo ai grandi capitalisti conducono a spirali di crisi, che vengono risolte ancora in ossequio a chi è già garantito. La crescita “inclusiva” che sarebbe stata esito delle politiche neoliberiste di Macrì come ovvio non si è vista, anzi il presidente si è concentrato sopratutto sull’approvare in senso peggiorativo il sistema delle pensioni.
Colpito dalla svalutazione del peso e dall’aumento dell’inflazione, invece di redistribuire la ricchezza aumentando i redditi delle fasce più basse, il governo si è prestato ad ulteriori attacchi ai diritti in nome dell’austerità e della riduzione del debito pubblico. Con il risultato di peggiore ulteriormente la situazione, in un contesto di guerre commerciali e di crisi economica a venire dove paesi emergenti come Turchia, India, Brasile (dalla situazione simile a quella argentina) vivono le stesse difficoltà e ondeggiano tra politiche ultraliberiste e involuzioni autoritarie.
In Argentina un bambino su due vive sotto la soglia di povertà, mentre i rapporti tra la politica e l’economia sono all’insegna della corruzione. Il quarto sciopero generale della Presidenza Macrì sta portando alla ribalta queste ed altre contraddizioni, in uno scenario all’insegna del tragico deja vù.
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