#BlackLivesMatter continua tra rivolta, repressione e tentativi di cooptazione
Ferguson e ciò che hanno prodotto le proteste dopo l’assassinio di Mike Brown si dimostrano comunque un vortice e uno spazio inedito di soggettivazione politica. Se a maggio i riot di Baltimora avevano riportato gli Stati Uniti sul mainstream globale, la quotidianità di iniziative in moltissime città sta formando una nuova generazione di militanti neri, attorno alla quale si compongono vecchie generazioni, alcuni gruppi di attivisti formatisi dentro Occupy e altre esperienze. Una coabitazione spesso difficile. Non a caso rispetto agli scontri di sabato il movimento non è riuscito a proporre una voce unitaria. Alcuni dei leader della protesta, affiancandosi in questo alle dichiarazioni della polizia e di molti politici, hanno provato a sostenere che non sussistesse nessun legame tra gli scontri, gli espropri e gli spari del sabato notte con il movimento. Tuttavia quando la mattina successiva si è scoperto che il 18enne caduto a terra gravemente ferito sotto i colpi della polizia era un grande amico e compagno di scuola di Mike Brown, tale posizione è divenuta difficile da sostenere. Anche perché gli altri due teenager feriti dai colpi della polizia nella notte sono stati colpiti esattamente sul posto dove è stato ucciso Brown. Il tutto mente la polizia, in assetto antisommossa, respingeva altri manifestanti con gas lacrimogeni a poca distanza. Il punto, come sempre più semplice e più profondo al contempo delle verità ufficiali (introiettate anche da pezzi del movimento), è che una generazione di giovani e giovanissimi semplicemente non si riconosce nelle forme di protesta pacifica e più in generale nei linguaggi e nelle prospettive di molte organizzazioni politiche.
Dentro il movimento è infatti presente una forte discussione in questi mesi. Esperienze radicalmente diverse si stanno riproducendo. In molte città si stanno consolidando gruppi che si definiscono New Black Panther Party, che spesso sfilano armati per le strade [nelle foto una parata a Hempstead, in Texas, del 12 agosto, a seguito della morte in cella di una giovane attivista nera]. In altre il gruppo autodefinitosi #BlackLivesMatters sta proponendo una serie di contestazioni ai comizio verso le presidenziali. Moltissimi altri gruppi si attivano nei territori. Per dare un’idea della situazione abbiamo tradotto questo articolo di “Black Agenda Report. News, information and analysis from the black left”, chiamato “#BlackLivesMatter and the Democrats: How Disruption Can Lead to Collaboration”.
“If the emerging movement allows itself to be sucked into Democratic Party politics, it is doomed.”
Un anno dopo l’assassinio poliziesco di Michael Brown a Ferfuson, Missouri, un movimento di massa nascente sta lottando su come strutturarsi e definirsi. Il movimento emergente ha le proprie radici nella resistenza alla sistematica repressione e violenza statale sulla Black America, eppure la sua traiettoria oscilla sotto gli urti e gli strattoni delle differenti forze che si sono messe in movimento, ed è ulteriormente distorto dall’implacabile pressione di una struttura di potere che persegue strategie che simultaneamente puntano alla cooptazione e all’annichilimento.
L’annichilimento fisico è una minaccia costante per la componente “di strada” del movimento, come i giovani di Ferguson il cui atteggiamento di sfida contro l’occupazione militare ha ispirato una mobilitazione nazionale, e e il cui linguaggio di guerriglia urbana risuona in tutte le città della nazione. Loro sono la schiera la cui esistenza sociale è stata formata dal regime di incarcerazione di massa inaugurato due generazioni fa come risposta nazionale al movimento nero degli anni Sessanta. Il fatto chiaramente visibile che molti dei poliziotti che hanno occupato Ferguson durante questa settimana di anniversario dell’omicidio di Michael Brown fossero fisicamente spaventati – e che i fratelli e le sorelle “di strada” non lo fossero per nulla – è la prova che abbiamo bisogno che la gioventù nera, come si diceva una volta dei “ghetti”, continui a restare arrabbiata e insaziabile nel confrontarsi contro i suoi tormentatori.
L’annichilimento fisico, o una vita di morte sociale attraverso l’imprigionamento, è solo uno degli ordini esecutivi presidenziali rivolti contro gli “above ground” activists [ossia quegli attivisti che potremmo definire come quadri, militanti o avanguardie. Ossia coloro che si spostano di città in città, si coordinano, promuovono la mobilitazione su scala nazionale ecc…] , i cui arrivi, spostamenti e comunicazioni sono attentamente registrati dalla polizia segreta del Primo Presidente Nero, come riportato da Intercept [vedi: https://firstlook.org/theintercept/2015/07/24/documents-show-department-homeland-security-monitoring-black-lives-matter-since-ferguson/]. Le varie componenti di quello che è collettivamente chiamato movimento Black Lives Matter sono sulla lista dei nemici interni della Homeland Security, guidata da Jeh Johnson, un uomo nero, e dall’FBI, sotto la direzione di Attorney Loretta Lynch, una donna nera.
Lynch, come il suo predecessore, Eric Holder, crede che la sua razza le consenta di giocare sia il ruolo del Alto giudice persecutore che quello del modello per i neri. Pertanto, in quanto nero “anziana” e “in virtù della sua razza”, Lynch pretende di avere l’autorità morale di definire ciò che il movimento dovrebbe fare per commemorare l’omicidio di Brown. “Gli eventi del weekend erano pacifici e promuovevano un messaggio di riconciliazione e guarigione”, ha detto – come se le persone dovessero riconciliarsi con un sistema che uccide le persone nere quasi ogni giorno; un sistema che non può essere guarito. “Ma gli incidenti e la violenza, come quelli visti l’altra notte”, mette in guardia Lynch, rivolgendosi alla propria autorità di Alto giudice, “sono contrari a entrambi i messaggi, per i quali abbiamo a lungo lavorato durante quest’anno”.
Ciò che l’amministrazione Obama ha tentato di fare durante l’ultimo anno è stata la cooptazione di alcuni attivisti sui quali l’amministrazione sta sviluppando dei dossier, in preparazione di una futura possibile detenzione. Ci sono tuttavia evidenti limiti nelle lusinghe che possono essere offerte da un’amministrazione che, come tutti i governi repubblicani e democratici negli Stati Uniti degli ultimi 45 anni, è totalmente impegnata nel mantenimento del regime di incarcerazione di massa dei neri – sebbene questa tenti di apporre qualche marginale aggiustamento.
Il più grande vettore del progetto di cooptazione del movimento è il Partito Democratico, un’istituzione che domina meticolosamente la politica nera ad ogni livello della vita della comunità. Non solo i neri sono eletti a stragrande maggioranza nei democratici, ma virtualmente tutte le organizzazioni civiche nere – la NAACP [National Association for the Advancement of Colored People], la National Urban League, le chiese nere, le associazioni studentesche più attive politicamente – sono di fatto annesse al Partito Democratico. Due generazioni dopo la smobilitazione del movimento di base dei neri e l’indipendenza politica che sorse col movimento, il Partito Democratico pervade il discorso politico sulla Black America. E il Partito Democratico è dove i movimenti progressivi giungono alla loro fine.
Se il movimento nascente si lascia sussumere dal Partito Democratico, è spacciato. Eppure l’organizzazione #BlackLivesMatter, un gruppo strutturato con una leadership molto visibile e con diramazioni in 26 città, sta gravitando attorno al punto di non ritorno del Buco Nero Democratico. Sino al punto in cui questa e altre organizzazioni di movimento hanno preso soldi dai sindacati, ossia i soldi del Partito Democratico, dal momento che il lavoro organizzato negli U.S. È anch’esso un’estensione – e un mungitore di soldi – dei Democrats. Non a caso i soldi del sindacato nell’anno delle elezioni presidenziali sono molto più pericolosi per l’indipendenza del movimento che le donazioni da società come la Ford Foundation. Il sindacato vuole dei risultati tangibili in cambio dei propri dollari, e farà parlare il proprio denaro nell’urna elettorale.
Gli attivisti di #BlackLivesMatter dovrebbero convincersi che si stanno confrontando con il duopolio della classe dominante quando disturbano i comizi dei candidati presidenziali, ma questa tattica conduce dritti alla cooptazione. Qual è l’intento? Se l’obiettivo di #BLM è quello di spingere i candidati ad adottare migliori posizioni sulla riforma della giustizia criminale, che succede dopo? La logica implicita in tale tattica conduce inesorabilmente a un sostegno esplicito o implicito verso il candidato più reattivo. Sennò per quale motivo si dovrebbero fare queste iniziative?
Il primo governatore del Maryland e Martin Omallet, sindaco di Baltimora, le cui draconiane pulizie delle strade hanno condotto all’arresto di 750mila persone in un anno – più che il totale della popolazione della città – hanno firmato una proposta di riforma del sistema di giustizia criminale dopo un confronto con #BLM. Sarà votato? E’ il ruolo di #BLM quello di valutare i candidati? In caso affermativo, allora il gruppo sta inevitabilmente agendo come lobby/constituency del Partito Democratico, ed è reticolato ai risultati elettorali. A quel punto, cessa di essere un movimento indipendente, o un esempio di politica nera indipendente. Diviene giusto un’ulteriore brand dei Democrats.
Se l’obiettivo è quello di fare pressioni sui candidati per ottenere “migliori” posizioni sulla giustizia criminale o su altri temi, allora ciò che #BLM sta facendo è quello di dare qualche colpetto ai Democratici verso qualche miglioramento di una riforma. In assenza di richieste radicali da parte di #BLM, tutto ciò che rimane di sinistra sono le futili promesse di riforma che possono essere schiacciate dai Democratici. (Nessuno lavora con il Partito – dell’Uomo Bianco – Repubblicano).
La tattica di #BLM schiva le formulazioni e l’agitazione aggressiva che proviene dalle richieste del cuore del movimento. Ma un movimento è definito dalle sue richieste – che è una delle ragioni per le quali il movimento è da descriversi come un movimento “nascente”; una mobilitazione con grandi promesse.
Dr. Martin Luther King Jr. denunciò il presidente democratico e talvolta alleato con Lyndon Johnson sulla guerra in Vietnam, nel 1967, e rifiutà anche l’apparenza di una collaborazione con il duopolio della classe dominante. King capì che il suo ruolo era quello di orientare masse di persone verso il loro stesso empowerment [potenziamento], non di agire come un gruppo di interessi o come lobby nei corridoi del sistema. (senza considerare che Malcom X e, più tardi, il Black Panther Party, avrebbero messo King alla gogna se avessero potuto). Mezzo secolo più tardi, il Partito Democratico è pieno di quadri neri ma, alla luce dei risultati da essi ottenuti, questa è più una prova di una sconfitta che di una vittoria. Due mesi prima dell’uccisione di Michael Brown a Ferguson, l’80% del Caucus nero del Congresso [ente assembleare che raccoglie i parlamentari neri al fine di discutere della condizione afroamericana] – quattro su cinque dei membri con pieno diritto di voto – supportò il continuo trasferimento di armi e attrezzature che il congresso stava dirottando verso i dipartimenti locali di polizia, incluso il rappresentante nero che rappresenta Ferguson, William “Lacy” Clay.
Il Partito Democratico, come il suo cugino Repubblicano nel duopolio, è un’impresa criminale, che inquina la politica della Black America. Qualsiasi movimento nero duraturo deve, per necessità, essere in opposizione al Partito Democratico e asi suoi annessi nella società civile. Questi sono nemici, sono tra coloro che hanno facilitato il regime di incarcerazione di massa dei neri nelle ultime due generazioni. “Lacy” Clay e il suo collega della CBC hanno ucciso centinaia di Michael Brown.
Le rivendicazioni centrali della gente risuonano in ogni manifestazione. Quando i manifestanti neri urlano “Polizia assassina fuori dai quartieri”, non si stanno riferendo a un paio di mele particolamente marce; stanno parlando di tutto il maledetto esercito di occupazione.
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