Chiapas: un’infinita guerra sporca
Qui in Chiapas continuano a volare proiettili da ogni parte.
Ancora una volta scriviamo una denuncia che è un appello urgente. Come collettivo Nodo Solidale (di cui una parte vive in Chiapas, Messico) prendiamo parola per dar voce al grido d’allarme che risuona da questa terra ferita e ribelle. Vi preghiamo di diffondere questo comunicato e, nella misura del possibile di agire, facendo striscioni, volantinaggi e tutto ciò che la vostra creatività militante possa inventare per visibilizzare questa guerra altrimenti relegata nell’ombra.
La notizia più recente, che ci spinge con urgenza a fare appello alla solidarietà delle reti di lotta, è la grave aggressione ai danni del compagno base d’appoggio zapatista Jorge Lopez Santiz, raggiunto al petto da diversi proiettili per mano del gruppo di stampo paramilitare ORCAO (Organizzazione Regionale dei Coltivatori di Caffè di Ocosingo). L’ORCAO da almeno tre anni ha compiuto diversi attacchi a mano armata contro la comunità zapatista “Moisès y Ghandi”: ne ha bruciato la scuola autonoma e la sede della cooperativa, magazzino del caffé; ne ha saccheggiato i raccolti e, tra le altre nefandezze,ne ha sequestrato per alcuni giorni due basi d’appoggio e ne minaccia continuamente aderenti e solidali. L‘escalation della violenza di tipo paramilitare non è ancora degenerata in guerra aperta perché la Comandancia dell’EZLN e le loro basi, con uno sforzo epico, stanno resistendo a ogni provocazione.
Jorge Lopez Santiz è stato trasferito d’urgenza in elicottero all’ospedale della capitale del Chiapas, Tuxtla Gutierrez; si è battuto tra la vita e la morte ma fortunatamente, proprio in queste ore, è uscito dal coma e sembra aver superato la fase più critica.
Il Chiapas, e in particolare la sua frontiera sud col Guatemala, è campo di battaglia fra cartelli della droga che si contengono il controllo del traffico di stupefacenti e dei migranti. Il 24 e il 25 maggio nella zona di Frontera Comalapa e Chicomuselo (municipi con forte presenza di imprese minerarie e di forte resistenza popolare a queste) si è scatenato l’inferno, si parla di 60 morti, TIR bruciati, villaggi presi d’assalto, giovanissimi reclutati a forza o giustiziati sul posto. Al momento si contano circa 3000 persone costrette alla fuga tra le montagne, famiglie intere sfollate dalla narco-dittatura dei cartelli.
Anche in un città turistica come San Cristóbal de Las Casas la situazione è sempre più grave: differenti organizzazioni sociali indigene che già lavoravano come forze paramilitari e mercenarie al servizio di diversi partiti politici, oggi si sono associate a grandi cartelli criminali, disputandosi la città a colpi d’arma da fuoco. Lo scorso 17 aprile la città è rimasta preda di continue sparatorie tra i gruppi d’assalto delle organizzazioni in conflitto: in pieno giorno sono state incendiate diverse case, sono stati realizzati blocchi stradali da parte di gruppi armati che hanno sparato per più di 10 ore, senza nessun intervento delle forze dell’ordine o dell’esercito. Il saldo ufficale è di tre morti ma sembrano molti di più.
In Messico la sinistra indipendente e la società civile più critica cerca di smascherare le responsabilità del governo “progressista” di Andrés Manuel López Obrador e le sue politiche i cui mega-progetti oltre a saccheggiare i territori indigeni, favoriscono l’espansione di questi violentissimi gruppi narcos che vogliono conquistarsi “le piazze” e agiscono nella completa impunità; ma le loro azioni di denuncia si scontrano con estreme difficoltà, denigrate dalla sinistra istituzionale e pressate dalle forze impari dei narco-paramilitari.
La distruzione del tessuto sociale e i continui e feroci assassinii commessi da questi gruppi, che spesso agiscono in combutta con l’Esercito Federale e le forze di polizia, rende sempre più difficile l’agire político autonomo e critico. Insieme ai movimenti sociali latinoamercani definiamo questa strategia come “guerra di frammentazione territoriale” che esaspera la popolazione civile, dividendola una miriade di micro-conflitti locali, solo apparentemente isolati.
E’ una situazione di caos violento e confuso (e indotto): chi crede di poter costruire un mondo migliore in mezzo a sparatorie, stupri, saccheggi e con tutto contro, partiti politici, polizia e narcos? È difficilissimo ma proprio per questo dobbiamo sostenere e difendere l’alternativa del progetto politico zapatista che ha dimostrato durante questi 30 anni di autogoverno, in mezzo alla catastrofe, che è possibile vivere in autonomia, con dignità, in una democrazia radicale senza Stato costruita dal basso, nel rispetto della natura e dei diritti fondamentali delle donne e delle dissidenze sessuali. Uno spazio di libertà e uguaglianza reali, in un Messico che assomiglia sempre più a un’immensa fossa comune.
È sotto attacco la libertà di r/esistere di tutt*. Per la vita e contro il capitalismo: agiamo subito!
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