Cile: Il governo impantanato di fronte all’aumento della violenza
Rafael Calcines Armas
Il Cile chiude la settimana con un aumento della violenza nel sud del paese che oggi mantiene il governo impantanato nello scegliere una soluzione politica o militare ad un conflitto con profonde radici storiche.
Nei giorni precedenti si sono moltiplicati nell’Araucanía e in altre zone incendi di terreni e macchinari di imprese forestali, abitazioni e veicoli, perpetrati da sconosciuti armati che le forze di polizia sembrano incapaci di catturare.
Di fronte ad una tale crisi il presidente Sebastián Piñera lunedì ha annunciato misure per combattere quelli che ha giudicato come atti terroristici, tra le quali la priorità di vari progetti legislativi e un Accordo Nazionale con le forze politiche e sociali contro la violenza.
Il mandatario ha fatto questi annunci dopo essersi riunito con il Ministro dell’Interno e alti rappresentanti dei Carabinieri, della Polizia Investigativa e delle Forze Armate, che il giorno seguente ha inviato nel sud del paese per coordinare possibili azioni punitive.
Ma la risposta al mandatario da parte dell’opposizione e dei partiti governativi è stata di segnalare il fallimento del Governo nel trovare una via d’uscita alla crisi, anche se hanno presentato delle proposte diametralmente differenti su una possibile soluzione.
Così, la candidata presidenziale socialista Paula Narváez ha considerato che il problema non si risolve con misure di sicurezza e militari ma con accordi politici con il popolo mapuche.
Sulla medesima linea il sindaco comunista Daniel Jadue, la figura più stimata dentro l’opposizione, ha segnalato che il governo non ha fatto nulla per saldare il debito con le nazioni originarie.
In cambio, il Partito Repubblicano, di estrema destra, ha considerato che la soluzione della crisi “non la troveranno i politici, ma le Forze Armate e dell’Ordine”, e il suo presidente, José Antonio Kast, ha minacciato Piñera “a mettersi i pantaloni”.
Su questa posizione di forza si sono aggiunti anche dei deputati di Chile Vamos, la coalizione di Governo, che hanno anche chiesto al presidente di imporre nell’Araucanía lo stato d’assedio.
Di fronte a queste pressioni il governante giovedì si è riunito con i presidenti dei partiti di destra, per affrontare la crisi, e secondo notizie diffuse si è rifiutato, almeno per ora, di applicare questa misura di forza nei territori meridionali.
Da ultimo, questo venerdì ha sostenuto un incontro con rappresentanti del Parlamento, della Giustizia e della Corte dei Conti, tra gli altri, con l’obiettivo -ha detto- di cercare accordi e un coordinamento affinché queste istituzioni facciano “il loro migliore sforzo per contribuire alla soluzione del problema”.
Ma anche lì le differenze sono rimaste latenti, perché dopo la riunione, la presidente del Senato, Adriana Muñoz, ha ritenuto inaccettabile un intervento militare nell’Araucania, dove, ha ricordato, non c’è solo un conflitto per la violenza, “ma anche per una storica richiesta di diritti del popolo mapuche al quale non è stata data alcuna attenzione”.
Fonte: Prensa Latina
27 febbraio 2021
Resumen Latinoamericano
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