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Egitto: è ancora rivoluzione

Mario Correnti per Nena News

Un milione, forse più, a sfidare il caldo soffocante dell’estate cairota in nome di un nuovo Egitto. Il «Venerdì dell’epurazione e del castigo» ieri ha riempito Piazza Tahrir come nei giorni indimenticabili della rivolta contro Hosni Mubarak. Ora l’ex raìs non è più al potere. Malato e depresso, affronterà il prossimo 3 agosto un processo storico. Eppure la ribellione che infiamma la piazza più famosa della «primavera araba» non si placa. I protagonisti della «rivoluzione del 25 gennaio» contestano  il Consiglio supremo delle forze armate al potere, che ogni giorno che passa, si dimostra un avversario sempre più insidioso. E ieri a protestare contro la lentezza dei processi che vedono sul banco degli imputati alcuni degli uomini di Mubarak e per le esitazioni nell’attuazione del processo di riforma, c’erano anche centinaia di migliaia di manifestanti ad Alessandria e a Suez mentre un migliaio di persone ha tenuto un sit-in davanti all’ospedale internazionale a Sharm el Sheikh dove, da metà aprile, è ricoverato Mubarak.

E’ stato un  venerdì di protesta – con gli attivisti che hanno allestito una piccola tendopoli per prepararsi a uno sciopero a oltranza – che ha confermato la determinazione di larghi settori della società egiziana di voler continuare la battaglia per impedire che la «rivoluzione» si limiti alle dimissioni di Mubarak. Convocata dai movimenti giovanili e dal quello del 6 aprile, la manifestazione è diventata imponente anche sull’onda emotiva di sentenze impopolari, come quella per il rilascio su cauzione di agenti accusati di avere sparato sui manifestanti a Suez a gennaio. Alla fine hanno aderito anche i Fratelli musulmani, nonostante il movimento islamico avesse deciso di non unirsi ai manifestanti attesi a Piazza Tahrir. Considerati alleati di fatto dei militari – ai quali garantiscono la pace sociale – assenti dalle altre grandi manifestazioni contro la «restaurazione», gli islamisti stavolta hanno capito che rimanere lontano dalla piazza mentre mezzo Egitto vuole «continuare la rivoluzione», non avrebbe fatto gli interessi dell’organizzazione che punta a conquistare metà del Parlamento alle prossime elezioni legislative.  Gli islamisti hanno già ottenuto ciò che volevano – riconoscimento definitivo e piena libertà di azione politica – e non hanno interesse a tenere sotto pressione il Consiglio militare supremo su questioni, come i poteri del presidente, la cittadinanza, la costituzione, i diritti individuali centrali per le forze laiche e progressiste.

«La rivoluzione continua», si leggeva ieri su alcuni striscioni. Mercoledì un tribunale ha assolto tre ex ministri egiziani, che erano stati rinviati a giudizio con l’accusa di malversazione. Una sentenza che ha contribuito ad alimentare la rabbia dei manifestanti. «Negli ultimi cinque mesi, diversi ex funzionari governativi sono stati assolti come se non ci fosse stata alcuna rivoluzione e come se nessuno fosse stato ucciso», ha spiegato Inji Hamdi, uno dei portavoce del movimento giovanile del 6 Aprile.

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