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Egitto. Il venerdì di sangue e la lunga mano dell’esercito

All’interno del complesso quadro egiziano, risulta acquisire importanza il ruolo dell’esercito, che gode di una legittimazione di attuazione nella piazza, insieme al quale sembra che ci sia il comitato di salvezza composto da liberali, progressisti, nasseriani ed esterno, ma a loro alleato, il più grande partito salafita egiziano.

La figura dell’esercito sembra pertanto rappresentare quella componente reazionaria che prosegue il proprio cammino all’insegna di una soluzione neoliberista nel processo rivoluzionario egiziano. Un esercito d’acciaio, che storicamente gode di un potere molto forte all’interno del paese.

La giornata di ieri è stata segnata anche dallo scioglimento del Parlamento da parte del Presidente ad interim, Adly Mansour e dall’arresto per ‘‘incitazione alla violenza’‘ del numero due della Fratellanza, Khairat El-Shater. Mentre sarà forse nominato oggi il nuovo primo ministro dell’Egitto, in sostituzione di Hisham Qandil, deposto dalle Forze Armate insieme al presidente islamista Mohamed Morsi.

Intanto per quest’oggi, l’esercito egiziano ha bloccato al Cairo le principali arterie che conducono alla moschea di Rabaa el Adaweya, incluse le strade che portano al ministero della Difesa e alla Guardia repubblicana. Mentre gli scontri si estendono anche fuori dalle grandi città, un sacerdote cristiano copto è stato ucciso a colpi di arma da fuoco nella provincia egiziana del Sinai; la furia islamista cerca probabilmente di riprendere terreno nelle piccole città, dove già ieri, nel Nord del Sinai, hanno attaccato il governatorato, issando la bandiera islamista, ma a mantenere il pieno controllo del paese continua ad essere l’esercito che fa difficoltà a controllare una piazza così imponente.

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