InfoAut
Immagine di copertina per il post

G20 di Osaka: un gioco di specchi

||||

Il G20 di Osaka si è concluso sabato.

Gli incontri più significativi quelli riguardanti Usa, Russia e Cina.

Putin e Trump hanno discusso questioni di “commercio internazionale e questioni internazionali”.

I due leader hanno concordato di continuare le discussioni sul “modello di controllo delle armi del XXI secolo”, o più che altro del controllo della guerra, e che, secondo il parere del presidente degli Stati Uniti, dovrebbe includere anche la Cina. Hanno convenuto sul fatto che “relazioni migliori tra Stati Uniti e Russia sono nell’interesse reciproco di ciascuno dei due Paesi e nell’interesse del mondo”, o meglio a scapito del resto del mondo e dei milioni di persone che muoiono di guerre e di fame, argomenti che al G20 non vengono proprio presi in considerazione. L’obbiettivo trumpiano è ancora una volta quello di provare a costruire un riavvicinamento alla superpotenza russa in chiave anticinese, mentre Putin vuole conservare la sua autonomia di manovra nei confronti dell’alleato asiatico, che inizia a farsi un po’ invadente come al confine col Tagikistan dove pare che stia autonomamente pattugliando il confine in un’operazione antiterroristica e abbia installato una vera e propria base militare, mettendo in discussione la primazia russa su quell’aerea. Insomma sicuramente per Putin non si tratta di abbandonare l’alleanza con i cinesi, ma piuttosto di ribadire che è un rapporto inter pares.

Riguardo alla crisi iraniana invece, Trump ha detto che per risolverla c’è “molto tempo, non c’è fretta”. Avvertendo poi: “se ce la faremo, bene, altrimenti sentirete”. L’Iran è l’ultimo spauracchio di Trump per mantenere l’instabilità in Medioriente e per poterlo agitare come l’ennesimo nemico degli Usa e dell’Occidente (pensiamo solo a qualche mese fa alla questione della Corea del Nord). Non c’è da pensare però che nonostante il temporeggiare il target della guerra non sia chiaro, per Donald si tratta da un lato di avvicinare altri alleati alla causa (per il momento sostenuta timidamente da Gran Bretagna e Francia e dall’entusiasta Salvini) e dall’altro di non rischiare uno scenario tipo Siria con l’intervento dei Russi e uno scarso risultato effettivo.

Per quanto riguarda il rapporto Usa UE il bilaterale tra Merkel e Trump è stato più circostanziale che altro. La Casa Bianca ha scritto in una nota che il presidente e la cancelliera “hanno discusso di molti temi, tra cui le attività pericolose dell’Iran in Medio Oriente, la stabilizzazione della Libia e della regione del Sahel ed il sostegno alle riforme economiche in Ucraina”. Insomma la Germania appare più come osservatrice e oggetto di scambi commerciali nell’ interesse degli Stati uniti che protagonista attiva del vertice.

Per quanto riguarda l’Italia, brevi colloqui, prima con la cancelliera tedesca Angela Merkel, poi con il presidente della commissione europea Jean-Claude Juncker. Missione del premier Giuseppe Conte, al G20 di Osaka, elemosinare il blocco della procedura d’infrazione per debito eccessivo all’Italia, come se questo dovesse risolvere il problema della disoccupazione dei giovani e della povertà dilagante che attraversa il paese ormai da anni.

Significativo l’accordo tra Donald Trump e Xi Jinping. Gli Stati Uniti, infatti, non aggiungeranno nuovi dazi sulle importazioni del Made in China. “Per il momento – ha dichiarato Trump – non ci saranno nuovi aumenti di dazi, ma ripartiranno i negoziati. Loro spenderanno molti soldi, un enorme ammontare di soldi, per prodotti agricoli e cibo americani. Lo faranno quasi subito, già durante i negoziati”. Trump infatti minacciava di imporli, inizialmente al 10%, su 325 miliardi di dollari di esportazioni cinesi, che si sarebbero aggiunti ai 250 miliardi di dollari di prodotti cinesi già oggi sottoposti a tariffe del 25%. La Cina, in cambio, comprerà prodotti agro-alimentari dagli Stati Uniti. Il presidente Donald Trump dichiara nella conferenza stampa finale: «Huawei potrà tornare ad acquistare i prodotti dai fornitori americani, le aziende Usa possono vendere attrezzature a Huawei, lì dove non ci sono grandi problemi con la sicurezza nazionale». 

Il presidente cinese dal canto suo ha sottolineato che “la cooperazione e il dialogo sono migliori delle frizioni e dello scontro”. Ricordiamo a tal proposito le tensioni tra le due potenze solo nel maggio scorso, quando un cacciatorpediniere statunitense ha effettuato un’operazione nel Mare del Sud della Cina, avvicinandosi agli isolotti Scarborough Shoal controllati da Pechino con il pretesto di difendere la “libertà di navigazione”. Tutto ciò all’apice delle tensioni tra le due maggiori economie del mondo a causa della guerra commerciale avviata dagli Stati Uniti contro il gigante asiatico di cui parlavamo.

Poco prima, ad aprile, Il presidente Donald Trump aveva deciso di non rinnovare le esenzioni per l’import di petrolio iraniano, che scadevano a maggio. Lo aveva annunciato la Casa Bianca, spiegando che la decisione mirava ad azzerare l’export di petrolio iraniano, negando al regime la sua principale fonte di entrate. Pochi giorni fa prima della ratifica dell’accordo, una petroliera iraniana, la Salina, è attraccata al Complesso cinese per la raffinazione di Jinxi vicino a Pechino, sfidando apparentemente le sanzioni statunitensi sulle esportazioni di Teheran (Washington Times).

Le tensioni nella regione del Medio Oriente inoltre nelle ultime settimane si erano intensificate dopo che il 19 giugno scorso l’Iran aveva abbattuto un drone americano che era entrato nel suo spazio aereo nelle acque dello Stretto di Hormuz. D’altra parte Pechino ha stretti rapporti commerciali e di energia con Teheran, ma cerca anche buoni rapporti con l’Arabia Saudita, principale rivale dell’Iran nella regione, e sede strategica di postazioni militari americane.  Tra l’altro Trump durante l’incontro con il principe saudita, lo ha definito un “amico” giudicando il suo lavoro come “una rivoluzione in un modo molto positivo”. Inoltre ha dichiarato di apprezzare gli acquisti di attrezzature militari statunitensi da parte dell’Arabia Saudita. Il prossimo G20 si terrà proprio in Arabia Saudita. I Sauditi hanno vissuto da protagonisti questo G20, con la comunità internazionale che si è ben guardata dal chiedere conto dell’omicidio Khashoggi. Non c’è da illudersi però, tra Cina e Usa si tratta solo di una tregua momentanea: Trump ha saggiato l’affondo e ha compreso che per il momento è meglio non farsi troppo male, non stringere troppo la spirale, ma è inevitabile che la guerra commerciale abbia presto delle recrudescenze. Il problema delle mastodontiche importazioni di cibo d’altro canto per la Cina è strategico e irrisolvibile nel breve termine.

Tutti i membri del G20, esclusi gli Stati Uniti, riaffermano l’impegno alla “piena attuazione” dell’accordo firmato nel 2015 a Parigi per la lotta al cambiamento climatico. I 19 firmatari riconoscono “l’irreversibilità” di tale accordo. Lo si legge nella dichiarazione finale del G20 di Osaka, con termini simili a quanto sottoscritto lo scorso anno. Anche quest’anno, ovviamente, gli Usa si sono sfilati dall’intesa.

Emblematica la frase del documento finale che dice: “le tensioni commerciali e geopolitiche si sono intensificate”.

Un G20 dunque ai limiti della schizofrenia apparente, in cui sembra che nessuno dei principali attori abbia realmente idea di cosa possa succedere domani, ma in realtà abbastanza efficace per la strategia complessiva yankee. I rapporti commerciali e le strategie militari sono tutte sul tavolo, mentre le grandi questioni dei cambiamenti climatici, povertà e effetti delle guerre vengono accantonate. Insomma, la globalizzazione competitiva ha un suo specchio in questo G20, ma a parte tante parole l’evidenza è che ancora una volta non c’è nessuna strategia complessiva per affrontare la crisi economica, sociale e ambientale dei nostri tempi. Il rilievo di Putin sul fatto che “il liberalismo ha fallito il suo compito” evidenzia che non si torna indietro, che si stia da una parte o dall’altra della barricata.

 

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

cinag20iranSAUDITItrumpUsa

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Piemonte: verso il 20 e il 22 settembre: giornate di mobilitazione contro il genocidio in Palestina

Continuano le mobilitazioni di piazza in tutta Italia a sostegno della Palestina, si intensificano con l’attuale escalation degli attacchi a Gaza City, e in coordinamento con la Global Sumud Flotilla.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Invasione via terra a Gaza City: aggiornamenti e collegamento da Deir Al Balah

Nella notte tra lunedì 15 e martedì 16 l’esercito israeliano, sulla scorta di massicci bombardamenti, ha fatto irruzione con centinaia di carri armati sul territorio di Gaza City.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

American Primeval

Dell’omicidio di Charlie Kirk e del suo presunto esecutore Tyler Robinson si sta parlando ampiamente.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Mobilitazione generale a fianco della Palestina: presidi in tutta Italia

Striscia di Gaza, 16 settembre 2025. Da questa notte Israele ha iniziato l’operazione di conquista totale di Gaza City, effettuando bombardamenti a tappeto su tutta la città per preparare il terreno all’invasione via terra.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Nella logica distorta di Israele, veganismo e genocidio vanno di pari passo

Un elemento meno noto della campagna di disinformazione israeliana è il suo status autoproclamato di nazione leader in materia di diritti degli animali

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Nepal: intervista da Katmandu con Navyo Eller, “Mai vista una rivoluzione così veloce, netta e senza compromessi”

È tornata la calma nel paese himalayano dopo le durissime quanto rapide proteste della scorsa settimana a Katmandu e in molti altri centri del Nepal.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Il Movimento No Tav era, è e sarà sempre al fianco della resistenza palestinese: sosteniamo la Global Sumud Flotilla!

Se Israele deciderà di fermare con la forza la Global Sumud Flottilla, impedendo ancora una volta l’arrivo di aiuti umanitari e provando a spegnere un atto di resistenza collettiva, noi non resteremo a guardare.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Global Sumud Flotilla: le barche italiane lasciano la costa siciliana alla volta di Gaza, “Buon vento”

Sono salpate, alla volta di Gaza, le imbarcazioni italiane della Global Sumud Flotilla dal porto siciliano di Augusta.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Gaza Inc: dove il Genocidio è testato in battaglia e pronto per il mercato

Gaza è diventata la vetrina di Tel Aviv per lo Sterminio privatizzato, dove aziende tecnologiche, mercenari e fornitori di aiuti umanitari collaborano in un modello scalabile di Genocidio Industriale venduto agli alleati in tutto il mondo.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

America Latina, “la guerra secondaria”

Nel 2025, la competizione globale per i minerali essenziali – terre rare, litio, cobalto – e per le fonti energetiche – petrolio, gas, energie rinnovabili – sta riconfigurando il potere globale.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

La questione della Palestina nel mondo di lingua cinese

Nell’ottobre 2023, con l’operazione “Diluvio di al-Aqsa” lanciata da Hamas e la brutale risposta di Israele, il movimento di solidarietà con la Palestina è ricomparso in Cina.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cina: dallo SCO alla parata militare a Pechino

Riprendiamo due interviste da Radio Onda Rossa e Radio Blackout che fanno il punto della situazione dopo i due eventi che hanno visto protagonista Pechino.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Haiti: Trump invade la nazione haitiana con mercenari di Erik Prince

Erik Prince, fondatore della compagnia di mercenari privata Blackwater e forte alleato politico di Donald Trump, ha firmato un accordo di 10 anni con il governo di Haiti (sotto tutela degli USA) per combattere le bande criminali che lo stesso regime americano ha promosso.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

L’ancora di salvezza degli Stati Uniti maschera la caduta libera dell’economia israeliana

L’Ufficio Centrale di Statistica israeliano ha riferito che l’economia, già in costante stato di contrazione, si è contratta di un ulteriore 3,5% tra aprile e giugno.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Stati Uniti: ambiente e terre pubbliche sotto attacco

La tavolata della ventina di rappresentanti delle Big Oil (le grandi aziende energetiche statunitensi), svoltasi presso la tenuta trumpiana in Florida nell’aprile del 2024, è ormai passata all’incasso

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

E’ uno sporco lavoro / 3: Hiroshima Nagasaki Russian Roulette

Sono ancora una volta delle parole, in parte esplicite e in parte giustificatorie, quelle da cui partire per una riflessione sul presente e sul passato di un modo di produzione e della sua espressione politico-militare.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Sono dazi nostri

Non c’è altro modo per definire l’incontro tra Ursula von der Leyen e Trump se non patetico.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Georges Ibrahim Abdallah uscirà di prigione il 25 luglio, dopo 41 anni di reclusione

Abbiamo tradotto questo testo apparso su ContreAttaque in seguito alla notizia della decisione di fare uscire dal carcere Georges Ibrahim Abdallah dopo 41 anni di reclusione ingiusta, simbolo della persecuzione e dell’attacco da parte di Stati Uniti e Israele in primis e, di conseguenza della totale complicità di uno Stato europeo come la Francia, nei confronti di un militante anti-imperialista, rivoluzionario marxista libanese.