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Grecia, 48 ore di sciopero contro l’austerity

Nella giornata di ieri è infatti iniziata la discussione alla Commissione Finanze del pacchetto di tagli richiesti dalla Troika che dovrebbe essere approvato quest’oggi dal Parlamento greco.

Si tratta di un piano di austerity da 13,5 miliardi di euro che si abbatterà sul paese per il triennio 2013-2016, così come imposto dagli organi europei per sbloccare la prossima tranche di aiuti internazionali alla Grecia.

Decisiva sarà anche la votazione della legge di bilancio prevista per domenica.

Ieri Atene era paralizzata dallo sciopero dei trasporti pubblici (che hanno registrato un’astensione dal lavoro molto alta) e due cortei distinti, l’uno convocato dal Pame e l’altro dai sindacati dei dipendenti pubblici e privati, che in tutto contavano circa 50.000 persone, hanno sfilato per la città e sono poi confluiti in una blindatissima piazza Syntagma; cortei e migliaia di persone in piazza anche in diverse altre città del paese.

La giornata di ieri si è conclusa davanti al Parlamento senza che scoppiassero scontri e i numeri in piazza erano inferiori rispetto a quelli che hanno riempito le strade nelle ultime scadenze di sciopero ma l’attenzione è rivolta soprattutto all’appuntamento in piazza Syntagma per oggi alle 17, in concomitanza con la votazione del pacchetto al Parlamento.

Lo scontro sull’approvazione resta aperto anche internamente all’arco parlamentare: il governo sta cercando di accelerare i tempi per concludere la votazione entro la giornata di oggi utilizzando una procedura d’urgenza; Samaras può ancora contare su una buona maggioranza ma la nuova ondata di misure di austerity in approvazione oggi sta comunque creando divisioni e la partita potrebbe non essere facile nemmeno all’interno del Parlamento.

Nel frattempo in queste ore anche e soprattutto la piazza si prepara a respingere l’approvazione dell’ennesima ondata di sacrifici, licenziamenti e tagli; Samaras ha promesso che il pacchetto al voto oggi sarà l’ultimo che verrà imposto alla Grecia ma le sue parole non hanno trovato alcun seguito o credibilità nel paese, memore di annunci simili fatti in precedenza e poi puntualmente smentiti e ormai pervaso da una rabbia e una sfiducia generalizzate nei confronti del governo.

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