Hub meeting Barcellona, connessioni in corso…
Durante la mattinata numerosi workshop e tavoli tematici hanno spesso avuto la capacità di rielaborare la discussione con cui si era conclusa la giornata di ieri, dove un certo pragmatismo sindacale si era confrontato con un punto di vista autonomo dei conflitti e degli spazi aperti di lotta nella crisi della rappresentanza e nella possibilità, già in atto, di uscire da una posizione difensiva ed attaccare austerità e debito. Il workshop sullo “sciopero precario”, introdotto da Andrea Fumagalli, ha avuto il merito, a nostro parere, di riportare il confronto su un terreno di proposta di lotta e di inchiesta sociale rilanciando il dibattito sulle forme di organizzazione dello sciopero precario. “Se lo sciopero non fa male non serve a niente!” a conclusione del workshop che ha lanciato la proposta di una giornata di lotta europea contro l’austerità nel mese di dicembre.
Il Knowledge Liberation Front contemporaneamente interveniva sull’importante posta in gioco nella giornata del 15 ottobre. Contro il piano complessivo di attacco alle vite impersonato da banche ed agenzie finanziarie spalleggiate da governi compiacenti, è necessario costruire una giornata di lotte che porti con sé il senso del rifiuto della mediazione partitica e istituzionale per affermare invece quello dell’autorganizzazione delle piazze in mobilitazione che ben è stato raccontato dalla descrizione dello spirito dell’acampada di plaza Catalunya di cui parleremo in seguito. Domani sarà presentato il meeting che si terrà dal 29 settembre al 2 ottobre a Tunisi (ci saranno collegamenti skype dalla capitale tunisina e da Parigi), un’altra importantissima occasione di allargamento di una rete transnazionale di lotte che scarti ogni retorica reazionaria di ritorno alla sovranità nazionale per affermare invece una comunanza basta sulla riappropriazione dal basso della ricchezza sociale.
Le aspettative createsi intorno al workshop del sabato pomeriggio, tutto incentrato sul resoconto dell’esperienza delle acampadas, non sono state tradite. Anzi, le riflessioni di attivisti pienamente coscienti e autocritici riguardo alla potenza trasformatrice del ‘movimiento 15M’ sono servite per dare spunti di allargamento della ‘questione spagnola’ su un piano transnazionale che parla di pratiche di lotta e costruzione di soggettività diffusa dal basso.
Ad aprire la discussione una esponente della #AcampadaSol, che ha analizzato le dinamiche di costituzione delle acampadas. Queste si sondate da subito una sorta di organizzazione in commissioni che strutturavano l’acampada e gruppi di comunicazione verso l’esterno. Nell’ accelerare la presa di coscienza delle piazze è stato centrale il fronte comune sorto nel momento in cui si son dovuti affrontare i tentativi di sgombero. Qui si è dato un allargamento della struttura comunicativa, che ha connesso le varie città in modo da rendere tangibile la solidarietà tra acampadas. La centralità dell’intercomunicazione nei picchi di tensione sociale è stata la mossa vincente per l’esplosione del movimento: la resistenza (datasi tatticamente) passiva opposta alle provocazioni poliziesche è stata difatti utile nei primi giorni per penetrare il mainstream mostrando solo la brutalità poliziesca e permettendo la reazione emotiva di molti cittadini che nel vedere le immagini si sono riversati a migliaia; basti ricordare il 28M in plaza Catalunya, quando i Mossos son stati costretti alla fuga dalla pressione della folla. L’intervento degli indignados catalani ha posto l’accento sul 15M come vera e propria dichiarazione d’ indipendenza dalla sovranità statale, testimoniata dai ripetuti slogan: ‘nadie nos representa’ (non ci rappresenta nessuno). Rimanere in piazza Catalunya è stata un’azione tattica; la piazza è divenuta il centro logistico di una nuova forma di vivere e pensare politicamente la collettività. Di fatto l’elemento veramente caratteristico dell’indignazione è la velocità nel creare una coscienza di massa, che ha permesso di individuare da subito i temi in grado di smuovere la sensibilità di molte persone, specie in rapporto alla condizione di precarietà diffusa.
A Barcelona il movimento 15M, dopo la prima fase di acampadas, si è delocalizzato nei quartieri con la costituzione di oltre 40 assemblee attive. Questo spostamento ha avuto come riflesso immediato la volontàdi creare organizzazione riguardo a questioni materiali, quali il problema delle case, del caro affitto, del costo insostenibile deitrasporti e dello smantellamento delle unità sanitarie locali. Tutti gli interventi susseguenti hanno rimarcato la centralità dell’uso di twitter nella creazione di parole d’ordine efficaci per cogliere la volontà espressa nelle acamapadas e indirizzare le azioni dei giorni successivi. La mancanza di una struttura definitiva è stato l’impulso per creare una coesione di massa nel fare della piazza una costituente permanente, o meglio un organismo sociale autonomo in formazione. Dopo i cortei che si sono verificati a Madrid intorno al 19 giugno, indirizzati a contro le istituzioni finanziarie, la fase ha imposto la decentralizzazione nei quartieri e diventa centrale non creare ‘comitati’ di quartiere, ma assemblee in grado da fare megafono alle prossime acampadas e generare in tal modo ulteriore movimento e viralità comunicativa.
Il tema delle modalità organizzative e del lavorìo culturale per spezzare le catene mentali dell’ abitudine alla delega è il fronte attuale verso cui gli indignados si stanno orientando; ciò in piena sintonia con la rottura di qualsiasi possibile recupero dei movimenti europei che daranno vita a questo lungo autunno di lotte transnazionali.
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