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Il detenuto palestinese Abu Aker continua lo sciopero della fame e rifiuta l’acqua

Abu Aker, conduttore di un programma radiofonico che tratta gli affari dei prigionieri alla stazione “Voce dell’Unità” che va in onda dal campo profughi di Dheisheh vicino a Betlemme, è in sciopero della fame con altri 15 prigionieri politici palestinesi nella “Battaglia per spezzare le catene” lanciata da lui insieme a Shadi Ma’ali, Ghassan Zawahreh, Munir Abu Sharar e Badr al-Ruzza il 20 agosto scorso. Lo sciopero chiede la fine alla pratica israeliana della detenzione amministrativa – che deriva da una legge coloniale britannica – di imprigionare palestinesi senza né accuse né regolare processo per periodi rinnovabili indefinitamente (basandosi su prove segrete) e per chiedere la libertà di tutti i prigionieri in detenzione amministrativa.

Abu Aker ha perso 20 chili e avverte dolori atroci in tutto il corpo. Soffre già di diverse condizioni mediche, tra cui colesterolo alto e ulcere allo stomaco. Tutti gli scioperanti della fame sono stati messi in confinamento solitario e sono state loro negate medicine e trattamenti. Abu Aker ha ricevuto visita dall’avvocato dell’associazione per il supporto dei prigionieri e dei diritti umani Addameer Farah Bayadesh, a cui ha consegnato la seguente lettera in occasione di Eid Al-Adha:

Dalla prigione di Asqelan, dalla quale sono passati molti attivisti e combattenti del nostro popolo, dalla mia piccola cella dove tuttora rimango da più di un mese, invio i miei più cordiali saluti e i miei complimenti alle masse del nostro popolo in Cisgiordania, nella Striscia di Gaza , a Gerusalemme, nei Territori occupati del 1948 e nella diaspora, in occasione di Eid al-Adha e con l’augurio che in questo giorno di festa possiamo ottenere la nostra libertà, il nostro Diritto al ritorno e l’autodeterminazione. Questa festa capita proprio mentre siamo nel pieno della “Battaglia per spezzare le catene”, che sfida la politica ingiusta della detenzione amministrativa e che ha colpito duramente il nostro popolo; come risultato di questa politica abbiamo trascorso lunghi anni nelle carceri israeliane.

Salutiamo anche le masse della nazione araba, che lottano per la conquista della libertà e della giustizia con l’auspicio di liberarsi dalla crisi interna e dalle forze terribilmente minacciose che producono divisioni settarie e religiose. In questo giorno di festa speriamo di ottenere una soluzione definitiva affinché le le masse della nostra nazione possano godere finalmente di pace e democrazia.

Salutiamo anche tutti i popoli liberi del mondo e tutti i movimenti “amici” che sostengono e supportano la causa del popolo palestinese, soprattutto i prigionieri che lottano in prima linea. Non posso non inviare i miei più sinceri saluti alle famiglie dei martiri, ai feriti, a tutti i nostri prigionieri detenuti e alle loro famiglie che si assicurano che non restino mai abbandonati.

Partendo dal fatto che sappiamo che la nostra volontà è più forte del carceriere, della cella e della prigione stessa, che abbiamo coscienza dei costi delle nostre posizioni, della nostra pratica e della scuola di pensiero a cui apparteniamo, siamo ancora impegnati nel combattere la nostra battaglia. Godiamo di tutta la forza ed il coraggio di chi ha profonda fede nella giustizia della causa che porta avanti. Perché apparteniamo ad una scuola rivoluzionaria corredata da alti valori etici, perché abbiamo vissuto una vita di miseria mescolata alla speranza dei campi, perché abbiamo preso il nostro latte dalla eroica e coraggiosa madre Um Nidal; quindi continuiamo a lottare e intraprendiamo le nostre battaglie con coraggio, fino al raggiungimento dei nostri obiettivi.

Non posso mancare anche in questa occasione di esprimere i miei più sentiti ringraziamenti a tutti i miei colleghi giornalisti, che non si sono risparmiati nessuno sforzo nel mettere al lavoro le loro penne scrivendo relazioni, conducendo trasmissioni radiofoniche e televisive, impegnandosi in una vera e propria battaglia di stampa e satellitare per sostenere la nostra causa, oltre a ringraziare tutte le istituzioni comunitarie che sostengono gli sforzi di questa giusta lotta, denunciando le politiche della detenzione amministrativa e impegnandosi nella costruzione di una lotta più ampia e di pressione contro questa pratica.

Mando anche i più miei sinceri saluti, che vengono dal mio cuore, ai miei compagni ovunque siano e soprattutto al campo profughi di Dheisheh, che hanno ispirato me ed i miei compagni a farci forza nell’intraprendere questa dura battaglia. Sento ovunque il vostro profumo e i riverberi dei vostri colpi alle pareti, oltre che le grida dalle vostre gole. E saluto anche tutti i fratelli e le sorelle che con orgoglio non si sono risparmiati nella maniera più assoluta nel sostenere questa battaglia, convinto che l’unità interna palestinese sia una condizione chiave per procedere al raggiungimento dei nostri obiettivi; questa battaglia rappresenta un modello positivo di unità nella lotta e nel sostenere pubblicamente la nostra causa. Mando i miei saluti a tutte le fazioni palestinesi, alle quali faccio appello per impegnarsi fortemente nel sostegno di questa giusta causa.

Infine non posso non estendere i miei sentimenti di saluti e congratulazioni più forti e personali alla mia preziosa famiglia, alla mia cara madre Um Nidal, irremovibile nella sua lotta, al mio compassionevole buon padre, Abu Nidal, ai miei cari fratelli e sorelle e alla mia cara e amata moglie Manal, assicurandole che ci rivedremo molto presto e il sole della libertà sorgerà di nuovo. E ai miei amati figli, i più preziosi del mio cuore – Mohammed, Dalia e Areej – voi siete il bene del mio cuore più prezioso al mondo, e i più bei giorni con voi non sono ancora stati vissuti. Siate certi che vi amo profondamente.

In definitiva stiamo combattendo questa lotta per porre fine all’ingiusta politica di detenzione amministrativa, una lotta che richiede un lavoro collettivo e un’azione solidale complementare a livello ufficiale, popolare e istituzionale per denunciare questa politica e mettere pressione al governo israeliano al fine di portare al termine questa pratica, attraverso l’attivazione di tutte le nostre relazioni a livello palestinese, arabo e internazionale. Tutti sono chiamati a partecipare a questa battaglia.

Per ultimo, ma non meno importante, mando i miei saluti con ammirazione e rispetto a tutti gli attivisti che passano giorno e notte nelle tende in presidio a sostegno dei prigionieri in tutte le zone della Palestina. Apprezziamo questo sforzo, che in fondo sgorga nell’interesse per la nostra giusta causa, facciamo presente come il vostro ruolo riporti alla mente che le persone che non combattono per la liberazione sono soggiogati e schiavizzati. Assicuriamo alla nostra gente che siamo pronti a lottare e al sacrificio, con molto ottimismo e con la convinzione che la nostra inevitabile vittoria è certa.

Cordialmente e con affetto,
Nidal Abu Aker

da Palestina Rossa

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