InfoAut
Immagine di copertina per il post

Il pacco atlantico

NATO Scopo cen­trale della visita del pre­si­dente Obama in Europa – dichiara Susan Rice, con­si­gliera per la sicu­rezza nazio­nale – è «pre­mere per l’unità dell’Occidente» di fronte alla «inva­sione russa della Crimea».

di Tommaso Di Francesco, Manlio Dinucci
(Il Manifesto)

[A partire da qs articolo, abbiamo realizzato un’intervista questa mattina a Manlio Dinucci su Radio Blackout]

{mp3remote}http://www.infoaut.org/images/mp3/Torino-emergenza/manlio_dinucci_nato_ukr.mp3{/mp3remote}

 

Il primo passo sarà l’ulteriore raf­for­za­mento della Nato. L’alleanza mili­tare che, sotto comando Usa, ha inglo­bato nel 1999–2009 tutti i paesi dell’ex Patto di Var­sa­via, tre dell’ex Urss e due ex repub­bli­che della Jugo­sla­via (distrutta dai nazio­na­li­smi ma anche dalla Nato con la guerra); che ha spo­stato le sue basi e forze mili­tari, com­prese quelle a capa­cità nucleare, sem­pre più a ridosso della Rus­sia, arman­dole di uno «scudo anti­mis­sili», stru­mento non di difesa ma di offesa; che è pene­trata per ora con il «solo» par­te­na­riato atlan­tico in Ucraina che, certo, non è stato sol­tanto a guar­dare i moti nazio­na­li­sti e anti­russi di piazza Maj­dan a Kiev e alla prova di forza vio­lenta della seconda metà di feb­braio che hanno pro­vo­cato la pro­te­sta filo­russa e spinto la Cri­mea a sepa­rarsi e unirsi alla Fede­ra­zione russa.

Il pre­si­dente ame­ri­cano colto di sor­presa? Eppure Maj­dan è stato il pal­co­sce­nico della destra repub­bli­cana ame­ri­cana, per non par­lare dello spet­ta­colo del segre­ta­rio di stato John Kerry che incita la pro­te­sta nazio­na­li­sta ben prima della scelta di refe­ren­dum della Crimea.

Ora, come rispo­sta agli avve­ni­menti ucraini, saranno inten­si­fi­cate le eser­ci­ta­zioni con­giunte che, uni­ta­mente all’uso di tec­no­lo­gie mili­tari sem­pre più avan­zate, per­met­te­ranno alla Nato di man­te­nere «un’alta pron­tezza ope­ra­tiva ed effi­ca­cia nel com­bat­ti­mento». Verrà allo stesso tempo poten­ziata la «Forza di rispo­sta della Nato», pronta ad essere pro­iet­tata in qual­siasi momento in qual­siasi tea­tro bellico.

E soprat­tutto «cam­bia il qua­dro geo­po­li­tico», annun­cia il segre­ta­rio gene­rale della Nato Rasmus­sen: «Gli alleati devono raf­for­zare i loro legami eco­no­mici e mili­tari di fronte all’aggressione mili­tare russa con­tro l’Ucraina». Si pro­spetta dun­que non solo un raf­for­za­mento mili­tare della Nato per­ché accre­sca «la pron­tezza ope­ra­tiva ed effi­ca­cia nel com­bat­ti­mento», ma allo stesso tempo una «Nato eco­no­mica», tra­mite «l’accordo di libero scam­bio Usa-Ue» fun­zio­nale al sistema geo­po­li­tico occi­den­tale domi­nato dagli Stati uniti.

Una Nato che, riba­di­sce Washing­ton, «resterà una alleanza nucleare». Signi­fi­ca­tivo è che la visita di Obama in Europa si sia aperta con il terzo Sum­mit sulla sicu­rezza nucleare. Una crea­zione dello stesso Obama (pre­mio Nobel per la pace sulla parola), per «met­tere in con­di­zione di sicu­rezza il mate­riale nucleare e pre­ve­nire così il ter­ro­ri­smo nucleare».

Que­sto nobile intento per­se­guono gli Stati uniti, che hanno circa 8000 testate nucleari, tra cui 2150 pronte al lan­cio, alle quali si aggiun­gono le 500 fran­cesi e bri­tan­ni­che, por­tando il totale Nato a oltre 2600 testate pronte al lan­cio, a fronte delle circa 1800 russe. Poten­ziale ora accre­sciuto dalla for­ni­tura del Giap­pone agli Usa di oltre 300 kg di plu­to­nio e una grossa quan­tità di ura­nio arric­chito adatti alla fab­bri­ca­zione di armi nucleari, cui si aggiun­gono 20 kg da parte dell’Italia. Par­te­cipa al sum­mit sulla «sicu­rezza nucleare» anche Israele – l’unica potenza nucleare in Medio Oriente (non ade­rente al Trat­tato di non-proliferazione) – che pos­siede fino a 300 testate e pro­duce tanto plu­to­nio da fab­bri­care ogni anno 10–15 bombe tipo quella di Naga­saki. Il pre­si­dente Obama ha con­tri­buito alla «sicu­rezza nucleare» dell’Europa, ordi­nando che circa 200 bombe B-61 schie­rate in Ger­ma­nia, Ita­lia, Bel­gio, Olanda e Tur­chia (vio­lando il Trat­tato di non-proliferazione), siano sosti­tuite con nuove bombe nucleari B61-12 a guida di pre­ci­sione, pro­get­tate in par­ti­co­lare per il cac­cia F-35, com­prese quelle anti-bunker per distrug­gere i cen­tri di comando in un first strike nucleare.

La stra­te­gia di Washing­ton ha un duplice scopo. Da un lato, ridi­men­sio­nare la Rus­sia, che ha rilan­ciato la sua poli­tica estera (v. il ruolo svolto in Siria) e si è riav­vi­ci­nata alla Cina, creando una poten­ziale alleanza in grado di con­trap­porsi alla super­po­tenza sta­tu­ni­tense. Dall’altro, ali­men­tare in Europa uno stato di ten­sione che per­metta agli Usa di man­te­nere tra­mite la Nato la loro lea­der­ship sugli alleati, con­si­de­rati in base a una dif­fe­rente scala di valori: con il governo tede­sco Washing­ton tratta per la spar­ti­zione di aree di influenza, con quello ita­liano («tra i nostri amici più cari al mondo») si limita a pac­che sulle spalle sapendo di poter otte­nere ciò che vuole.

Con­tem­po­ra­nea­mente Obama preme sugli alleati euro­pei per­ché ridu­cano le impor­ta­zioni di gas e petro­lio russo. Obiet­tivo non facile. L’Unione euro­pea dipende per circa un terzo dalle for­ni­ture ener­ge­ti­che russe: Ger­ma­nia e Ita­lia per il 30%, Sve­zia e Roma­nia per il 45%, Fin­lan­dia e Repub­blica Ceca per il 75%, Polo­nia e Litua­nia per oltre il 90%. L’amministrazione Obama, scrive il New York Times, per­se­gue una «stra­te­gia aggres­siva» che mira a ridurre le for­ni­ture ener­ge­ti­che russe all’Europa: essa pre­vede che la Exxon­Mo­bil e altre com­pa­gnie sta­tu­ni­tensi for­ni­scano cre­scenti quan­tità di gas all’Europa, sfrut­tando i gia­ci­menti medio­rien­tali, afri­cani e altri, com­presi quelli sta­tu­ni­tensi la cui pro­du­zione è aumen­tata per­met­tendo agli Usa di espor­tare gas liquefatto.

In tale qua­dro rien­tra la «guerra dei gasdotti»: obiet­tivo sta­tu­ni­tense è bloc­care il Nord Stream, che porta nell’Unione euro­pea il gas russo attra­verso il Mar Bal­tico, e impe­dire la rea­liz­za­zione del South Stream, che lo por­te­rebbe nella Ue attra­verso il Mar Nero. Ambe­due aggi­rano l’Ucraina, attra­verso cui passa oggi il grosso del gas russo, e sono rea­liz­zati da con­sorzi gui­dati dalla Gaz­prom di cui fanno parte com­pa­gnie euro­pee. Paolo Sca­roni, numero uno dell’Eni, con­sa­pe­vole anche del disa­stro pro­vo­cato con la guerra in Libia — (della quale Obama non ha il corag­gio di par­lare dopo i fatti di Ben­gasi dell’11 set­tem­bre 2012 quando venne ucciso l’ambasciatore ame­ri­cano Chris Ste­vens) — ha avver­tito il governo che, se venisse bloc­cato il pro­getto South Stream, l’Italia per­de­rebbe ric­chi con­tratti, come l’appalto da 2 miliardi di euro che la Sai­pem si è aggiu­di­cata per la costru­zione del tratto sot­to­ma­rino. Biso­gna però fare i conti con le pres­sioni Usa.

Il pre­si­dente Obama si dedica comun­que anche a opere di bene. Con papa Fran­ce­sco par­lerà domani del «comune impe­gno nel com­bat­tere la povertà e la cre­scente ine­gua­glianza». Eppure durante la sua ammi­ni­stra­zione, secondo le stime uffi­ciali del Us Cen­sus Bureau, il tasso di povertà negli Usa è salito dal 12% al 15% (oltre 46 milioni di poveri) e quello infan­tile dal 18% al 22%, men­tre i super-ricchi (lo 0,01% della popo­la­zione) hanno qua­dru­pli­cato il loro red­dito. Obama «rin­gra­zierà il Papa anche per i suoi appelli per la pace». Lui, pre­si­dene di uno stato la cui spesa per armi e guerre equi­vale a circa la metà di quella mondiale.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

europagasdottoguerranatorussiastati uniti

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bombardamenti israeliani contro il Libano: 5 morti, tra cui l’Alto comandante di Hezbollah, Haytham Ali Tabatabaei

Beirut-InfoPal. Il ministero della Salute Pubblica libanese ha diffuso il bilancio ufficiale dell’attacco israeliano senza precedenti contro un’area residenziale alla periferia sud di Beirut, domenica 23 novembre: cinque morti e 28 feriti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Verso il 28 novembre: i comitati sardi chiamano alla mobilitazione

Diffondiamo l’appello uscito dalla rete Pratobello24 che invita tutti i comitati che lottano contro la speculazione energetica a unirsi allo sciopero e alla mobilitazione del 28 novembre.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Non ci sarebbe mai stata una fase due, il cessate il fuoco era la strategia

Il cessate il fuoco, come i negoziati, sono diventati un altro campo di battaglia in cui Tel Aviv temporeggia e Washington ne scrive l’esito.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cile: le grandi possibilità del nazi Kast di essere presidente

Il primo turno delle elezioni presidenziali in Cile di ieri sono terminate in modo triste e prevedibile.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bologna: corteo “Show Israel Red Card” contro la partita della vergogna tra Virtus e Maccabi Tel Aviv

Ieri, venerdì 21 novembre, corteo a Bologna contro la partita della vergogna, quella di basket tra Virtus e Maccabi Tel Aviv prevista alle 20.30 al PalaDozza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Ecuador: il trionfo di un popolo che non rinuncia alla sua sovranità

Nel referendum del 16 novembre il popolo ecuadoriano ha detto NO

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Levante: il Giappone ai tempi del neogoverno nazionalista della Premier Sanae Takaichi

A livello internazionale, una delle prime mosse della Takaichi è stata aprire un profondo scontro diplomatico con Pechino

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Medici per i diritti umani denuncia uccisioni prigionieri di Gaza nelle carceri israeliane

Il nuovo rapporto diffuso da Medici per i diritti umani-Israele (Phri) apre uno squarcio ulteriore su un sistema detentivo che negli ultimi due anni ha raggiunto un livello di letalità senza precedenti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

«La cosa più importante è salvare il maggior numero possibile di vite umane e infrastrutture in Ucraina»

Maidan illustra quindi i principali dilemmi dei movimenti e delle mobilitazioni globali: la classe operaia ha una capacità molto limitata di organizzarsi, di articolare gli interessi di classe e di fornire almeno una leadership nazionale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Tunisia, a Gabes respirare è diventato un atto di resistenza

Abbiamo tradotto questo articolo di inkyfada.media che racconta la vicenda di Gabes, un paese in Tunisia dove da mesi continuano proteste significative a causa di un polo chimico che mette a rischio la salute della popolazione.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

E’ ancora il momento di bloccare tutto!

Il 28 novembre sarà sciopero generale, coordiniamoci in tutte le città, in tutte le provincie, in tutti i paesi per bloccare ancora una volta in maniera effettiva tutto il territorio nazionale.

Immagine di copertina per il post
Culture

Frankenstein, quel mostro nato dalle ombre oscure della guerra

Al mostro viene negato un nome e una individualità, esattamente come al proletariato

Immagine di copertina per il post
Formazione

HUB DI PACE: il piano coloniale delle università pisane a Gaza

I tre atenei di Pisa – l’Università, la Scuola Normale Superiore e la Scuola superiore Sant’Anna – riuniti con l’arcivescovo nell’aula Magna storica della Sapienza, come un cerbero a quattro teste.

Immagine di copertina per il post
Confluenza

DDL NUCLEARE : cosa aspettarci, cosa sappiamo?

Continuiamo ad approfondire e a tenere alta l’attenzione sul tema del ritorno del nucleare.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Armi e gas :l’Europa sempre piu’ dipendente dagli U.S.A.

A ottobre, per la prima volta, un singolo Paese gli USA ha esportato oltre 10 milioni di tonnellate metriche (mmt) di gas liquefatto, il 70% delle quali verso l’Europa.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Rompere la pace dentro territori, fabbrica e università della guerra

Partiamo da qui, da questa inquietudine mai risolta e sempre irriducibile che accompagna la forma di vita militante, l’unica postura da cui tentare di agguantare Kairòs, il tempo delle opportunità che possiamo cogliere solo se ci mettiamo in gioco.