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Il piano Prawler, edizione speciale per la Cisgiordania

di Amira Hass *

da: Haaretz del 01/06/2014
 

Silenziosamente, senza manifestazioni o consultare le parti interessate, l’Amministrazione civile sta preparando un piano per spostare i Beduini della Cisgiordania in nuove township affollate.

Che cosa vi ricorda questo? Migliaia di persone vengono costrette, sotto la minaccia delle armi, a lasciare le loro case. Sono raggruppati insieme e la gente con le armi li costringe a vivere insieme con un livello di affollamento che contrasta con il loro modo di vivere e di procurarsi  di che sostenersi.

Non importa realmente che cosa questo ci ricorda. L’Amministrazione Civile nella Cisgiordania, parte  del potere  esecutivo del governo israeliano, sta diligentemente  lavorando a produrre un’altra calamità [che colpirà] migliaia di persone. Per noi si tratta di un piccolo cambiamento, vero? Un piccolo brivido della stampante quando butta fuori le pagine a comando.

Un ente designato, non eletto da coloro il cui destino è nelle sue mani, composto da impiegati civili, coloni e personale militare in pensione o in attività, sta preparando un’ altra versione draconiana del cosiddetto piano Prawler. Il piano originario doveva trasferire con la forza i Beduini nel Neghev, mentre quello nuovo prende di mira i  Beduini della Cisgiordania. L’Amministrazione Civile non chiede loro cosa desiderano né li ascolta o prende in considerazione la loro storia o il loro futuro. I territori che verranno ripuliti saranno utilizzati per costruire migliaia di appartamenti per ebrei e anche, probabilmente, parchi come anche fattorie unifamiliari

(queste ultime conosciute come“fattorie isolate”, solo  per ebrei). Così semplice, così facile.

Questa volta sono state prese di mira le comunità dei Beduini [residenti] tra Gerusalemme e Gerico, e anche a nord di Gerico, che comprendono nel complesso dai 15mila ai 20mila [abitanti]. Siamo abituati a vedere i Beduini nelle tende e in baracche di lamiera  lungo le nuove autostrade, oppure che cercano l’erba per far pascolare il loro gregge, su piccoli appezzamenti di terra tra le colonie in espansione e le basi militari. Molti ritengono che il loro modo di vivere sia primitivo, duro e senza senso. Questo atteggiamento viene usato per giustificare le espulsioni di massa e la loro concentrazione ora stabilita dalla Amministrazione Civile, quel messaggero di modernità e progresso.

L’Amministrazione Civile sta organizzando per loro tre township, come il mese scorso il responsabile del governo per i territori ha assicurato i rappresentanti delle colonie di quell’area, molto preoccupati della vicinanza con i Beduini. Nei dieci anni passati, lo Stato ha notificato alla Suprema Corte di Giustizia i propri progetti, utilizzandoli per giustificare il divieto per le comunità [beduine] di collegarsi alla rete idrica ed elettrica, di costruire scuole o nuove case per mettersi al passo con la  crescita naturale. Il tutto a una distanza ravvicinata con le lussuose colonie ebraiche.

La township più grande programmata per persone di tre differenti tribù beduine, è adiacente al villaggio di Nu’eimeh, a nord di Gerico. Si trova su un territorio di 2.000 dunam[20 ettari] appartenente alla Stato, nella Zona C (sotto il pieno controllo di Israele secondo gli accordi di Oslo). È un piccolo appezzamento di terreno, adiacente a e circondata dall’enclave di Gerico [Zona] A (sotto il pieno controllo palestinese secondo gli accordi di Oslo).

Sono state introdotte diverse modifiche al piano per assecondare le obiezioni dei coloni di quella zona. La settimana scorsa doveva essere annunciato il termine ultimo per pubblicare la versione finale del piano e le obiezioni da presentare, ma non è stato stabilita nessuna data. Il portavoce del responsabile del governo per i territori [COGAT] ha detto che i piani per sviluppare Nu’eimeh erano ancora oggetto di negoziati con gli abitanti. Negoziati? A due clan della tribù di Rashadiyeh che già abitano lì vicino si è  fatto credere che il piano riguardasse solamente loro, cosicché lo hanno approvato. Non sono venuti a sapere che è previsto che anche clan delle tribù dei Kaabneh e Jahalin sono stati inseriti tra coloro che verranno  trasferiti con la forza  a Nu’eimeh: tutte e tre le tribù si sono fortemente opposte al piano.

In un comunicato l’ufficio del COGAT [sarebbe l’Amministrazione Civile] ha affermato: “E’ previsto che il Comitato Supremo della Pianificazione, che è stato incaricato di discutere le obiezioni, si riunisca presto”.

In altre parole, riprenderanno le discussioni sulla pianificazione della prossima catastrofe umanitaria. Il piano prevede di ammassare da 3800 a 6000 Beduini in appezzamenti di terra su cui dovranno essere costruite le [loro] abitazioni, con una densità di popolazione e con una vicinanza agli altri clan e tribù che cozza contro le loro tradizioni e il loro modo di vivere.  Le donne si troveranno a muoversi in spazi più limitati. Buona parte delle pecore e delle capre dovranno essere vendute, per mancanza di spazio. Far vivere clan e tribù differenti in simili quartieri così ristretti significa produrre litigi e discussioni che possono rapidamente degenerare. Il trauma per il trasferimento forzato non renderà per niente la situazione più facile. Per esperienza, si sa che un’innocente disputa fra ragazzi può provocare un incendio. Nel caso di una grave lite, una delle parti non sarà più in  grado di avvolgere le tende e andarsene, come si suole fare ora..

L’avamposto Mevo’ot Yeriho, la colonia Yitav, una fattoria di un solo colono e un campo militare bloccheranno l’accesso ai pascoli dall’ovest e dal nord. Il villaggio palestinese Nu’eimeh a sudovest e la prevista città palestinese di Medinat Qamar e un progetto palestinese di agroindustria (nella zona A)  chiuderanno completamente la township da est. La principale forma di sostentamento dei Beduini, l’asse intorno al quale un’antica tradizione millenaria si è sviluppata, sarà spazzata via.

Un così grande incremento di popolazione diverrà un enorme aggravio nella disponibilità idrica del villaggio di Nu’eimeh e dei suoi campi. La vicinanza di una grande base della polizia palestinese ha già ridotto del 40 per cento la quantità [d’acqua] delle due sorgenti del villaggio. Il vicino campo profughi di Ein al-Sultan dispone di una sola sorgente, e nei mesi estivi l’erogazione dell’acqua è irregolare e insufficiente. Il campo fronteggerà anche maggiori carenze d’acqua se una parte della sua disponibilità verrà dirottata verso i nuovi vicini. Gli abitanti delle nuove township saranno in concorrenza  con quelli del campo profughi anche rispetto alla limitata offerta di lavoro nella zona e per i servizi educativi e sanitari già ridotti al minimo  offerti dall’assistenza e dal centro per l’impiego delle Nazioni Unite a Ein al-Sultan.

La maggior parte dei Beduini nella Cisgiordania e in particolare nella Zona C sono stati espulsi dai loro villaggi d’origine nel Neghev dopo il 1948, o sono discendenti da coloro che furono espulsi. Si sono distribuiti in tutta la Cisgiordania, mantenendo una ben calcolata distanza tra ciascun clan e tribù. Alcuni hanno comprato la terra. Ma poi è arrivato il 1967. Con i soliti trucchi (esproprio di terre, zone militari di esercitazione, riserve naturali, confisca di armenti, demolizioni, espulsioni), Israele ha progressivamente ridotto i movimenti e i mezzi di sostentamento dei Beduini.

E ora ci stiamo avvicinando alla fase finale della distruzione. Questo è quello che succederà se nessuno si sveglia e dice: Basta [a quello che è già successo]

 

(traduzione di Carlo Tagliacozzo)

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