Inghilterra: attivisti pro-Palestina bloccano due fabbriche di armi israeliane
Lo scorso mercoledì 19 maggio 4 militanti di “Palestine Action” hanno scalato un capannone della UAV Tactical Systems, sussidiaria israeliana della Elbit Systems e della società aerospaziale francese Thales, a Leicester denunciando le azioni di Tel Aviv e le complicità di Londra con la colonizzazione e con l’apparato bellico israeliano
di Marco Santopadre
Roma, 26 maggio 2021, Nena News – Pur di non scendere dal tetto della fabbrica di droni che avevano bloccato, gli attivisti di “Palestine Action” hanno bevuto l’acqua piovana visto che le scorte di cibo e acqua a disposizione erano terminate e la polizia aveva fermato e denunciato altri due compagni che tentavano di rifocillarli.
L’eclatante protesta è iniziata all’alba di mercoledì 19 maggio, quando quattro attivisti e attiviste del gruppo di solidarietà con la Palestina costituitosi nel 2020 hanno scalato un capannone industriale della UAV Tactical Systems, sussidiaria israeliana della Elbit Systems e della società aerospaziale francese Thales, a Leicester, in Inghilterra.
Gli attivisti, che vestivano tute rosse, hanno appeso all’edificio striscioni di condanna nei confronti della collaborazione militare con Israele e del trattamento riservato dallo “stato ebraico” alla popolazione palestinese, mentre era ancora in corso il bombardamento della Striscia di Gaza da parte delle forze militari di Tel Aviv che ha causato circa 250 vittime. Nel corso della protesta centinaia di solidali e di abitanti di Leicester e delle località limitrofe hanno manifestato il proprio sostegno, sventolando bandiere e gridando slogan di solidarietà con la lotta del popolo palestinese e a favore del boicottaggio di Israele.
I membri di “Palestine Action” hanno voluto denunciare le complicità di Londra con la colonizzazione e con l’apparato bellico israeliano. Infatti lo stabilimento, situato all’interno del “Meridian Business Park” (un parco industriale alla periferia di Leicester) costruisce veicoli senza pilota “Hermes” che i manifestanti sostengono siano stati utilizzati da Israele contro la popolazione di Gaza durante le operazioni militari iniziate il 10 maggio.
Uno dei droni teleguidati prodotti dalla società presa di mira è il veicolo “suicida” Skystriker, che può rimanere sospeso in aria per ore prima di puntare un bersaglio e farsi esplodere; secondo gli analisti, questo modello sarebbe stato abbondantemente impiegato dalle forze armate dell’Azerbaigian nel conflitto dello scorso autunno contro le forze armene per il controllo del Nagorno-Karabakh. Inoltre la Elbit fornisce a Israele sistemi di sorveglianza e tecnologie di rilevamento elettronico per il muro realizzato in Cisgiordania. La protesta ha costretto l’azienda a sospendere la produzione; inoltre gli attivisti affermano di essere riusciti a penetrare all’interno della struttura e di aver potuto osservare la carlinga di un drone in costruzione. «Elbit testa le sue armi sui palestinesi e usa Gaza e la Cisgiordania come siti per i suoi test dal vivo» ha dichiarato Huda Ammori, di “Palestine Action”, alla stampa.
Quando la polizia, presente in forze, ha arrestato alcuni membri del gruppo che tentavano di far arrivare cibo e acqua ai compagni arrampicati sul tetto dello stabilimento, due degli “occupanti” hanno deciso di scendere – e sono stati a loro volta arrestati – per permettere agli altri due di resistere più a lungo con le scorte a disposizione. Nel corso della protesta il presidente del Leicester Brigades Union (FBU) Graham Vauxil ha annunciato che, essendo il sindacato solidale col popolo palestinese, i suoi affiliati non avrebbero partecipato ad alcuna azione repressiva nei confronti dei manifestanti.
Alla fine, nel tardo pomeriggio di lunedì, la polizia del Leicestershire ha arrestato gli ultimi due manifestanti. In totale sono dieci gli attivisti e le attiviste arrestati e denunciati – e poi rimessi in libertà in alcuni casi su cauzione – per aver partecipato all’azione. Per tentare di impedire che gli ultimi due arrestati fossero condotti via, centinaia di manifestanti hanno bloccato i cancelli della fabbrica con dei lucchetti ed hanno eretto barricate, costringendo la polizia ad un braccio di ferro durato alcune ore dopo ben sei giorni di blocco del sito produttivo. Alla fine gli agenti in assetto antisommossa hanno fatto ricorso a scudi e manganelli pur di sbloccare la situazione.
A quel punto la protesta sembrava conclusa, ma dopo poche ore altri membri del gruppo di sono arrampicati – alle 4.30 del mattino di martedì – sul tetto di un altro stabilimento della Elbit Systems, questa volta a Tamworth, nello Staffordshire, costringendo di nuovo l’azienda a interrompere la produzione. Il sito “Elite KL” è stato scelto come secondo obiettivo perché la Elbit lo utilizza per produrre sistemi informatici, hardware e componenti essenziali per il carro armato israeliano “Merkava 4″.
In un comunicato “Palestine Action” ha annunciato che nelle prossime settimane sanzionerà di nuovo la Elbit Systems – che in Inghilterra possiede in totale dieci tra stabilimenti produttivi e uffici – denunciando che l’azienda «trae profitto dalla morte», come recita una scritta tracciata con lo spray rosso su una delle facciate del sito di Tamworth. Fin dalla sua costituzione il gruppo di solidarietà con il popolo palestinese ha intrapreso già varie azioni di denuncia e boicottaggio nei confronti di una delle maggiori produttrici israeliane di armi e sistemi bellici. Nena News
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