InfoAut
Immagine di copertina per il post

Israele vuole attaccare l’Iran

Due terzi degli israeliani favorevoli ad un intervento unilaterale. Se Teheran diventa un potenziale partner, Tel Aviv perderebbe potere e finanziamenti.

 

Gerusalemme, 4 ottobre 2013 – In un sondaggio pubblicato oggi dal quotidiano filogovernativo Israel HaYom, oltre il 65% degli israeliani si dice favorevole ad un intervento militare unilaterale contro Teheran. Due terzi del Paese accoglierebbe con favore quanto prospettato dal premier Netanyahu, impegnato negli ultimi giorni in una dura offensiva contro l’amministrazione Obama, accusata di codardia verso la minaccia nucleare iraniana.

Martedì Netanyahu ha parlato di fronte all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dicendosi pronto ad agire da solo contro l’Iran: “Israele non permetterà all’Iran di arrivare alla bomba atomica. Se saremo costretti ad agire da soli, lo faremo”.

“Un lupo vestito da agnello”: così Bibi ha definito il nuovo presidente iraniano Rowhani, impegnato in un riavvicinamento all’Occidente senza precedenti. Il nuovo governo di Teheran ha aperto il dialogo con il 5+1 sul proprio programma nucleare, dicendosi pronto a negoziati che permettano al Paese di liberarsi di sanzioni internazionali che negli ultimi anni hanno affossato l’economia interna.

Oggi Netanyahu, in un’intervista con la BBC, è tornato a ripetere il suo mantra: “Se l’Iran ottiene le armi nucleari, il regime sarà immortale, come quello della Nord Corea”. Ovvero, a pagarne le spese – secondo Netanyahu – sarebbe lo stesso popolo iraniano che non avrebbe potuto liberamente esprimere la sua preferenza politica. L’obiettivo israeliano è lo smantellamento del programma nucleare iraniano e per raggiungerlo è disposto a scatenare una guerra.

Diversa la posizione degli Stati Uniti, appena “scampati” al pericolo di un conflitto contro la Siria. Da tempo ormai le relazioni tra Obama e Netanyahu sono fredde: Bibi non guarda con favore ad un presidente considerato troppo debole e vigliacco. Da parte sua Obama è impegnato da anni a calmare gli animi bollenti israeliani, tentando di persuadere Tel Aviv ad accettare la via diplomatica. Ovvero, sanzioni economiche e negoziati. Nel caso di fallimento, si potrà valutare l’opzione militare.

Se, come scrive il New York Times, l’obiettivo è lo stesso, i mezzi per raggiungerlo sono diversi. A spingere Israele verso un intervento concreto è il timore che l’Iran possa rafforzare il suo ruolo di potenza regionale: se le sanzioni venissero sospese a seguito di negoziati diplomatici, l’economia iraniana tornerebbe a fiorire. Al contrario, gli Stati Uniti sembrano propensi ad un riavvicinamento. Obama ha sempre evitato di utilizzare il termine “smantellamento”, riferito al programma nucleare di Teheran, chiedendo invece al regime iraniano di dimostrare i fini pacifici del progetto.

Differenze di vedute tra Israele e Stati Uniti anche in merito alla natura del programma stesso: l’intelligence israeliana è convinta che il processo di arricchimento di uranio necessiti di poche settimane per essere completato, opinione non condivisa dai servizi americani. Una distanza sostanziale che preoccupa Israele: da anni Tel Aviv utilizza la minaccia iraniana per compattare il Paese all’interno e per garantirsi 35 miliardi di finanziamenti l’anno da Washington. Se Rowhani trasformasse Teheran in un potenziale partner per l’Occidente, Israele finirebbe isolato.

tratto da NenaNews

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

guerrairanisraelesiria

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Francia, 10 settembre: bloccare le periferie delle grandi città per fermare il Paese?

Dall’inizio di luglio, la data del 10 settembre e lo slogan «blocchiamo tutto» circolano massicciamente. Si formano gruppi, si organizzano assemblee, si discute sui modi migliori per impedire il piano di austerità di Bayrou.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Porti, ferrovie e nuove basi: così il governo Meloni sta militarizzando l’Italia

Il governo accelera sulle infrastrutture militari: nuovi porti, ferrovie e basi in tutta Italia, mentre cresce la protesta contro il traffico di armi

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

L’11 settembre No al summit della guerra a Roma!

È stato annunciato dal Sole 24 Ore il primo “Defence Summit”, appuntamento programmato dal giornale di Confindustria per l’11 settembre a Roma.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Vicenza – Corteo 13 settembre: “No more bases”

Il corteo è stato organizzato in occasione dell'”Italia-America Friendship Festival” organizzato dall’amministrazione e dalla National Italian American Foundation (NIAF) in occasione dei per i 70 anni di presenza delle basi militari in città.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

To Kill a War Machine. Un documentario su Palestine Action

Palestine Action è un collettivo che da anni porta avanti una campagna di sabotaggi ed iniziative in solidarietà con il popolo palestinese. Di recente il collettivo è stato dichiarato organizzazione terroristica da parte dello stato britannico.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Appello per un campeggio No Base territoriale: 5-6-7 Settembre al presidio di Pace “Tre Pini” San Piero a Grado

Mentre crescono le connessioni tra le nostre lotte, sentiamo l’urgenza di continuare ad organizzarci insieme in un nuovo campeggio al Presidio di pace “Tre Pini”, per trasformare il diffuso rifiuto della base militare e della guerra in opposizione concreta.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Si prepara a partire verso Gaza la Global Sumud Flotilla, con il pensiero a Vittorio Arrigoni

Decine di barche con centinaia di persone a bordo, provenienti da 44 Paesi, salperanno da diversi porti del Mediterraneo tra agosto e settembre per raggiungere insieme la Striscia.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Strage di giornalisti a Gaza: Anas Al-Sharif e Mohammed Qreiqea assassinati da Israele

Questa notte i giornalisti Anas Al-Sharif e Mohammed Qreiqea sono stati assassinati da Israele in un attacco con drone che ha colpito una tenda di giornalisti davanti all’ospedale Al-Shifa nella città di Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Genova: armamenti e mezzi cingolati al porto. Procura apre inchiesta, presidio dei portuali

La Procura di Genova ha aperto un fascicolo per atti relativi alla nave Bahri Yanbu, il cargo saudita su cui sono stati trovati armamenti e mezzi militari cingolati.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

“Guerra alla guerra”: dopo l’assemblea nazionale in Val di Susa inizia un percorso di mobilitazione sui territori verso e oltre l’8 novembre a Roma

Riportiamo di seguito gli interventi introduttivi dell’assemblea nazionale tenutasi domenica 27 luglio durante il Festival Alta Felicità in modo da sottolineare le caratteristiche del percorso di mobilitazione contro guerra, riarmo e genocidio in Palestina proposto in tale occasione.

Immagine di copertina per il post
Formazione

Guerra alla guerra nelle università

Assemblea nazionale universitaria, 13-14 settembre, Pisa

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

‘Nessun paradiso senza Gaza’: intervista esclusiva di Palestine Chronicle al rivoluzionario libanese Georges Abdallah

Traduciamo da The Palestine Chronicole questa lucida e approfondita intervista del 13 agosto 2025, a Georges Abdallah.

Immagine di copertina per il post
Formazione

Guerra alla guerra: come organizzarci nelle scuole?

Nei contesti che attraversiamo occorre ripartire dalla concretezza del rifiuto per sabotare e opporsi realmente alla ristrutturazione, definendo con l’esperienza pratiche di conflitto riproducibili per bloccare sul nascere la guerra.

Immagine di copertina per il post
Antifascismo & Nuove Destre

(Post)fascisti per Israele

Il giustificazionismo delle destre nei confronti del genocidio che Israele sta perpetrando a Gaza smaschera qualcosa di più profondo: il razzismo e l’apartheid sono dispositivi strutturali del capitalismo.