Italia e Israele consolidano l’alleanza strategica per il controllo dello Spazio
L’Italia alla conquista dello spazio in compagnia delle agenzie e delle aziende israeliane. Il 3 settembre, quando nel nostro paese erano le ore 3.51, è decollato regolarmente dalla base di Kourou nella Guyana francese, il vettore VEGA di realizzazione italiana per una complessa missione denominata in codice VV16. Progettato e costruito dalla società Avio S.p.A.di Colleferro (Roma), il VEGA – acronimo di Vettore Europeo di Generazione Avanzata) – ha rilasciato nello spazio, su quote orbitali diverse, ben 53 tra nano, micro e minisatelliti (da 1 a 400 kg) a beneficio di 21 clienti di 13 differenti Paesi.
Tra i payload rilasciati in orbita anche il laboratorio di microgravità DIDO3, nato dalla collaborazione tra l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e quella Israeliana ISA, in cooperazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (Italia) e il Ministero della Scienza e della Tecnologia di Israele. L’Italia ha sostenuto i costi del lancio e del rilascio in orbita del vettore e ha finanziato la realizzazione dei progetti che erano stati selezionati nel 2018 da una Commissione mista bilaterale.
Il laboratorio DIDO-3 consentirà quattro esperimenti congiunti italo-israeliani nei settori della ricerca biologica e farmacologica. Essi saranno controllati da terra attraverso un’applicazione mobile e vedono, per la parte italiana, il coinvolgimento di quattro università. Lo studio denominato Argtm vede l’Università Federico II di Napoli collaborare con l’agenzia israeliana per valutare l’effetto della microgravità sulla resistenza agli antibiotici di agenti patogeni di rilevanza clinica e sulla loro patogenicità in microgravità, al fine di “sviluppare nuove e migliorate terapie e misure di prevenzione per trattare e prevenire le infezioni resistenti agli antibiotici”. Il programma Mambo sarà implementato dall’Università di Roma 3 per valutare la gestione terapeutica dei farmaci durante i voli spaziali, “ed in particolare se la microgravità influisce sul loro rilascio a livello plasmatico alterandone i livelli di disponibilità con effetti avversi per il paziente”.
L’Università di Bologna coordina invece il programma SpaceLysis per analizzare come la microgravità influenza l’attività del lisozima (una proteina presente nel sangue che partecipa alla risposta immunitaria) in cellule di uno specifico substrato batterico. Nogquad è l’esperimento italo-israeliano a cui partecipa l’Università di Tor Vergata, finalizzato a comprendere il ruolo della microgravità “nell’assemblaggio del quadruplex G, una struttura facente parte del DNA che svolge un ruolo di controllo dell’espressione genica, implicata nell’insorgenza di diverse malattie, come ad esempio disturbi neurologici quali sclerosi laterale amiotrofica (SLA), o la sindrome dell’X Fragile”.
Partner israeliano delle quattro università è Space Pharma, società che ha trasferito la propria sede centrale a Delemont (Svizzera), co-fondata e diretta da Yossi Yamin, già comandante dell’Unità satellitare d’Israele.
Per il rilascio multiplo e frazionato delle apparecchiature orbitali è stata utilizzata la piattaforma SSMS (Small Spacecraft Mission Service), un dispenser che ha consentito di rilasciare a 515 chilometri di quota i 7 microsatelliti per poi sganciare i restanti 46 cubesat ad un’altitudine di 530 chilometri. La realizzazione della piattaforma SSMS è frutto di una collaborazione tra società italiane e della Repubblica Ceca.
Nel corso della missione spaziale è stato rilasciato il primo payload, un satellite di comunicazione sperimentale di una società sussidiaria di Facebook, e subito dopo sono stati rilasciati altri tre payload (spagnolo, slovacco e canadese), e infine altri tre payload rispettivamente uno dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), uno argentino e un piccolo satellite italiano, l’ION CubeSat Carrier, sviluppato dalla società D-Orbit. La missione VV16 si è conclusa con successo 2 ore e 4 minuti dopo il decollo.
“I satelliti messi in orbita saranno utilizzati per varie applicazioni, tra cui l’osservazione della terra, le telecomunicazioni, la scienza, la tecnologia e l’educazione”, ha dichiarato il presidente dell’ASI, Giorgio Saccoccia. “Il lancio del Vega rappresenta simbolicamente la ripartenza dell’Italia dello spazio dopo il lockdown dovuto alla pandemia di Covid-19, che ha rallentato la produzione ma non ha spento la creatività e la voglia di innovare di questo importante comparto dell’economia italiana. Grazie poi al sistema di distribuzione di satelliti SSMS, Vega sarà ancora più competitivo e versatile ed avrà la capacità di mettere in orbita una grandissima quantità e varietà di piccoli satelliti per fare fronte alla crescente richiesta da parte dell’utenza istituzionale e commerciale”.
Lo spazio è l’ultima grande frontiera dell’alleanza politica, economica e militare tra Italia e Israele. Nel giugno 2009 l’ASI aveva sottoscritto un Accordo per la cooperazione spaziale a fini pacifici con l’Israel Space Agency, a cui è seguito l’anno successivo un accordo per l’implementazione di programmi comuni nel settore dell’osservazione terrestre dallo spazio. Il 19 ottobre 2015 ASI ed ISA hanno firmato un Memorandum of Understanding per sviluppare congiuntamente la cosiddetta “Missione Shalom” (Spaceborne Hyperspectral Applicative Land And Ocean Mission) che prevede il lancio a fine 2021 di un satellite con a bordo “tecnologie iperspettrali” necessarie a svolgere attività di supporto in diversi settori come la “difesa ambientale”, la “prevenzione dei disastri”, la “produzione agricola”. Anche il satellite “Shalom” sarà lanciato dalla base di Kourou con il vettore Vega, in collaborazione con la società Avio. Nell’estate 2017 Israele ha utilizzato un altro vettore Vega per lanciare nello spazio il minisatellite per l’osservazione terrestre “Venus”. Il vettore di produzione italiana è stato utilizzato pure per il lancio del satellite elettro-ottico ad alta risoluzione “Optsat 3000” che il Ministero della Difesa aveva acquistato in Israele.
La partnership strategica con le agenzie spaziali di Ue, Italia e Francia ha consentito all’apparato accademico-industriale israeliano di divenire uno dei maggiori protagonisti della corsa alla militarizzazione dello spazio. Attualmente Israele è il più piccolo paese al mondo in grado di svolgere autonomamente missioni spaziali e certamente quello che ha ottenuto i risultati maggiori nello sviluppo di satelliti e sistemi di telerilevamento di immagini ad alta risoluzione da basse orbite terrestri.
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