La Catalogna in bilico tra azione giudiziaria e instabilità governativa
Aggiornamento sulla situazione in Catalogna.
Finita la fase elettorale, la situazione in Catalogna resta complessa e scivolosa.
A fare il bello e il cattivo tempo è la decisa ingerenza del potere giudiziario spagnolo, che risulta determinante nel comporre il quadro politico in evoluzione. La formazione del Govern dopo i risultati del 21D è tutta in ballo, con la spada di Damocle dell’articolo 155 che incombe con la sua versatilità di utilizzo da parte dell’Esecutivo di Madrid.
Se la maggioranza del Govern è chiaramente sovranista/indipendentista, sono ancora 17 i parlamentari in bilico tra prigionia e autoesilio. A far rumore è la conferma del carcere per Oriol Junqueras, esponente e candidato presidente di Esquerra Republicana. Il Tribunale Supremo ha infatti rigettato la sua istanza di liberazione, adducendo che i fatti per cui è accusato di ribellione e sedizione, a cavallo tra il settembre e l’ottobre scorso, sono violenti non per aver compiuto atti violenti in sé, ma per aver provocato la dura reazione repressiva delle forze dell’ordine spagnole…
Una decisione talmente faziosa e opinabile che sta facendo storcere il naso non solo al blocco indipendentista, ma a tanti giuristi a livello internazionale. A seguito di questa decisione, che potrebbe arrivare al tavolo dello Human Right Watch, Puigdemont dal Belgio ha affermato che ormai non ci si trova più dinanzi a prigionieri politici, ma a degli ostaggi. L’ (ex)-President auto-esiliato sarà ancora decisivo per l’immediato futuro della politica istituzionale catalana, se deciderà o meno di sfidare la giustizia spagnola per tornare in patria ad esercitare le sue funzioni.
Dopo il rifiuto di Rajoy di incontrarlo fuori dai confini iberici all’indomani del 21-D, il quadro della governabilità si è fatto fumoso e complesso. Di sicuro Rajoy stesso dovrà gestire il dissidio interno creato dall’enorme batosta del suo partito, ultimo in preferenze nella regione pirenaica, a fronte dell’alleato Ciudadanos che si erge a portabandiera del sentimento nazionalista spagnolo non solo nella regione.
Non è un caso che la Arrimadas di Ciudadanos, a seguito dell’exploit elettorale, ma con il partito centrale coinvolto nella vicenda della falsificazione dei suoi attivi di bilancio, spinga per una impossibile possibilità di Governo e un inasprimento dell’applicazione del 155 come unica soluzione per garantirgli di non essere all’opposizione in assenza di partner reali.
Un cane che si morde la coda, su cui pende appunto l’ingerenza del potere giudiziario spagnolo, e in un contesto in cui Esquerra Republicana tende la mano alla CUP perché faccia parte del futuro Govern, con tutti i risvolti del caso di fronte alla reiterazione di una dichiarazione unilaterale di indipendenza vista ormai come problematica dalla maggior parte della popolazione, ma ad ora punto imprescindibile per la piccola formazione indipendentista catalana.
Mentre le fonti informative ufficializzano la volontà degli Interni spagnolo di mobilitare negli scorsi mesi l’esercito in qualsiasi modalità ritenuta necessaria, dando forza alla voce della dirigenza del PdeCat di aver fatto passo indietro rispetto alla dichiarazione unilaterale per “evitare un bagno di sangue”, gli stessi media mainstream spagnoli soffiano sul fuoco nazionalista, dando impulso e giustificando il crescendo del protagonismo delle ultra-destre nelle strade di tutto il Paese.
Un rigurgito sempre più evidente e che sta cominciando a essere mal digerito non soloa Barcellona e dintorni, pure nelle altre autonomie attaccate finanziariamente dallo stato centrale a seguito dell’esacerbazione della questione catalana.
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