La Catalogna in piazza dopo le condanne agli indipendentisti
A quasi due anni dai fatti contestati, la Corte Suprema di Madrid mette in atto la vendetta dello stato spagnolo nei confronti delle principali figure dell’indipendentismo catalano.
Sono stati condannati a pene tra i 9 e i 13 anni alcuni degli esponenti ritenuti responsabili dei fatti accaduti intorno alla convocazione del referendum per l’indipendenza della Catalogna lo scorso 1 ottobre. Una sentenza farsa, palesemente politica, a poche settimane dal 10 novembre quando il paese tornerà alle urne dopo il mancato accordo per la formazione di un governo tra Psoe e Podemos, su cui ha pesato anche la visione divergente sulla questione catalana.
La condanna più dura è per l’ex vicepresidente della Generalità Oriol Junqueras, a 13 anni. Per il presidente, Carles Puigdemont, la corte ha sancito un mandato di arresto internazionale. 12 anni a Romeva, Turull e Bassa, mentre l’ex speaker del parlamento catalano Carmen Forcadell è condannata ad 11 anni e mezzo. Dieci anni e mezzo vanno a Forn e Rull, 9 anni e mezzo per Sanchez e Cuixart. Le accuse sono di sedizione e appropriazione indebita.
Non è stata accolta la richiesta di condanna per ribellione che avrebbe potuto significare pene fino a 25 anni di carcere. Puigdemont si è scagliato contro le condanne, stigmatizzare anche dall’attuale presidente della Generalità Quim Torra. Sia Pablo Iglesias che la sindaca di Barcellona Colau stanno tenendo una posizione ambigua, di fatto di neutralità, molto difficile da sostenere con condanne così pesanti.
A testimonianza del radicamento della prospettiva indipendentista, anche il Barcellona, club calcistico tra i principali al mondo, si è scagliato contro la sentenza. “La pena preventiva non ha aiutato a risolvere il conflitto, non lo farà la pena detentiva inflitta ora, perché la prigione non è la soluzione”, recita un comunicato ufficiale del club.
Subito lanciate mobilitazioni in risposta da parte delle organizzazioni e delle formazioni studentesche indipendentiste e non solo, molte delle quali riunite nella sigla Tsunami Democratic. Da tempo i movimenti erano d’accordo nel rispondere subito alla sentenza, il cui esito del resto era abbastanza scontato.
Migliaia di persone si stanno dirigendo a partire dalle 13 verso l’aeroporto di Barcellona con l’intenzione di bloccare gli arrivi e in generale di mettere sotto scacco un luogo cardine del complesso turistico, tra le principali fonti economiche della città. In diverse zone del capoluogo catalano ci sono stati tafferugli tra polizia e manifestanti che intendevano praticare blocchi stradali, mentre mercoledì partiranno diverse marce dalle principali città catalane con l’obiettivo di raggiungere in due giorni Barcellona.
La tensione è molto alta, Barcellona stessa è come ovvio fortemente militarizzat. I Mossos sono intenti a presidiare le infrastrutture principali, in un contesto in cui è stata annunciata la convocazione da parte delle sigle sindacali vicine l’indipendentismo di uno sciopero generale della Catalogna per il prossimo venerdì 18 ottobre. La repressione tralaltro non si ferma. Sta facendo scalpore il caso di Ferran Jolis, attivista dei Comitati per la Difesa della Repubblica arrestato lo scorso 23 settembre e tuttora in isolamento senza possibilità di incontrare il proprio legale.
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