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La democrazia deragliata. Il blocco bipartisan della lotta dei ferrovieri negli USA

Da 30 anni il Congresso degli Stati Uniti non faceva ricorso alla cosiddetta clausola commerciale prevista dalla sezione 8 dell’art.1 della Costituzione. C’è voluto il Presidente ‘più favorevole ai sindacati’ – come molti a sinistra ancora si ostinano a credere – per invocarla e affossare il diritto di sciopero dei ferrovieri del trasporto merci. Biden come George H.W. Bush.

Di Felice Mometti da Connessioni Precarie

Secondo la clausola commerciale, pensata e scritta due secoli e mezzo fa, il Congresso ha il potere di «regolare il commercio coi Paesi stranieri, tra gli Stati e con le tribù indiane». Dal 1937, anno di grandi scioperi nell’industria e nei trasporti, è in vigore un’interpretazione denominata ‘estesa’ dei termini «regolare il commercio». In poche parole, la clausola si intende applicabile agli scioperi dei lavoratori che turberebbero la regolarità dei commerci. Il 15 settembre scorso, a quasi tre anni dalla scadenza del contratto precedente, i 12 sindacati dei 115 mila ferrovieri del trasporto merci hanno firmato un accordo provvisorio che doveva essere sottoposto a ratifica degli iscritti. Nella fase finale delle trattative, è intervenuto pesantemente l’amministrazione Biden – attraverso Martin J. Walsh, Segretario (cioè ministro) del Lavoro ‒ imponendo la concertazione tra le parti, ricordando i tempi che furono in altre latitudini. Mancavano un paio di mesi alle elezioni di midterm e quasi tutti i sondaggi davano i repubblicani vincenti a mani basse. I democratici, che vedevano come una sciagura la mobilitazione e gli scioperi nelle ferrovie, hanno sposato completamente la narrazione dell’Association of American Railroads che riunisce le maggiori compagnie ferroviarie. Uno sciopero nel trasporto merci, si è detto, costerebbe 2 miliardi di dollari al giorno, l’interruzione sine die delle catene di approvvigionamento, la perdita di 750 mila posti di lavoro, l’aumento dei prezzi e dell’inflazione: praticamente una catastrofe al pari della pandemia e della guerra. Si è taciuto sullo studio del Surface Transportation Board, l’agenzia federale che regola il trasporto merci su rotaia che ha stimato che quest’anno le compagnie ferroviarie hanno impiegato il 30% di lavoratori in meno rispetto a sei anni fa con un volume di merci molto maggiore. Negli ultimi anni le compagnie ferroviarie hanno adottato il modello Precision Scheduled Railroading (PSR). Un modello di trasporto merci su rotaia programmato in base alle necessità delle catene del valore. Tutto ciò ha un forte impatto sulla sicurezza a causa della lunghezza del treno, in molti casi fino a cinque chilometri. Aumenta il rischio di deragliamenti, di stress e affaticamento dell’equipaggio a causa della difficoltà di far circolare treni di questa lunghezza, per i quali la rete ferroviaria nordamericana non è stata progettata.

L’accordo provvisorio prevede un aumento salariale del 24% in 5 anni, a partire dal 2020. Una media del 4,8% annuo che a fatica pareggerà l’inflazione. Vengono riconosciuti solo tre giorni all’anno per visite mediche specialistiche o di routine. E questi giorni possono essere usufruiti solo il martedì, mercoledì e giovedì con 30 giorni di preavviso. Praticamente una beffa: si devono prevedere in anticipo eventuali malattie. Scongiurato lo sciopero a settembre in caso di mancato accordo, il Segretario al Lavoro Walsh e i gruppi dirigenti dei sindacati, in piena sintonia, hanno stabilito che i risultati del voto dei lavoratori sarebbero stati diffusi dopo le elezioni di midterm. Così è stato. E sabato 26 novembre sono stati diffusi i risultati definitivi. L’accordo provvisorio è stato bocciato da quattro sindacati su dodici, che però rappresentano 60 mila lavoratori su 115 mila. Lunedì Biden è intervenuto sollecitando il voto del Congresso in base alla clausola commerciale. Da notare che Biden nel 1990, quando era Presidente George H.W. Bush, si era opposto all’utilizzo di quella clausola. Mercoledì la Camera dei Rappresentanti ha votato per l’applicazione della clausola commerciale con una maggioranza bipartisan di 290 a 137. A favore hanno votato anche i rappresentanti dei Democratic Socialists of America (DSA) che in cambio hanno ottenuto una mozione in cui si prevedeva l’aumento a sette giorni di congedo per malattia. Una mozione che chiunque sapeva che sarebbe stata bocciata al Senato, come è avvenuto puntualmente il giorno dopo. Infatti, giovedì il Senato ha approvato, sempre con voto bipartisan di 80 a 15, l’obbligo per i sindacati di accettare l’accordo provvisorio e revocare lo sciopero indetto per il 9 dicembre. Dovrebbe, quanto meno, destare un certo stupore la velocità con cui si è annullato un voto democratico dei lavoratori da parte di istituzioni che dovrebbero garantire la democrazia. Lo stupore però lo lasciamo ad altri perché è questa l’essenza della democrazia rappresentativa americana e non solo. Quando un’espressione democratica è strettamente connessa a una condizione sociale, a forme di mobilitazione, a processi di soggettivazione, si azzerano le differenze tra i partiti, si stravolgono agende istituzionali, si rispolverano norme vecchie di secoli. Sono state giornate nere per i diritti e le condizioni di lavoro dei ferrovieri del trasporto merci. Sulla sinistra istituzionale democratica, DSA compresi, non rimane che stendere un velo.

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