La quotidianità a Gaza sotto le bombe
“Uno sguardo più completo sulla strategia di lungo termine di Israele non può non cogliere il perseguimento “razionale” di un costante indebolimento civile, sociale, quindi delle infrastrutture”.
Rilfessioni e interviste dalla puntata di oggi di Conflitti Globali (ogni merc su Radio Blackout h 10:45-12:45)
Se il media mainstream e gli “esperti” prestano molta attenzione al computo delle vittime decedute, uno sguardo più completo sulla strategia di lungo termine di Israele non può non cogliere il perseguimento “razionale” di un costante indebolimento civile, sociale, quindi delle infrastrutture (scuole, ospedali, banche, luoghi delle riproduzione in generale, quel che resta di una agrigoltura di periferia urbana, ecc.) e della popolazione (produzione di un numero costante di feriti, inabili al lavoro, invalidi per la vita) che peseranno dal giorno dopo la tregua sulla riproduzione della vita nella Striscia. Questo il signficato del “riportiamoli all’età della pietra”, proferito in questi giorni dal nipote di Sharon e qualche anno fa dai neo-cons a stelle e strisce (che possono ben essere individuati come un rimodellamento “all’israeliana” della politica imperalista statunitense). Dove però gli amici di Bush jr si riferivano alla pura supremazia militare del “distruggi e terrorizza” (strategia rivelatasi nei fatti fallimentare, perché di breve termine e spuntata su prospettive di più lunga durata) gli israeliani traducono invece questa massima in una coscienziosa, scientifica, razionale applicazione portata avanti giorno dopo giorno. Dove il problema che lo Stato sionista si pone molto lucidamente (e quando si dice Stato bisogna pensare a tutto quello ch esso coordina: esercito, economia, scienza, tecnica, intelligenza collettiva..ecc) è come indebolire costantemente un nemico destinato a soppiantarlo demograficamente. Da qui, non la casualità “collaterale” del danneggiamento civile ma la scientificità perseguita razionalmente di questo attacco-indebolimento che, dopo ogni “operazione”, obbliga tutta una società a leccarsi le ferite, curare i propri strpi, ricostruire ciò che è stato distrutto.Dentro questo meccanismo perverso, il ruolo ambiguo della Cooperazione internazionale delle ong sotto l’ombrello dell’One e dell’nione europea.
Abbiamo, più o meno esplicitamente, toccato questi temi nelle due interviste da Gaza che vi riproponiamo:
Alessandro, del Comitato di solidarietà con la Palestina di Napoli:
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Giuditta, che da 10 anni si reca nella Striscia per monitorare e aiutare la Sanità precaria, tra bombe embargo
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