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Le aziende (e le banche) attive nella produzione delle armi nucleari

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Ammontano a 685 miliardi di dollari gli investimenti che diverse istituzioni finanziarie hanno realizzato dal gennaio 2019 a luglio 2021 a beneficio di 25 società produttrici di armi atomiche. Ci sono anche attori italiani. Il report di PAX e ICAN

di Marianna Usuelli

Chi produce le armi nucleari e con il sostegno di quali istituzioni lo racconta il report “Perilous Profiteering. The companies building nuclear arsenals and their financial backers”, realizzato a fine 2021 dalla Ong PAX e dalla campagna internazionale ICAN. Si occupa infatti delle aziende e delle banche che scelgono di fare profitti scommettendo sulla catastrofe. Ammontano a 685 miliardi di dollari gli investimenti che diverse istituzioni finanziarie hanno realizzato dal gennaio 2019 a luglio 2021 a beneficio di 25 società produttrici di armi atomiche.

Le armi nucleari sono controllate dai governi ma la loro produzione è spesso appaltata ad aziende private. “Questo rapporto esamina coloro che hanno interessi personali a mantenere una corsa agli armamenti nucleari. Le compagnie che vogliono stipulare contratti per costruire armi di distruzione di massa e i finanziatori che vogliono fare profitti senza preoccuparsi delle conseguenze potenzialmente devastanti del loro uso”, si legge nell’introduzione dello studio curato come detto dalla International campaign to abolish nuclear weapons, che nel 2017 è stata insignita del Premio Nobel per la Pace per il suo ruolo nella promozione del Trattato per l’abolizione delle armi nucleari, e da PAX, la più grande organizzazione pacifista olandese.

Le 338 istituzioni finanziarie coinvolte negli affari provengono per la maggior parte dalle nove potenze nucleari (Stati Uniti, Russia, Francia, Gran Bretagna, Cina, India, Pakistan, Corea del Nord, Israele), ma non solo. L’1,18% degli investimenti mondiali provengono da istituti di credito italiani –per un confronto, dalla Russia proviene lo 0,45%-. Dal maggiore al minore investitore si tratta di: UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banco BPM, Cassa depositi e prestiti, BPER Banca, Banca Popolare di Sondrio, Mediobanca Banca di Credito Finanziario, Banca d’Italia, Anima e Credito Valtellinese.

UniCredit ha investito nell’arco di due anni e mezzo 5,7 miliardi di dollari nel business delle armi nucleari, scommettendo su Leonardo (ex Finmeccanica), che detiene il 25% di quota della joint venture MBDA e produce missili per l’arsenale nucleare francese. UniCredit destina poi finanziamenti, soprattutto sotto forma di prestiti e assicurazioni, alle aziende statunitensi leader del settore, la Northrop Grumman, la Lockheed Martin e la Raytheon Technologies Corporation, alla francese Thales e Airbus Group (francese con quartier generale a Leida, in Olanda), produttrice esclusiva di missili balistici per l’arsenale nucleare della Francia.

Gli Stati Uniti detengono di gran lunga il primato degli investimenti, con il 67,9% sul totale, seguiti da Francia (6,48%), Giappone (5,6%) e Regno Unito (4,5%). Vanguard, State Street, Capital Group, BlackRock, Bank of America sono gli istituti (statunitensi) della “top 5” mondiale. Se non contiamo gli Stati Uniti, abbiamo invece per dimensione di investimenti Deutsche Bank (Germania), Mizuho Financial (Giappone), Mitsubishi Financial (Giappone), Bnp Paribas (Francia) e Crédit Agricole (Francia).

Nonostante il timore scatenato dall’attuale situazione in Ucraina, alla fine del 2021 gli autori del rapporto Susi Snyder e Jeroen Walstra si erano mostrati ottimisti. Potevano riscontrarsi infatti alcuni segnali di un cambio di rotta: negli ultimi anni si è verificata “una tendenza al ribasso nel numero totale di investitori, così come nei prestiti, nelle azioni e nelle obbligazioni. 127 istituzioni finanziarie hanno disinvestito l’anno scorso, portando il numero totale da 390 a 338”.  Tra i grandi investitori hanno ad esempio abbandonato il settore il secondo e il quinto fondo pensione più grandi al mondo, il norvegese KLP e l’olandese ABP. Inoltre, “Il valore delle azioni è sceso di 67 miliardi di dollari e le partecipazioni sono diminuite di 2 miliardi di dollari”, si legge nello studio, e le aziende del settore, nonostante i contratti miliardari, sono fortemente indebitate.

Il business starebbe diventando quindi sempre più rischioso e meno attraente agli occhi degli investitori. A ciò ha contribuito enormemente il Trattato per l’abolizione delle armi nucleari, di cui ICAN è stata tra i più forti promotori. Molti degli investitori che hanno finalmente lasciato il campo provengono dai 56 Stati che hanno ratificato il Trattato, come il Sudafrica, l’Irlanda o le Filippine.

Entrato in vigore a gennaio 2021, il Trattato per l’abolizione delle armi nucleari ne proibisce esplicitamente la fabbricazione, la produzione e lo sviluppo. Ma i Paesi che lo ratificano si impegnano anche a non “permettere lo stazionamento, l’installazione o il dispiegamento di armi nucleari o di altri dispositivi nucleari esplosivi nel proprio territorio”. Le implicazioni sono quindi significative: ad esempio, se i Paesi Bassi lo ratificassero, Airbus, che lì formalmente ha sede, non potrebbe più assistere la Francia nella costruzione di ordigni nucleari.

da altreconomia

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“La minaccia nucleare mette tutto il mondo a rischio”

In questi giorni abbiamo assistito a un’escalation della retorica e delle minacce di un possibile uso delle armi nucleari. Per Susi Snyder, coordinatrice del settore finanziario di ICAN, la sola soluzione possibile è il disarmo e l’adesione di tutti i Paesi al Trattato per la proibizione delle armi nucleari

di Ilaria Sesana

“Quella che si sta consumando in queste ore è una tragedia per il popolo ucraino. Le persone stanno perdendo la vita a causa di una guerra di aggressione che per la legge internazionale è vietata. Questo tipo di invasione è illegale e deve essere fermata. Noi possiamo solo sperare che prevalga la ragionevolezza e che la diplomazia si metta al lavoro perché le persone stanno soffrendo, si sta sparando ed è stato minacciato l’uso delle armi nucleari in un modo che mette tutto il nostro mondo a rischio”.

Susi Snyder è la coordinatrice del settore finanziario dell’International campaign to abolish nuclear weapons (ICAN), associazione che nel 2017 è stata insignita del Premio Nobel per la Pace. Snyder è una delle massime esperte internazionali sul disarmo nucleare ed è la coordinatrice della campagna “Don’t bank on the bomb” che pubblica periodicamente un rapporto di ricerca sul coinvolgimento degli istituti di credito e finanziari alla produzione di armi nucleari. Nella serata di venerdì 25 febbraio ha partecipato all’incontro intitolato “Il trattato TPNW contro le armi nucleari: risultati raggiunti e prossimi passi” organizzato nell’ambito della mobilitazione “Italia, ripensaci” promossa da Senzatomica e Rete italiana pace e disarmo e con la collaborazione di Etica sgr, le Acli milanes e il Coordinamento milanese pace in comune.

Snyder riguardo alla situazione in Ucraina vede il rischio di un’escalation nucleare?
SS Abbiamo già visto un’escalation della retorica, delle parole che minacciano l’uso delle armi nucleari. E questo è estremamente pericoloso. La Russia ha uno dei più grandi arsenali nucleari al mondo così come la Nato: nel mezzo c’è l’Ucraina. E questo non è giusto per l’Ucraina. Non è giusto per nessuno. Se le armi nucleari verranno impiegate le ripercussioni saranno globali, le conseguenze dell’esplosione andranno ben oltre i confini dei singoli Paesi e l’impatto economico sarà peggiore delle più dure delle sanzioni possibili. L’uso delle armi nucleari è catastrofico e per questo motivo l’opzione nucleare deve essere esclusa categoricamente.

Gli avvenimenti di questi ultimi giorni hanno mostrato che il rischio di una guerra nucleare è sempre possibile, che cosa può essere fatto per evitare questa possibilità?
SS In base a quanto previsto dal Trattato per la proibizione delle armi nucleari (entrato in vigore il 20 gennaio 2021, ndr) la minaccia dell’utilizzo di armi nucleari è illegale. I Paesi che hanno a cuore il mantenimento della pace dovrebbero aderire al Trattato: si tratta dell’unico trattato multilaterale sulle armi nucleari che prevede un disarmo reale e verificato. E che permette di eliminare la minaccia di una guerra nucleare. Non succederà immediatamente, ma se tutti i Paesi aderiranno al Trattato potremo evitare che questo tipo di minacce si ripetano in futuro.

Pensa che l’opinione pubblica mondiale sia consapevole dei rischi e delle conseguenze di una guerra nucleare?
SS Penso che alcune persone ne siano estremamente consapevoli. Tutte le guerre sono sbagliate e non importa se la bomba che cade sulla tua casa è una convenzionale o nucleare: è sempre una bomba. Tutte le guerre sono sbagliate, ma la guerra nucleare ha un’eredità catastrofica per le future generazioni e questo è qualcosa a cui molte persone forse non pensano. Quello che mi preoccupa è il modo in cui i leader di alcuni Paesi minacciano l’uso di armi nucleari senza pensare a quello che questo significa. Ed è chiaro che non ci pensano perché significherebbe devastazione anche per loro.

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Perché è importante continuare a lavorare per il disarmo?
SS Le persone saranno sempre in disaccordo tra loro e questo non è un male: le controversie ci aiutano a fare incredibili scoperte e trovare nuove soluzioni a vecchi problemi. Il disarmo significa togliere di mezzo le opzioni peggiori che possono essere adottate per cercare di risolvere una controversia. Dobbiamo lavorare sul disarmo nucleare e su quello convenzionale, perché sono le persone comuni a soffrire quando queste armi vengono usate. Gli unici a trarre beneficio dalle armi sono coloro che le costruiscono, o meglio: chi siede nei consigli di amministrazione delle società che producono armi. Sono loro gli unici a trarne profitto, tutti gli altri sono a rischio. E più sono numerose le armi in circolazione, più è probabile che le usiamo. E questo significa che le persone comuni soffriranno e moriranno.

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È passato un anno dall’entrata in vigore del Trattato per la proibizione delle armi nucleari. Quali risultati ha ottenuto?
SS Migliaia di parlamentari di tutto il mondo si sono impegnati a convincere i loro governi ad aderire al Trattato. Centinaia di città hanno chiesto ai loro governi di aderire: Washington, New York, Parigi vogliono mettere la parola fine alle armi nucleari perché sanno che nel caso di un conflitto nucleare potrebbero essere i principali. Inoltre, più di cento banche, fondi pensione e altre istituzioni finanziarie hanno detto che non finanzieranno più compagnie che producono bombe nucleari o componenti necessari a realizzarle. Tra queste, ad esempio c’è il fondo sovrano dell’Irlanda: quando il governo di Dublino ha ratificato il Trattato, contestualmente ha deciso il disinvestimento. Lo scorso dicembre il City Council di New York ha adottato nel dicembre 2021 una legislazione che impegna i fondi pensione dei dipendenti pubblici della città a disinvestire dal settore della produzione di armi nucleari. Stiamo parlando di circa 500 milioni di dollari.

In merito alla campagna “Don’t Bank on the bomb” quali risultati sono stati raggiunti?
SS Il Trattato ha reso illegali tutte le attività connesse alle armi nucleari, comprese la produzione e lo sviluppo. Da quando è entrato in vigore abbiamo visto molte istituzioni finanziarie indicare esplicitamente il Trattato quale ragione per il proprio disinvestimento dalle aziende che producono armi nucleari o componenti necessarie per il loro sviluppo: stiamo parlando di 3.900 miliardi di dollari. Inoltre, come ricordavo prima ci sono più di cento realtà tra banche, fondi pensione e asset manager che hanno detto di “no” alle armi nucleari. Ed è interessante notare che queste istituzioni finanziarie hanno sede in Paesi che non hanno aderito al Trattato. Grazie a questa forma di pressione sono già due le società che hanno deciso di interrompere le loro produzioni legate agli armamenti nucleari.

Quali sono i prossimi obiettivi della campagna contro le armi nucleari?
SS Quest’anno, a Vienna, si terrà la prima riunione degli Stati che hanno firmato il Trattato per la proibizione delle armi nucleari. Vogliamo che tutti i Paesi si riuniscano e contribuiscano a questo strumento globale che non solo rende illegali le armi nucleari, ma prevede anche un disarmo verificato degli arsenali oltre a assistenza a coloro che in passato hanno subito in prima persona le conseguenze delle esplosioni di armi nucleari o di test nucleari. Il nostro obiettivo è questa riunione sia un successo e che affermo con forza che il mondo non può più convivere con la deterrenza nucleare: è troppo rischioso per tutti. Dobbiamo spostare il focus: dobbiamo concentrarci sulle conseguenze e i danni che queste armi provocano, per fare in modo che le persone capiscano che le armi nucleari devono essere abolite.

da altreconomia

Osservatorio Repressione

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