Obama in visita in Medioriente tra le proteste. Ahfad Younis resiste
Obama in viaggio in medio Oriente per incontrare i presidenti israeliani e palestinesi. Secondo giorno di scontri e proteste da parte palestinese per la sua visita, mentre il villaggio di Ahfad Younis resiste ma sotto costante minaccia di sgombero.
La visita, annunciata qualche settimana fa, è la prima di Obama in medioriente ed è stata accolta con polemiche e proteste già nei giorni precedenti il suo arrivo.
Il presidente USA è atterrato ieri mattina a Tel Aviv per incontrare il premier israeliano Netanyahu e il presidente Peres; il tutto si è svolto in un ambiente iper-militarizzato con elicotteri che sorvolavano il cielo e migliaia di agenti di polizia schierati per le strade della Cisgiordania.
L’apparato di sicurezza non ha però impedito che già nella giornata di ieri scoppiassero le annunciate proteste per la visita di Obama: manifestazioni si sono tenute sia a Gaza che ad Hebron, mentre a Ramallah ci sono stati scontri tra la polizia palestinese e i manifestanti che volevano raggiungere la Muqata, sede dell’Autorità Palestinese.
Ma la protesta più forte è stata sicuramente quella svoltasi nelle terre vicino El-Azzariya, dove centinaia di palestinesi hanno cominciato a ricostruire il villaggio di Bab al-Shams (ribattezzato ora Ahfad Younis) per lanciare un segnale di sfida al presidente USA e portare l’attenzione sulla questione dei territori occupati. Nonostante le varie intimidazioni susseguitesi tra ieri e oggi da parte dell’esercito israeliano, il villaggio resiste ma i soldati hanno promesso lo sgombero forzato non appena Obama lascerà il paese.
Il clima di rabbia e tensione non si è allentato nemmeno durante la giornata di oggi, quando a Ramallah sono scoppiati nuovi scontri tra polizia e manifestanti mentre Obama teneva il proprio discorso e incontrava il presidente Abu Mazen; alcuni razzi sono stati lanciati da Gaza verso Sderot, nel sud di Israele.
Il presidente USA aveva dichiarato che la sua visita sarebbe stata motivo di confronto con Israele sulla questione dell’Iran e della Siria ma è stata anche occasione per rinnovare l’appoggio incondizionato del governo statunitense all’esecutivo appena formatosi a Tel Aviv, nuovamente guidato da Netanyahu.
Obama, anche durante il suo mandato precedente, ha sempre fatto sì che l’appoggio ad Israele rimanesse una costante della politica estera statunitense e se la questione palestinese non è mai stata inserita nella sua agenda politica è certo che anche in questi due giorni è rimasta piuttosto sullo sfondo: il presidente USA ha parlato di palestinesi ma mai di Palestina e anche sul tema delle colonie il suo discorso è stato piuttosto morbido.
Se in questi anni la politica estera americana è stata meno aggressiva rispetto a quella di Bush non si può certo dire che gli interessi geopolitici degli USA sull’area siano venuti meno e che la presidenza di Obama abbia segnato qualsivoglia rottura in tal senso; tutti motivi per i quali la sua visita di questi giorni è stata ritenuta cosa sgradita dalla maggior parte dei palestinesi che ne hanno contestato con forza l’arrivo sul territorio.
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