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Ottava giornata di mobilitazione globale per Ayotzinapa

A quat­tro mesi dalla scom­parsa for­zata di 43 stu­denti della Scuola Nor­male Rurale di Ayo­tzi­napa (stato del Guer­rero, Mes­sico), ieri si è svolta l’ottava gior­nata glo­bale di azioni per chie­dere il rila­scio dei ragazzi e in soli­da­rietà alle 43 fami­glie in mobi­li­ta­zione. In oltre 40 città del Mes­sico e del mondo ci sono stati pre­sidi, cor­tei, e azioni. In Ita­lia, a Milano atti­vi­sti del cen­tro sociale Soy Men­del hanno scritto sui muri d’ingresso del Con­so­lato Mes­si­cano di via Mat­teotti nos fal­tan 43, ci man­cano 43 per­sone, men­tre a Torino, in piazza Castello, si è svolto un pre­si­dio. A Città del Mes­sico, le tre grandi uni­ver­sità cit­ta­dine (Uam, Unam e Poli­tec­nico) sono state le pro­ta­go­ni­ste di quat­tro cor­tei, par­titi da diversi punti della città e con­fluiti nello Zócalo.

Dopo mesi di ricer­che non si hanno ancora cer­tezze sulla sorte dei 43 stu­denti. Il governo mes­si­cano ha cer­cato più volte di avva­lo­rare il ritro­va­mento di alcuni resti di que­sti ragazzi nelle tante fosse comuni che in Guer­rero stanno venendo alla luce. E ha pro­vato a dare la respon­sa­bi­lità dell’accaduto al cri­mine orga­niz­zato.
La cosid­detta «guerra al narco-traffico», ini­ziata con il governo Cal­de­rón nel 2006, e che sta pro­se­guendo con Peña Nieto, conta almeno 30.000 desa­pa­re­ci­dos, oltre a una serie ster­mi­nata di morti e gior­na­li­sti scom­parsi o uccisi. Ieri, nello stato di Vera­cruz è stato ritro­vato il corpo del gior­na­li­sta Moi­sés Sán­chez Cerezo, rapito tre set­ti­mane fa. La guerra al narco-traffico è stata una grande occa­sione per repri­mere i movi­menti sociali e le voci fuori dal coro, come dimo­stra il caso Ayo­tzi­napa. L’esplosione del caso Ayo­tzi­napa e la suc­ces­siva lotta della Scuola Nor­male Rurale e delle fami­glie, ha acceso una mic­cia sociale: dal 26 set­tem­bre (giorno della spa­ri­zione for­zata) si è aperta la più pro­fonda crisi poli­tica e sociale nel Mes­sico del nuovo secolo, e si è vista la nascita del più grande movi­mento mes­si­cano, para­go­na­bile solo all’irruzione dell’Ezln nel 1994.

Le fami­glie degli stu­denti hanno rifiu­tato le fan­ta­siose ipo­tesi gover­na­tive del ritro­va­mento di alcuni fram­menti di corpi che pro­ve­reb­bero la morte di alcuni di loro. In assenza dei corpi, i geni­tori e gli altri ragazzi della Nor­male Rurale si rifiu­tano di con­si­de­rare morti gli scom­parsi. Gli stu­denti pre­senti la notte della scom­parsa dei loro com­pa­gni rac­con­tano della par­te­ci­pa­zione con­giunta di eser­cito mes­si­cano, poli­zia muni­ci­pale e gruppi del nar­co­traf­fico. Per que­sto, parte delle mobi­li­ta­zioni di que­sti mesi hanno pun­tato ad aprire un’inchiesta nei con­fronti dell’esercito. Omar Gar­cia, uno dei por­ta­voce della Rurale Nor­male, alcuni giorni dopo il ten­ta­tivo da parte di stu­denti e geni­tori di entrare nella base mili­tare del 27° bat­ta­glione di fan­te­ria nella città di Iguala, ovvero la città dove la notte tra il 26 e 27 set­tem­bre sono scom­parsi e morti gli stu­denti, ci ha detto: «Abbiamo molti indizi e prove che dicono che i 43 pos­sono essere dete­nuti dall’esercito mes­si­cano. Qui in Mes­sico cono­sciamo la sto­ria nera delle Forze Castrensi in mate­ria di spa­ri­zioni for­zate, alcuni cel­lu­lari dei com­pa­gni, seguendo le tracce del gprs, indi­cano che l’ultimo punto di con­tatto prima di essere spenti è stato den­tro il 27°battaglione di Iguala, abbiamo una ragione fon­data di sospet­tare dell’esercito».

La Pro­cura Gene­rale della Repub­blica mes­si­cana, dopo i duri scon­tri tra eser­cito e atti­vi­sti di Ayo­tzi­napa lunedì 12 dicem­bre, all’interno e fuori del 27° bat­ta­glione di fan­te­ria di Iguala, si è resa dispo­ni­bile ad aprire la base per veri­fi­care la pre­senza degli stu­denti. In rispo­sta a que­sto pos­si­bile nuovo filone d’indagine, la Pro­cura Fede­rale dello stato di Guer­rero ha negato l’ordine di car­ce­ra­zione sol­le­ci­tato dalla pro­cura nei con­fronti dell’ex-sindaco di Iguala (del Prd), José Luis Abarca Velá­z­quez, e di sua moglie per il delitto di seque­stro di per­sona. La moti­va­zione addotta è che i 43 potreb­bero essere morti e quindi non si può par­lare di seque­stro di per­sona. José Luis Abarca Velá­z­quez e la moglie María de los Ánge­les Pineda, erano stati arre­stati ad otto­bre come pos­si­bili respon­sa­bili della spa­ri­zione e omi­ci­dio degli stu­denti, per­ché era stata sco­perta e denun­ciata la loro col­la­bo­ra­zione sto­rica con i gruppi del cri­mine orga­niz­zato. Intanto, dome­nica 25 gen­naio ad Iguala alcuni per­so­naggi poli­tici, vicini al gruppo nar­co­traf­fi­cante dei “Guer­re­ros Uni­dos”, hanno indetto una mani­fe­sta­zione con­tro gli “Ayotzinapos”.

La con­ti­nuità tra poli­tica e cri­mine orga­niz­zato in ampie zone del paese lati­noa­me­ri­cano è espli­cita. Cri­mine orga­niz­zato, poli­tica , eser­cito e poli­zie con­vi­vono nella scom­parsa dei 43 stu­denti. Anche per que­sto “E’ stato lo stato” è uno degli slo­gan di que­sti mesi. Lo scon­tro isti­tu­zio­nale tra le Pro­cure è aperto e si inse­ri­sce a pieno titolo nella crisi poli­tica mes­si­cana. Enri­que Peña Nieto è il pre­si­dente della Repub­blica meno popo­lare degli ultimi vent’anni, ogni sua uscita pub­blica è accom­pa­gnata da pro­te­ste e scon­tri, come avve­nuto a Pue­bla la set­ti­mana scorsa. Per­ché non si è ancora aperta un’inchiesta su eser­cito e poli­zia fede­rale? Per­ché Peña Nieto sta pagando poli­ti­ca­mente i quat­tro mesi di non rispo­ste sulla spa­ri­zione for­zata dei 43? Que­ste sono due domande a cui geni­tori e com­pa­gni degli stu­denti della Nor­male Rurale di Ayo­tzi­napa, sup­por­tati dalla soli­da­rietà nazio­nale ed inter­na­zio­nale, vogliono tro­vare rispo­ste lot­tando, per arri­vare final­mente alla verità.

di Andrea Cegna per Il Manifesto

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