Quinta giornata di scontri nelle strade del Cairo
Da oltre cinque giorni la capitale egiziana è teatro di forti scontri. Dopo i duri scontri che si sono visti nei giorni scorsi, questa mattina i militari sono intervenuti in Piazza Tahrir distruggendo tutto ciò che si sono trovati davanti, dalle tende agli equipaggi medici.
Nel corso dei giorni la protesta non si è mai affievolita, ma è anzi aumentata. Lo si era visto nella giornata di ieri quando i manifestanti avevano tentato di buttare giù la barriera di mattoni eretta dalle forze di polizia nei pressi del parlamento; ne era scaturito un confronto in cui i manifestanti lanciavano pietre e bottiglie molotov.
Oggi centinaia di persone si sono ritrovate nella Piazza della Rivoluzione; alle prime ore del giorno forze composte da soldati, polizia e uomini in borghese hanno fatto irruzione nel presidio e con bastoni, colpi di arma da fuoco e manganelli sembrano essere riuscite a contenere momentaneamente l’ennesima tornata rivoluzionaria. Molti i carri armati, così come molti sembravano essere i cecchini appostati agli angoli delle strade che non hanno esitato a sparare sui manifestanti.
I giovani uccisi, negli scontri partiti venerdì scorso, sarebbero in tutto una quindicina (secondo le fonti ufficiali), ma testimoni hanno dichiarato che le vittime potrebbero essere molte di più. Soltanto oggi i morti sarebbero 4, tra cui un quindicenne.
Ovviamente si è ripetuto il copione visto durante il governo Mubarak con inseguimenti e caccia all’uomo e la differenza tra l’attuale regime e quello precedente è ridotta a zero.
In queste ultime giornate le violenze sono state tali da far esporre, seppur in maniera oltremodo tiepida, anche la comunità internazionale, con il segretario generale delle nazioni unite Ban Ki-moon, che afferma: “è allarmante l’eccessivo uso della forza dalle forze di sicurezza egiziane contro i manifestanti”. Anche la segretaria di Stato degli U.S.A, Hillary Clinton, ha ipocritamente condannato le “violenze contro le donne”.
Dunque sempre più sfacciato sembra essere il tentativo da parte delle potenze occidentali di mantenere lo status quo cercando di volta in volta di dare sostegno alle due parti in conflitto. Mentre oggi l’occidente sembra velatamente sostenere i “diritti umani” dei manifestanti, ieri sosteneva la “democraticità” del periodo di transizione che ha visto un utilizzo della violenza senza precedenti da parte dell’establishment militare egiziano.
Inoltre, gli esponenti della giunta militare e del governo di Ganzouri ripropongono il vecchio armamentario mediatico nell’identificare i manifestanti come “delinquenti comuni” che, a dire loro, starebbero facendo fallire la rivoluzione. Tutta questa opera propagandistica non è comunque riuscita a mettere a tacere le accuse rivolte alla polizia, che ha avuto una condotta brutale, sparando ad altezza d’uomo, indiscriminatamente nella folla.
Le principali forze politiche rivoluzionarie egiziane, dopo gli avvenimenti degli ultimi giorni, hanno dato appuntamento per una grande nuova manifestazione di protesta per venerdì prossimo nella stessa piazza da cui tutto è partito, e che non si accontenta di una “rivoluzione a metà”.
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