Rapito e poi liberato il primo ministro libico
AGGIORNAMENTO ore 13.10
ZEIDAN: NON MI DIMETTO
Dopo il rilascio, il primo ministro Zeidan ha parlato e ha detto di non aver alcuna intenzione di lasciare la guida del governo libico.
AGGIORNAMENTO ore 11.30
IL PREMIER E’ STATO RILASCIATO
Secondo fonti governative, il premier Zeidan è stato rilasciato pochi minuti fa dal gruppo Camera dei Rivoluzionari di Libia, che lo aveva rapito questa mattina a Tripoli.
AGGIORNAMENTO ore 11 : NATO PRONTA A INTERVENIRE
La Nato è pronta a intervenire per “assicurare stabilità alla Libia”, ha detto il segretario dell’Alleanza atlantica, Anders Fogh Rasmussen, precisando però che deve essere il Paese a chiederlo, in quanto Stato sovrano. La Libia è piombata nel caos all’alba con il sequestro del suo primo ministro, Ali Zeidan, da parte di ex ribelli – Camera dei rivoluzionari di Libia – che lo stesso governo aveva ingaggiato per garantire la sicurezza a Tripoli. Il gruppo ha detto di avere “arrestato” il primo ministro per il coinvolgimento dell’esecutivo nella cattura, da parte degli Stati Uniti, dell’esponente di al Qaeda Abu Anas el-Liby. Il segretario di Stato Usa, John Kerry, aveva dichiarato che il governo di Tripoli era al corrente dell’operazione di intelligence americana.
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Questa mattina un gruppo di uomini armati ha rapito il primo ministro libico Ali Zeidan, dall’hotel Corinthia di Tripoli. Secondo le prime testimonianze, non ci sono stati scontri armati e Zeidan è stato portato via in un convoglio.
La tv Al Arabiya ha riportato la dichiarazione del ministro della Giustizia, secondo il quale ci sarebbe dei video che mostrano Zeidan in stato di “arresto”, con indosso una t-shirt grigia, circondato da uomini in abiti civili.
Il gruppo armato che ha rivendicato il rapimento lo ha definito la rappresaglia per il ruolo del governo libico nella recente cattura del presunto leader di Al Qaeda, al Liby, da parte degli Stati Uniti.
Il rapimento del primo ministro libico è lo specchio del caos che regna in Libia: il governo, imposto dalla NATO dopo la caduta di Gheddafi, è incapace di garantire la sicurezza in gran parte del Paese, dove ad avere la meglio sono gruppi armati, attivi soprattutto a Bengasi.L’11 settembre un’autobomba era esplosa di fronte alla sede del Ministero degli Esteri della città, l’ultimo di una lunga serie di attacchi contro le istituzioni e gli uffici governativi.
A due anni dalla caduta di Gheddafi, l’esecutivo è impegnato nel difficile contenimento delle milizie armate in tutto il Paese. Le brigate attive durante la guerra civile contro il colonnello non hanno lasciato le armi e si sono organizzate. È il caso dei Comitati Supremi di Sicurezza, guidati dal salafita Hashim Bishr, o del Lybia Shield, gruppo considerato vicino alla Fratellanza Musulmana. Riconosciuti dal governo e incaricati di garantire la sicurezza, sono attorniati da gruppi religiosi minori che stanno giorno dopo giorno destabilizzando il Paese.
Una situazione tesa, che ha portato al recente intervento statunitense: Washington ha inviato a Sigonella centinaia di marines e ha portato a termine nei giorni scorsi un’operazione contro il presunto leader di Al Qaeda in Libia, al Liby, arrestato e portato in un luogo segreto. Un’operazione che ha scatenato le ire del governo di Tripoli, troppo diviso al suo interno però per avere una qualche voce in capitolo.
da Nena News
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