Stoltenberg ammette che la Nato ha rifiutato di trattare prima dello scoppio della guerra in Ucraina
“Nell’autunno del 2021 il presidente russo Vladimir Putin ci inviò una bozza di trattato: voleva che la Nato firmasse l’impegno a non allargarsi più. Questo è quello che ci ha mandato: naturalmente non lo firmammo”.
“Era la precondizione per non invadere l’Ucraina – ha continuato -. Voleva che rimuovessimo le infrastrutture militari in tutti i Paesi entrati dal 1997, il che voleva dire che avremmo dovuto rimuovere la Nato dall’Europa Centrale ed Orientale, introducendo una membership di seconda classe. Lo abbiamo rifiutato e lui è andato alla guerra, per evitare di avere confini più vicini alla Nato. Ha ottenuto esattamente l’opposto: una maggiore presenza della Nato nella parte orientale dell’Alleanza. La Finlandia ha aderito e presto anche la Svezia diverrà membro” della Nato.
Queste sono le parole che ha pronunciato candidamente il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, in audizione alla commissione Affari Esteri del Parlamento Europeo, a Bruxelles tre giorni fa. Sembra essere passata molta acqua sotto i ponti da quell’autunno del 2021, ma quando per lungo tempo si è discusso delle cause dello scoppio della guerra in Ucraina chi segnalava che uno degli elementi scatenanti era senza dubbio l’avanzata ad Est della NATO e che non si trattava di un conflitto localizzato, ma di una dinamica di scontro globale veniva accusato di filo-putinismo.
Ora Stoltenberg ammette senza problemi di aver rifiutato una possibile via di risoluzione diplomatica delle tensioni. Certo, questo non assolve in nessun modo Putin dall’aver scelto la strada del conflitto militare, cadendo per giunta nella “trappola” architettata per il logoramento interno ed estero della Russia, ma chiarisce che le responsabilità a monte sono ben distribuite e soprattutto che non si tratta di una lotta tra bene e male, ma di una dinamica complessa in cui l’unica parte che si può prendere è quella delle masse popolari che vengono mandate al macello e che subiscono i costi dell’economia di guerra in Ucraina, Russia ed Unione Europea.
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