Thabet ucciso a 14 anni. E’ collera in Tunisia
La collera in Tunisia non cessa di montare e l’omicidio del piccolo Thabet sta portando in strada centinaia e centinaia di manifestanti in molte località del centro del paese. A Sidi Bouzid, dove altri due ragazzi sono in fin di vita a seguito di un ferimento per arma da fuoco, è stato annunciato lo sciopero generale e durante i cortei l’esercito ha continuato a sparare, mentre a Gafsa sono tornati attivi i comitati di difesa dei quartieri, quei gruppi autorganizzati che all’indomani della fuga di Ben Ali avevano contrastato la violenza delle milizie fedeli al rais. E mentre a Sidi Bouzid sfilano ancora i cortei intorno alle 14h il presidente Essebsi parla alla nazione: senza citare la morte di Thabet, e subito dopo aver espresso solidarietà agli agenti feriti negli eventi di scontro degli ultimi giorni, indica negli estremisti religiosi e in gruppi di delinquenti i responsabili degli incidenti, accusando alcuni media di mettere zizzania tra le parti sociali del paese ed alludendo ad alcune forze politiche che trarrebbero giovamento dall’instabilità provocata dalle manifestazioni (Ennahda, partito islamista, in primisi, ndr). Confermando la data delle elezioni della costituente per fine ottobre, il presidente Essebsi chiude il suo intervento lasciando non pochi insoddisfatti se non in collera, primi tra tutti gli abitanti di Sidi Bouzid che vedono contro le proprie rivendicazioni solo fucili puntati e altri martiri e poi il movimento per la Kasbah che dalle chiare e semplici richieste di giustizia e verità potrebbe far tornare nelle strade di tutta la Tunisia l’ormai storico slogan della rivoluzione araba “il popolo vuole la caduta del regime”.
Certo è che ad un passo dal ramadan e con l’Alta istanza per il perseguimento degli obiettivi della rivoluzione, istituzione di orientamento per la costituente, in crisi, a causa dell’addio ufficiale di Ennahda e del CPR di Marzouki (formazione centrista), la situazione sia per il governo che per il movimento si fa sempre più delicata. Restano ancora a destabilizzare il quadro politico le dichiarazioni dell’ex-ministro degli interni Rajhi che aveva parlato dell’esistenza di un governo ombra (in mano ai vecchi mebri dell’rcd, il partito di Ben Ali) che influenzerebbe e determinerebbe le decisioni del governo di transizione, e “l’affare Feriani”, un funzionario del ministero degli interni che in una lettere ai media aveva denunciato “alcune disfunzioni” ai vertici del ministero in riferimento ad alcuni avvicendamenti di cui sarebbero protagonisti uomini implicati in crimini contro i civili nella città di Kesserine, lettera che gli è costato l’arresto. Ma la crisi almeno per oggi la si misura anche tra il flusso incessante nei social network del video che riprende la mamma di Thabet disperata in ospedale, e il silenzio del presidente Essebsi sull’accaduto, che anzi ha promesso una punizione esemplare contro chi ha manifestato, “che sarà una lezione per tutti”, ha detto. Una crisi che è un abisso riempito già dal fine settimana dai gas lacrimogeni e dal fumo nero dei pneumatici in fiamme di Sidi Bouzid e del resto della Tunisia.
Il commento d Fulvio MAssarelli, appena rientrato da Tunisi:
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