Tunisia: i disoccupati di Gafsa rialzano la testa
E a quasi un anno dalla caduta del regime di Ben Ali il copione si ripete! Anche questa volta pubblicate le liste di assunzione la corruzione e l’ingiustizia diviene palese. Basta scorrere i profili degli assunti e confrontarli con quelli dei disoccupati per capire che qualcosa nelle graduatorie non ha funzionato, ad esempio viene assunto un ragazzo unico disoccupato della famiglia mentre viene lasciato a casa senza lavoro un’altro che ha almeno cinque fratelli disoccupati. E non si tratta di qualche caso, ma di centinaia.
Per questa ragione non appena lette le graduatorie, la rabbia dei disoccupati è sfociata in rivolta: in poche ore sono stati date alle fiamme posti di polizia e della guardia nazionale ed incendiati e distrutti diversi edifici pubblici o privati legati alle aziende dell’indotto dei fosfati disseminate in tutta la regione. La tensione alle stelle ha fatto decidere le autorità della capitale ad imporre il coprifuoco, annunciato proprio in questi minuti.
Se nella capitale il dibattito politico sembra ancora perso in una infinita e velleitaria querelle tra religiosi e laici altrove il proletariato tunisino, che non ha mai mostrato interesse per tali velleità, torna con rabbia e determinazione a puntare il dito contro l’ingiustizia sociale, e il caso vuole che sia proprio la regione di Gafsa, in un modo o nell’altro ritenuta l’anticipatrice delle insurrezioni di dicembre contro Ben Ali, a riaccendersi dei fuochi della rivolta.
I disoccupati di Gafsa hanno rialzato la testa ponendo il problema politico della crisi economica e della giustizia sociale in Tunisia, argomento volutamente nascosto ed inascoltato dal sistema nascente dei partiti alle prese con la “transizione democratica” ormai guidata da Ennahda, movimento islamista moderato di orientamento neoliberista uscito vincente dalle elezioni per l’assemblea costituente. In ogni modo in questi mesi il mondo ha imparato a conoscere il proletariato giovanile tunisino e a prenderlo sul serio, se grida in piazza “andare fino infondo con la rivoluzione!” c’è da credergli, e forse i disoccupati di Gafsa hanno già iniziato.
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