Tunisia, se il regime spara…
Aggiornamento ore 16.30: E’ ormai confermata la notizia di 20 morti tra i manifestanti che da ieri stannno promuovendo iniziative di protesta contro la crisi e il regime di Ben Ali in Tunisia. Secondo Ahmed Nejib Chebbi, leader del Partito democratico progressista, unico partito d’opposizione riconosciuto dal regime, durante le manifestazioni di Kasserine e Thala la polizia ha sparato ripetutamente sui cortei ferendo molte persone e uccidendone 20, tra cui studenti medi e bambini. Al limite della crudeltà e dell’efferatezza la polizia ha aggredito con le armi da fuoco un corteo funebre. Il numero dei morti potrebbe aumentare nelle prossime ore vista la quantità di feriti gravi che sono stati ricoverati negli ospedali. Ad ora il governo ha ammesso che “ci sono stati due morti a Thala uccisi dalla polizia per legittima difesa”.
Seguiranno altri aggiornamenti…
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Il movimento contro la crisi e il regime di Ben Ali sta attraversando un momento decisivo. Il regime ha alzato il livello dello scontro aumentando l’uso delle armi da fuoco per reprimere i cortei. Ieri sono stati uccisi quattro manifestanti, e si sta diffondendo proprio ora la notizia da fonti ancora da verificare di altri morti, (si parla di 20 rivoltosi uccisi, tra cui un bambino di 12 anni) durante alcune manifestazioni. Gli studenti medi continuano ad organizzare spontaneamente cortei e scioperi e si sperimentano le prime occupazioni delle facoltà. Dalla rete il flusso di informazioni su come aggirare i cyber-controlli del regime ha raggiunto la gran parte degli utenti che stanno fortunosamente applicando saperi una volta patrimonio di una piccola elites di internauti. E ieri il sindacato dopo aver sfilato nella capitale ha alzato i toni diffondendo una dichiarazione in 10 punti per rilanciare la lotta… che sembra voler puntare alla proclamazione di un grande sciopero.
Il 7 gennaio ci sono stati gravi scontri tra studenti universitari e polizia nella facoltà di lettere di Sousse. Dopo la fine della sessione di esami della mattina centinaia di studenti hanno occupato la facoltà per tenere un’assemblea che ha poi deciso di uscire in corteo per manifestare solidarietà e partecipazione al movimento e alla rivolta. Le uscite della facoltà, presidiate da polizia politica e celere, sono state chiuse dalla forze dell’ordine, e a quel punto gli studenti hanno deciso di non poter accettare l’ennesima provocazione del regime e hanno tentato di rompere l’assedio dell’università. Sono seguiti scontri e la polizia ha fatto ampio uso di lacrimogeni, caricando e inseguendo i manifestanti fin dentro le aule, gli studi dei docenti e l’infermeria. Picchiati e manganellati anche molti professori che hanno tentato di impedire alla polizia di lanciarsi in una feroce caccia all’uomo dentro i locali dell’università.
Ieri, 8 gennaio, gli studenti medi tunisini hanno continuato a manifestare in molte città del paese e come a Sousse, durante l’occupazione dell’università, anche dalle scuole superiori è forte la richiesta di scarcerazione immediata di due studenti dell’UGET (Unione Generale degli Studenti Tunisini), finiti nel mirino della repressione per il loro attivismo nella rivolta. A Saida durante un corteo di studenti medi la polizia ha sparato lacrimogeni e caricato ripetutamente i giovani manifestanti, che in risposta alla repressione sono riusciti a coinvolgere numerosi abitanti della città che hanno ingrossato le fila della manifestazione. Secondo testimoni (anonimi) la polizia a poi sparato con armi da fuoco sui manifestanti ferendone 5.
Ma ieri sera forti scontri tra polizia e manifestanti si sono ripetuti ancora nel centro città di Tala, già percorsa nelle scorse settimane da numerose iniziative di rivolta. Le forze dell’ordine hanno fatto ripetutamente uso di armi da fuoco uccidendo Marwane Jomni di 20 anni, Ahmed Boulaabi di 30 anni, Mohamed Omri di 17 anni, e Nouri Boulaabi di 30 anni.
E a Sidi Bouzid ancora un tentativo di suicidio per protesta. Ieri un venditore ambulante di 50 anni, Moncef Abdouli, si è dato fuoco nel centro della città. Versa ora in gravi condizioni. Questo evento ha provocato l’indignazione del sindacato Unione generale dei lavoratori tunisini (UGTT) che in una nota ha anche duramente criticato l’uso omicida di armi da fuoco della polizia di Ben Ali per rispondere alle rivendicazioni sociali e politiche del movimento. L’UGTT dopo aver sfilato in corteo nella capitale tunisina ha diffuso un documento in 10 punti dove ha espresso solidarietà al movimento di protesta, dichiarando legittime e condivisibili le rivendicazioni dei rivoltosi, appellandosi alla liberazioni di tutti i manifestanti arrestati e per la fine dello stato d’assedio di molte città, sostenendo la lotta degli avvocati e della società civile schierata con i manifestanti, e dichiarando inaccettabile la chiusura di diverse sedi sindacali (regionali e locali) da parte della polizia e il trattamento violento e intimidatorio che stanno subendo molti sindacalisti impegnati nella lotta di questi giorni. Il documento si chiude con l’indignazione per come i media nazionali stanno manipolando e censurando gli eventi, e aggiunge la ferma intenzione del sindacato a voler continuare la campagna per la promozione della democrazia in Tunisia affermando l’immediata necessità di riforme nel campo sociale, dalla disoccupazione all’istruzione.
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