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Turchia: cortei contro la censura e in commemorazione per Dink

Sabato più di due mila persone hanno raggiunto piazza Taksim per manifestare contro il disegno legge sul controllo internet, in discussione al parlamento in questi giorni. Il partito di Erdogan ha proposto questa legge con la scusa di tutelare la privacy dei cittadini e limitare e controllare l’accesso dei minori al web, ma in realtà si tratta di una legge che permetterà alle autorità di impedire l’accesso a certi siti e censurare liberamente alcuni contenuti senza dover passare dai tribunali. Sul piano concreto ciò si traduce ad esempio in controllo delle pubblicazioni di video sui portali di condivisione (e a partire dei tempi di Gezi Park sono molti i video che fanno da sassolini nella scarpa di Erdogan) e la possibilità di alcuni provider di trattenere i dati personali fino a due anni. Migliaia di persone si sono riunite per opporsi a questo disegno di censura. Nemmeno un’ora dopo il concentramento, la polizia ha nuovamente fatto sfoggio dei muscoli, caricando i manifestanti, azionando gli idranti, sparando lacrimogeni e proiettili di gomma. Diversi agenti in abiti borghesi si sono immischiati ai manifestanti e hanno eseguito alcuni arresti. I manifestanti hanno tentato di resistere, opponendosi alle cariche con lanci di petardi. La piazza, la quale era composta per maggior parte da giovani, presenti anche gli ultras di Istanbul United (tifosi delle tre squadre della città), ha scandito slogan, invocando le dimissioni di Erdogan. Una simile manifestazione si è svolta anche nella capitale Ankara.

Ieri invece più di 5 mila persone sono scese in piazza per ricordare il settimo anniversario dalla morte del giornalista Hrant Dink. Dink, un turco di origine armena è stato ucciso in pieno giorno il 19 gennaio 2007 all’età di 52 anni con 2 proiettili alla testa. Il giornalista è stato freddato davanti alla sede di Agos, il quotidiano per il quale scriveva, da un diciassettenne ultra-nazionalista, ma molti individuano i mandanti di questo omicidio nello stato e nei servizi segreti. La manifestazione di ieri ha denunciato come siano colpevoli sia gli elementi più strutturali e profondi dello stato sia quelli più in vista, in quanto sono palesi i tentativi di insabbiare la verità e di coprirsi a vicenda per schivare le accuse. Hrant Dink da sempre si è battuto per fare un po’ di luce e far sì che lo stato turco riconoscesse i genocidi nei confronti degli armeni durante il regno di Hamid e prima della guerra mondiale. Dunque, Dink stava diventando un elemento troppo scomodo e lo stato ha deciso di metterlo a tacere per sempre. Ieri amici, colleghi e tante altre persone sono scese in piazza per ricordare il giornalista ma anche per esigere affinché venga fatta giustizia, avviando un processo anche nei confronti di coloro che hanno commissionato l’omicidio.

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