A Messina è riesplosa la lotta contro il Ponte sullo Stretto
A seguito della decisione del governo Meloni di procedere con la costruzione del ponte di Messina, la lotta dei No Ponte torna nelle piazze.
di Roberto Demaio, da L’Indipendente
Nel pomeriggio di sabato, partiti, movimenti, sindacati, associazioni e centri sociali si sono ritrovati a Torre Faro (Messina), l’area in cui l’impatto del progetto sarebbe più devastante. Secondo i manifestanti e gli esperti contrari, la costruzione del ponte porterebbe a grandi svantaggi: oltre all’enorme quantità di denaro già spesa senza aver trovato una soluzione (520 milioni in 50 anni), dovrebbero essere risolti numerosi problemi di sicurezza, i quali renderebbero l’opera “non scientificamente fattibile”. È per questo che tra i contrari non ci sono solo ingegneri e specialisti avversi all’opera, ma anche esperti che chiedono maggiore prudenza, vista anche la frequenza sismica che caratterizza la zona. Tra i problemi anche l’impatto ambientale, con i manifestanti che denunciano come l’opera potrebbe distruggere la riserva di Capo Peloro.
La lotta per il ponte sullo Stretto di Messina ricomincia. Da Legambiente a Cambiamo Messina dal basso, dal WWF all’Associazione Medici per l’Ambiente. Ma anche Cgil, Verdi, Sinistra Italiana, i circoli Pd di Messina e Villa San Giovanni, M5S, Unione popolare. Sono 38 fra partiti, sindacati e associazioni a dare la propria adesione alla manifestazione che si snoderà nelle vie di Torre Faro sul lato messinese dello Stretto. L’organizzazione è stata a cura del movimento No ponte, nelle sue articolazioni del comitato No ponte Capo Peloro, Invece del ponte, Rete No ponte Calabria e Spazio No ponte. Il corteo ha attraversato via primo Palazzo, piazza dell’Angelo, via Torre e via Fortino e si è concluso in serata.
«La massima autorità tecnica in termini di costruibilità di ponti sospesi, cioè l’ex coordinatore scientifico Remo Calzona, insieme ai suoi più stretti collaboratori, tutti decani di tecnica delle costruzioni, consulenti del governo e delle più grandi imprese mondiali, oltre 10 anni fa ha spiegato che dopo aver tentato per decenni di passare al progetto esecutivo, non lo ha mai fatto, perché il ponte di Messina non è scientificamente fattibile». Così spiega Alberto Ziparo, urbanista dell’Università di Firenze. Gli ingegneri specializzati restano comunque favorevoli alla ricerca di una soluzione di attraversamento stabile, a patto che non si continui a disperdere denaro. «Sono stati spesi 520 milioni in 50 anni», precisa Ziparo. La sfida si basa anche sul rendere il rapporto qualità/spesa positivo, impresa tutt’altro che semplice se si considera l’alta frequenza sismica caratteristica della zona.
Tra gli argomenti di contestazione ci sono anche anche gli impatti ambientali. «Occorre sfatare il mito che il ponte sia una semplice linea rossa tra le due sponde, come se le sue torri fossero mattoncini Lego – affermano gli attivisti dei No Ponte Capo Peloro – E poi è tutt’altro che green. Dicono che non devasterà la riserva di Capo Peloro. Ma non è così. I pilastri saranno poggiati sul canale Margi che verrà addirittura deviato. È il canale che consente l’equilibrio dell’ecosistema di tutti e due i laghi e dell’intera laguna di capo Peloro. Ciò significherà devastare quella riserva». Il WWF ricorda poi che tutta l’area dello Stretto è sostanzialmente ricompresa in due importantissime Zone di Protezione Speciale e da un sistema di ben 11 Zone Speciali di Conservazione, ai sensi della Direttiva comunitaria Habitat. La zona è caratterizzata da una delle più alte concentrazioni di biodiversità al mondo e costituisce inoltre un importantissimo luogo di transito per l’avifauna e per i mammiferi marini.
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