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Argentina: voci, facce e comunità che dicono “no” all’attività mineraria del litio

“La rotta del litio: voci dell’acqua”, è il libro di Camila Parodi e Susi Maresca. Contiene testimonianze, dati e interviste di coloro che abitano e difendono regioni di Catamarca, Jujuy e Salta. Tra cartoline di saline e whipalas, si mostrano le loro storie, speranze e modi di organizzarsi di fronte ad un altro capitolo del colonialismo. È stato pubblicato dalla editrice Chirimbote.

di Camila Parodi e Susi Maresca

I cammini della terra sono così meravigliosi come strani, alcune volte inesplicabili e altrettanti, magici. O, forse, sta tutto insieme e allo stesso tempo.

È lì che i quattro elementi -acqua, terra, fuoco e aria- acquistano un senso. In un tempo e in uno spazio, ci mostrano paesaggi e comunità che non sono solo umane. Corpi e forme nelle quali la natura si mostra quando l’essere umano non invade tutto, ma anche quando fa.

In questo percorso, scegliamo di narrare quanto è collettivo da una prima persona che è plurale. Diciamo, anche, che le voci dei territori sono la cosa più importante, preziosa e chiarificatrice di questo camminare. Per questo, di volta in volta ci designamo come parte e in altre prendiamo le distanze necessarie per vederlo con più chiarezza.

Abbiamo una prima certezza: è tempo di fare qualcosa per non essere complici in questo momento storico che ci tocca percorrere. Un tempo dove molti non hanno nulla e pochi hanno tutto. Dove le maggioranze sono sacrificate per sostenere il privilegio delle minoranze. Dove non c’è più quasi un pianeta.

La nostra storia non incomincia dall’inizio, perché qual è l’inizio? Le storie hanno scorciatoie, deviazioni, orizzonti che si spostano. A volte, l’inizio è il finale. Per questo il libro “La rotta del litio: voci dell’acqua” può essere letto da dietro in avanti o da avanti indietro. Non ha nemmeno un ordine di lettura unico perché tutte queste storie sono unite ma, allo stesso tempo, ognuna è unica. Una sorta di “Scegli la tua avventura”.

Seconda certezza: la storia è dinamica. Ci prende e ci porta. La facciamo. La costruiamo.

Ci incontriamo ciascuna per la sua strada, ma in un unico percorso che documenta l’impatto della megamineria sulle comunità colpite (gli impatti che produce la megamineria sulle comunità colpite) e ci riuniamo, più tardi,  per tracciare un nuovo percorso collettivo, come chi traccia un’idea, una ricerca, un cammino possibile di tutti i cammini possibili. Questo viaggiare ci ha portato in molti posti che non pensavamo, di cui non ci accorgevamo e che neppure immaginavamo.

A volte per intendere bisogna fermarsi, fermare il cammino, riparare ciò che si è rotto, cercare ciò che si è perso, ciò che è stato silenziato. Intrecciare, unire, ascoltare, chiedere.

Terza certezza: la cosa importante è ascoltare.  

Perciò questo percorso non comincerà dall’inizio, ma sì dall’origine: perché anche se non sappiamo il momento esatto in cui si incomincia a costruire la memoria, troviamo alcuni indizi, alcune tracce e vogliamo condividerle.

E sappiamo che questa storia nemmeno finisce qui. Perché mentre la scriviamo, le comunità che ci hanno ricevuto, e che ci hanno mostrato i loro luoghi, le loro cosmovisioni e le loro vite, stanno resistendo nelle strade e nelle vie, nei territori più inospitali e nelle città di fronte alla nefasta avanzata di quanto impensato. Comunità che difendono i beni comuni, la terra, l’acqua, l’aria, le memorie che lì abitano da tempi antichi. Li difendono dal saccheggio e dalla distruzione che le compagnie, in connivenza con gli stati nazionali e provinciali, portano avanti per condannarci un’altra volta ad essere un paese produttore di materie prime a scapito delle nostre esistenze. Rendendoci schiave e schiavi del nostro futuro.

Quarta certezza: le comunità difendono i beni comuni per tutti e tutte noialtre. E per coloro che ancora non sono nati. 

Eduardo Galeano, già molti anni fa, diceva nel suo libro Le vene aperte dell’America Latina che la povertà dei popoli era proporzionale alla ricchezza delle loro terre. Che la storia del sottosviluppo in America Latina era frutto della storia dello sviluppo del capitalismo mondiale. Aveva ragione.

Anche per questo, questa storia del saccheggio parlerà della sofferenza che produce nei nostri corpi, nelle nostre vite e storie che continuano ad essere sottomesse, sfruttate, violate, mutilate, avvelenate, sfiancate per abitare territori dove ancora rimane natura. Territori dove i beni comuni per queste e le future generazioni sono oggetto dell’avidità del nord globale allo scopo di conservare il proprio benessere, come se il mondo fosse diviso in categorie dove alcuni esserli umani valgono più di altri. Il colonialismo di una volta si è materializzato in un capitalismo che utilizza lo smisurato estrattivismo per sopravvivere ad ogni costo. In cambio, consegna promesse di progresso, specchietti colorati, contaminazione, siccità, malattie, povertà, sfollamenti e repressione.

Quinta certezza: sono troppi i dati per dire che l’attività mineraria del litio non è sostenibile, chiunque la sfrutti. 

Sappiamo che ci sono molti modi di costruire una cartografia che metta a nudo una volta di più l’invasione e la lesione dei diritti che subisce gran parte delle nostre popolazioni nel nord argentino. Noialtre ne scegliamo uno possibile.

In questo libro ci proponiamo, allora, di raccontare una di queste storie del saccheggio. La rotta del litio dove narrare le resistenze e le esistenze, le vite che sono in gioco, le memorie di ecosistemi, biodiversità e comunità che vanno oltre l’umanità e che oggi sono in pericolo per l’attività megamineraria.

Ultima certezza: l’acqua vale più di tutto.

Foto: Susi Maresca

*Per avere il libro scrivere a chasquefotoperiodismo@gmail.com

23 febbraio 2024

Agencia Tierra Viva

Traduzione a cura di Comitato Carlos Fonseca

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