Declino della crescita delle faggete europee dovuto al cambiamento climatico
Questo studio, pubblicato sulla rivista Communications Biology, rileva che il cambiamento climatico e’ una minaccia anche per i boschi di faggio europei: in questo secolo la loro crescita potrebbe diminuire dal 20% al 50% nella maggior parte del continente.
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Il faggio (Fagus sylvatica L.) è una delle specie forestali più importanti in Europa dal punto di vista ecologico (habitat, biodiversità, ecc.) e socioeconomico (raccolta del legname, attività ricreative). Il faggio ha svolto un ruolo preminente nel rimboschimento postglaciale, diffondendosi rapidamente dalle aree mediterranee alle regioni centrali e settentrionali del continente. Ma ora, a fronte del rapido cambiamento climatico, il faggio potrebbe essere in pericolo nel suo areale geografico ed ecologico. Nonostante ciò, la resilienza della specie ai cambiamenti previsti e la sua plasticità ecologica non sono ancora ben studiati.
Qui sotto, la traduzione dell’Abstract, dell’Introduzione, di alcune analisi dei dati e delle Conclusioni dello studio.
Abstract
La crescita delle foreste passate, presenti e future, è stata, è e sarà influenzata dalla variabilità climatica. Questa complessa relazione è stata valutata in diversi studi regionali, ma finora mancavano analisi su larga scala, con risoluzione spaziale. In questo studio vengono valutati i recenti cambiamenti nella crescita di 5800 faggi, presenti in 324 siti, che rappresentano l’intera gamma geografica e climatica delle specie.
I modelli analizzati indicano che negli ultimi decenni ci sono stati cali di crescita in ampie regioni, e prevedono futuri forti cali di crescita che vanno da −20% a oltre −50% entro il 2090, a seconda della regione e dello scenario di cambiamento climatico. Le previste perdite di produttività forestale, sono più evidenti verso il limite meridionale di presenza di Fagus sylvatica, in regioni in cui si prevedono persistenti sistemi di alta pressione atmosferica con ulteriore aumento della siccità. I cambiamenti di crescita, previsti per il XXI secolo in tutta Europa, delineano gravi conseguenze ecologiche ed economiche che necessitano di un immediato adattamento delle foreste.
Introduzione
Il cambiamento ambientale globale sta influenzando gli ecosistemi in molte regioni del mondo. Le foreste sono ecosistemi terrestri “chiave”, che evidenziano sempre più spesso gli impatti a cascata provocati dai cambiamenti climatici di natura antropica, comprese le conseguenze, di vasta portata, per i cicli dell’acqua e del carbonio e i servizi per la società. L’evoluzione dei problemi relativi a tali impatti può essere meglio affrontata attraverso analisi su larga scala che comprendano l’intero areale di distribuzione delle specie “chiave”.
Esiste una lunga tradizione di ricerca sulla previsione della copertura forestale, basato sulla comprensione dei legami tra cambiamento climatico e presenza/abbondanza di foreste. Minori sono le conoscenze disponibili, in merito alle previsioni basate ecologicamente, sulle prestazioni di crescita delle specie. Considerando che il fusto rappresenta circa il 70% della biomassa dell’albero, la crescita secondaria [1] può essere considerata una ragionevole approssimazione del sequestro totale di carbonio e può essere efficacemente utilizzata come indicatore della salute e delle prestazioni dell’albero.
Le analisi dendroecologiche [2] presentano dati locali e forniscono preziose informazioni regionali sulle condizioni di crescita in relazione all’habitat e ai cambiamenti climatici. Nonostante i recenti progressi nelle ricerche sugli anelli degli alberi, gli studi spazio-temporali della crescita effettiva e prevista sono rari, in particolare su scale che incorporano le distribuzioni geografiche e climatiche delle specie.
La community che studia gli anelli degli alberi ha sviluppato banche dati dendrocronologiche internazionali, ma queste sono solitamente distorte o limitate per determinate unità tassonomiche, biomi e popolazioni in via d’estinzione, precludendo la loro valutazione per un impiego ecologicamente focalizzato. Se tali sfide saranno superate, l’ampia scala spaziale rappresentata dal network di studio degli anelli degli alberi, la loro formazione annuale e la possibilità di valutare i cambiamenti di crescita nell’arco di più decenni, rappresentano un’opportunità unica per svelare i modelli spaziali e i fattori determinanti della crescita attuale e prevedere le dinamiche di crescita future sulla base di scenari di cambiamento climatico. Queste informazioni sarebbero fondamentali per stimare la resilienza delle specie a condizioni future più calde e potenzialmente più secche.
Il successo dell’upscaling [incremento] dei dati sugli anelli degli alberi, tuttavia, richiede fitti network che coprano l’intera gamma delle condizioni bioclimatiche ed ecologiche delle specie studiate. Per consentire questo progresso è stato creato un network specifico, a supporto di analisi ecologiche comparative, coprendo l’intero spettro ecologico di Fagus sylvatica, comprese oltre 780.000 misurazioni della larghezza dell’anello di 5800 alberi e 324 siti di campionamento in tutta Europa.
Fig.1 – Gamma spaziale e climatica dei siti di faggio
La distribuzione geografica dei 324 siti di studio (punti neri) nell’area di distribuzione naturale del faggio europeo
Utilizzando questo network, sono stati analizzati i tassi di crescita passati del faggio e usate queste informazioni per proiettare la variabilità della futura crescita, considerando diversi scenari di cambiamento climatico (ad esempio, scenari rappresentativi di percorsi socioeconomici condivisi). Sono state eseguite analisi comparative tra le regioni europee ed è stata mappata la crescita delle foreste tenendo conto degli stress e dei disturbi ambientali locali. È stato sviluppato un Generalized Linear Mixed Model (GLMM) [modello misto lineare generalizzato] per realizzare dei modelli di crescita degli alberi e supportare confronti spazio-temporali nell’areale di distribuzione delle specie, identificando le regioni in cui la crescita è aumentata o diminuita negli ultimi decenni. Il GLMM comprende un totale di 21 variabili, organizzate in tre gruppi di variabili interagenti. Ciò ha portato a un totale di 66 interazioni di variabili, che hanno contribuito in modo significativo alla creazione dei modelli di crescita.
Lo studio ha portato le prove di notevoli cambiamenti nei modelli di crescita di questa specie durante il periodo studiato, specialmente nelle aree meridionali. I modelli hanno mostrato che la crescita si è recentemente ridotta a causa del clima ed è regolata dalle condizioni prevalenti del luogo. In questo senso, le previsioni di riduzione delle precipitazioni e incrementi delle temperature determinerebbero una diminuzione complessiva della produttività degli alberi, in particolare se queste previsioni si verificassero contemporaneamente. È interessante notare che la crescita degli alberi potrebbe aumentare in futuro alle alte latitudini, anche nel peggiore scenario di cambiamento climatico.
Precedenti variazioni di crescita
Per confrontare le prestazioni delle faggete negli ultimi decenni, sono stati calcolati i tassi di crescita medi di due periodi consecutivi di 31 anni per un faggio medio dell’intera popolazione, con un’area basale fissa di 86059,03 (1/10,000 mm2) (vale a dire l’area basale media dell’intero set di dati, che equivale a un albero di 80 anni) (Fig. 2). Questa aggregazione multidecennale è stata scelta in quanto rappresenta un aumento senza precedenti delle temperature dal 1955-1985 al 1986-2016, superiore a 1°C in molte regioni europee. In effetti, il periodo più recente è il periodo di 31 anni più caldo in Europa negli ultimi 500 anni, ed è fino a 0,45 °C più caldo, del secondo periodo di 31 anni più caldo, verificatosi dal 1750 al 1779.
Fig. 2 – Modelli spaziali di crescita del faggio negli ultimi decenni
Stime medie di BAI in mm2 dal 1955 al 1985 (a) e dal 1986 al 2016 (b) calcolate per un albero teorico derivato da un network cronologico di 324 siti
I risultati rivelano sostanziali differenze spazio-temporali nella crescita del faggio negli ultimi sei decenni in Europa (Fig. 3). Il tasso di crescita degli alberi è stato da due a tre volte superiore alle basse altitudini dell’Europa occidentale e centrale, compresi i siti costieri di Belgio, Paesi Bassi, Danimarca e Isole Britanniche, rispetto al limite di distribuzione meridionale del faggio. La crescita degli alberi è minore anche ad altitudini più elevate in Europa centrale, nelle Alpi e lungo i Carpazi. La crescita è risultata minore al limite settentrionale e sud-occidentale della distribuzione della specie, rispettivamente in Svezia e Spagna, nonché in Italia e nell’Europa sud-orientale.
Fig. 3 – Il modello spaziale della crescita del faggio cambia in tutta Europa
Le variazioni della crescita degli alberi sono espresse in percentuale di variazione del BAI dal 1986 al 2016 rispetto alla media del periodo 1955 – 1985
La rappresentazione spaziale delle differenze di crescita tra il 1955-1985 e il 1986-2016 rivela un notevole calo della crescita nella maggior parte dell’area coperta dal faggio europeo. L’intensità di questo declino varia, in Europa, essendo maggiore alle basse latitudini e minore verso nord, rivelando così un distinto gradiente latitudinale del declino della crescita forestale.
Il GLMM ha prodotto tendenze diverse del Basal Area Increment BAI [Incremento di Area Basimetrica] [3], secondo due scenari di cambiamento climatico previsti fino all’anno 2090. Questi scenari sono basati su Shared Socioeconomic Pathways (SSP) [Percorsi Socioeconomici Condivisi], che esaminano come la società, la demografia e l’economia potrebbero svilupparsi nel corso del prossimo secolo [4].
Il primo scenario, SSP1–2.6, è il più ottimistico. Presuppone che le emissioni di gas a effetto serra (GHG) raggiungeranno lo zero netto entro il 2050, con temperature medie globali in aumento di quasi 2°C entro la fine di questo secolo, rispetto al 1900. In queste condizioni, lo studio prevede che la crescita del faggio diminuirebbe fino al 30% nell’Europa meridionale tra il 2020 e il 2050, rispetto al periodo 1986-2016. Per contro, si prevederebbero incrementi della crescita fino al 25% per le zone montuose dell’Europa centrale e circa il 35% nella Scandinavia meridionale. Questo modello continuerebbe fino al 2090, con cali ancora più pronunciati nell’Europa meridionale.
Il secondo scenario, SSP-8.5, è più pessimista, ma non irrealistico. Presuppone emissioni di gas serra molto elevate e un aumento della temperatura media di circa 4,5°C entro il 2100. Si prevedono ulteriori siccità. In queste condizioni, la crescita del faggio diminuirebbe drasticamente in gran parte del continente, fino al 20-30% nella maggior parte delle foreste dell’Europa centrale nel periodo 2020-2050. Nell’Europa meridionale, le perdite sarebbero superiori al 50%, in particolare nel periodo 2040-2070. Nelle regioni settentrionali e montuose dell’Europa, la crescita continuerebbe ad aumentare fino al 2090.
Conclusioni
Analizzando, per mezzo di un network senza precedenti, i fattori di crescita di alcune aree di faggio che coprono l’Europa, abbiamo rilevato un calo pervasivo del tasso di crescita dal 1955 al 2016. Questo declino è diffuso in tutta Europa, ad eccezione delle aree situate verso l’areale di distribuzione settentrionale: Danimarca, Norvegia e Svezia, e ad altitudini più elevate nelle regioni montane. Le variazioni di crescita registrate vanno dal +10–20% nel nord, al −20% nel sud dell’Europa.
Impiegando un GLMM, è stato dimostrato che i futuri aumenti della temperatura globale, in particolare quelli superiori a 1,5 °C, porteranno a una diffusa diminuzione da -20 a -40% della crescita del faggio, una situazione che potrebbe essere ulteriormente amplificata a -50% se prevarranno condizioni di siccità. Queste tendenze significative fanno pensare a un aumento della mortalità forestale, dato che il calo della crescita è segnalato come un precursore della moria degli alberi. Questi risultati mettono in discussione le recenti previsioni di un aumento delle scorte di carbonio terrestre in base agli scenari di cambiamento climatico, poiché diminuirebbe la forza delle foreste di faggio, come serbatoio di carbonio.
Note
[1] https://biologiawiki.it/wiki/crescita-secondaria-del-fusto/
[2] Sottodisciplina della dendrocronologia (scienza che si occupa della collocazione temporale degli anelli annuali di accrescimento delle piante arboree. La dendrocronologia comprende indagini sulle strutture lignee alle quali appartengono gli anelli datati, nonché estrapolazioni e applicazioni in campo ambientale e storico), che utilizza tutte le sottodiscipline della dendrocronologia che possono fornire informazioni in campo ecologico ed ambientale. Si occupa in particolare di clima (dendroclimatologia), correnti (dendroidrologia), processi geomorfici (dendrogeomorfologia), movimenti glaciali (dendroglaciologia), neve, processi tettonici, fuoco, dinamica dei popolamenti, influenze antropiche, chimica (metalli pesanti: dendrochimica), isotopi, ecc.; R. Zanuttini, G. Castro, S. Berti XILOGLOS: Glossario dei termini usati nella Tecnologia del Legno, http://www.proverde.it/Pubblicazioni/Glossario%20italiano.pdf
[3] Basal Area Increment (BAI): permette di stimare l’incremento volumetrico dell’albero, più correttamente rispetto alla misura lineare degli anelli.
[4] I percorsi socioeconomici condivisi vengono utilizzati come input per gli ultimi modelli climatici all’interno del Sesto rapporto di valutazione del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) . Per i dettagli sugli scenari di cambiamento climatico dell’IPCC e sugli aumenti di temperatura associati, vedere: Climate Change 2021: The Physical Science Basis (IPCC, 2021).
Edurne Martinez del Castillo, Christian S. Zang, Allan Buras, et al.
Traduzione a cura della Redazione di Antropocene.org
Fonte: nature 10.03.2022
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