Il codice degli appalti di Salvini è un attacco ai territori
Il nuovo Codice Appalti di Salvini è un regalo a speculatori di ogni risma. Di fatto il 98% dei lavori pubblici verrà affidato senza gara, riempiendo le tasche degli amici degli amici e mettendo a rischio territori e comunità.
I continui favori di Salvini ai “prenditori” non sono una novità, ma il nuovo Codice degli Appalti rappresenta la summa teologica del salvinismo di governo, lasciare mano libera in ogni campo alla “libera impresa”. Sebbene il nostro sia il paese dove ogni paio d’anni dobbiamo piangere l’ennesima tragedia provocata dal degrado di infrastrutture costruite con lo sputo, in cui si risparmia sulla manutenzione e sui materiali il Capitone ha dato il via libera all’abbuffata.
Ma non si tratta solo di una sua brillante idea: infatti l’entrata in vigore del nuovo codice mette a regime tutte le deroghe varate dal governo Draghi durante la pandemia per accelerare i piccoli appalti e quelli di medio importo, alzando la soglia prevista dal Codice del 2016 a partire dalla quale è d’obbligo la gara d’appalto. Una tentazione che si agitava da tempo nelle classi dirigenti del nostro paese dunque, di cui Salvini è al massimo l’esecutore materiale.
Il 98,7% dei lavori pubblici potrà essere assegnato direttamente o con procedura negoziata senza bando, dunque senza una gara pubblica alla quale tutti possano partecipare. Si tratta, praticamente, della quasi totalità dei lavori. Secondo Anac (Autorità Nazionale Anticorruzione), infatti, nel 2021 le stazioni appaltanti hanno dato l’ok a 62.812 procedure per l’assegnazione di lavori pubblici (43,39 miliardi di euro), di cui 61.731 con valore inferiore ai 5 milioni di euro, ovvero al di sotto della soglia fissata dall’Unione europea di 5,38 milioni che fa scattare l’obbligo della gara d’appalto. Questo innalzamento delle soglie per l’affidamento diretto si accompagna ad una serie di misure per limitare la possibilità dei territori di esprimere il proprio dissenso nei confronti delle opere imposte anche attraverso le proprie istituzioni locali.
Ora a noi non è che ci importi molto della formalità legale, sappiamo bene che nel sistema capitalista in cui viviamo per i potenti vige la regola “fatta la legge, trovato l’inganno”, ed in generale siamo altrettanto consapevoli che il sistema degli appalti era allo stesso modo fondato sulla possibilità di ricavare il massimo profitto dal minor costo del lavoro e dalla devastazione dei territori, ma qui quello che viene imbastito è un vero e proprio banchetto per la fame di predazione dei sostenitori del partito del cemento e del tondino.
Se si uniscono i puntini poi con quanto è avvenuto qualche settimana fa rispetto al progetto del Tav Torino-Lione con la chiusura da parte del Viminale del presidio anti-mafia e con il rilancio del Ponte sullo Stretto la questione assume anche contorni inquietanti…
Oggi come non mai in questo contesto di crisi climatica dispiegata è fondamentale impedire ulteriore cemetificazione e devastazione dei territori, frapporsi al saccheggio di risorse pubbliche e naturali che stanno cantierizzando.
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