Il fiume è straripato: nonostante cappellai e chiavi dell’acqua, i mutanti rialzano la testa!
Pubblichiamo questo interessante contributo riguardo alla manifestazione di sabato 16 novembre a Napoli contro il biocidio.
Il fiume in piena alla fine è straripato, sotto una pioggia incessante circa 200mila campani sono scesi in strada per gridare la rabbia contro quello che è forse il disastro ambientale più rilevante e grave di questo paese.
Un fiume in piena che palesa un movimento reale, piu’ di opinione che di lotta, che in questi mesi è cresciuto e si è alimentato grazie all’impegno di centinaia di persone, un qualche cosa di estremamente variegato e ambivalente, certo il movimento cresce, anche nei contenuti e nella capacità di analisi, ma al suo interno convivono ancora concetti e soluzioni che tra di loro cozzano e non poco. Credo basti aver ascoltato gli interventi dal palco per capire che un po’ di confusione regna ancora sovrana, tra chi chiede alle istituzioni di fare il proprio dovere a chi le ha bypassate e le vede solo come nemico e responsabile, tra chi parla di legalità e chi invece parla di legittimità delle lotte, tra chi vorrebbe l’esercito in strada e chi si farebbe scannare per impedire la militarizzazione del territorio, insomma una babilonia di posizioni e di analisi, sulle quali interverremo a breve. In tutto questo pero’dobbiamo sottolineare che la data del 16 novembre a Napoli è stata una data storica, che di certo l’attenzione mediatica a un certo punto si spegnara’, o comunque calera’ di intensita’, ma questa fase è di sicuro il picco massimo di consapevolezza delle comunità campane rispetto al biocidio e alla devastazione.Gia’ si vociferava in piazza “Il fiume passera’ e resteranno le lotte”, e siamo d’accordo, ma queste lotte di sicuro saranno piu’ forti dopo il fiume in piena,ed è soprattutto con questa ottica che anche da Terra di Lavoro è stato alimentato; stare nel fiume per farlo straripare e invadere i territori, questa la visione di chi, soprattutto da parte di esperienze di lotta di lungo corso,ha attraversato quella giornata. Le scelte erano due, o straripare o impantanare il fiume, e nonostante molti (anche in buonafede) abbiano spinto verso il pantano, la rabbia, la voglia di esserci, la disperazione hanno prevalso, ora bisogna riportare tutto questo bagaglio nelle lotte, quelle vere,singolo campo di battaglia per singolo campo di battaglia, lotta per lotta,vertenza per vertenza, confrontandoci e utilizzando anche le relazioni e i risultati del fiume in piena.
C’era nella piazza una generazione nuova, che di certo rispetto a quelle passate ha meno responsabilita’ e piu’ voglia di riscatto e di ribellarsi, c’è una generazione mutante, che ha a che fare quotidianamente con forme di vita mutanti, che stanno cambiando a causa del disastro ambientale, i tanti malati di tumore o di patologie connesse all’inquinamento sono mutanti e gridano vendetta, il dolore delle mamme degli angeli morti è un dolore mutante cioe’ non naturale, non spiegabile, spaventoso, qualcosa di nuovo, ma con la quale ieri tutti abbiamo fatto i conti, quelle foto dei tanti bambini morti è uno scenario che è mutato radicalmente rispetto a quello “naturale”che vorrebbe i bambini sereni e intenti nei loro giochi, la campania è una terra mutante, sta cambiando il corredo genetico dei campani, cambia la morfologia del territorio e forse dal 16 questa mutazione riguarda non solo i danni del biocidio ma anche la risposta dei campani ad esso.
Per carità non abbiamo vinto nessuna guerra, tutt’altro, mala situazione di sicuro sta mutando e chi sa che una nuova fase, nuove lotte e nuove sperimentazioni possano nascere grazie a questa generazione di mutanti, che da quando è nata deve fare i conti con percolato, diossine, polveri sottili,tumori, allergie, questa generazione trasformata, ma che soprattutto vuole trasformare il mondo nel quale è cresciuta. Questo il dato da cogliere, quello che arriva dal basso, la generazione mutante viene dal sottosuolo è rimasta nascosta negli antri piu’ bui del biocidio ed ieri è uscita allo scoperto, questa la vera vittoria della giornata del 16 novembre.
Ora si tratta di fare in modo che questa nuova generazione non disperda questo carico di rabbia in un movimento che è solo di opinione,che non si pone il problema della costruzione di rapporti di forza, che(ancora) non si pone il problema della resistenza, che anzi deve porselo per poter finalmente trasformarsi in qualcosa di veramente consistente. E qui entrano in gioco le lotte. Di sicuro questo movimento sara’ di aiuto li dove ci sono le lotte, li dove le lotte c’erano da prima e ci saranno anche dopo,alimentandole, facendole crescere, dandogli piu’ spazi e maggior consapevolezza,un po’ meno dove lotte non ce ne sono, e qui comincia la schizofrenia e le dolenti note, fin’ora avevamo parlato di quanto di buono ci fosse in quella piazza.
Tralasciando la schizofrenia di quanti, all’interno del movimento, hanno cercato all’ultimo minuto di egemonizzare o comunque di sottolineare una presenza a fronte poi di una totale inconsistenza e assenza nelle lotte reali (sarebbe come sparare sulla croce rossa), restano forti e ancora pesanti i limiti e gli ostacoli da superare e restano comunque di carattere egemonico, sia di piazza che di analisi…e questo è un male. Questi limiti pero’,vanno comunque sottolineati e analizzati, non devono essere ne un deterrente per le lotte a starci dentro, ne devono essere lasciati li senza cercare di risolverli: la posta in gioco, la sfida, questa volta è davvero grande.
Inutile negare che in quella piazza oltre alla generazione mutante, c’era anche la generazione “mutande” e cioe’ quella che da 50 anni ci ritroviamo sempre tra i piedi, tra politicucci piccoli piccoli e altri piu’grandi, tra le solite associazioni che altro non sono che la faccia verde e pulita dello stesso sistema che ci ha avvelenato, un caso su tutti Legambiente,con le sue simpatie inceneritoriste nemmeno troppo velate, infine una miriade di partitini e gruppuscoli che a corteo finito, di sera, si chiedevano stupiti del come mai il fiume in piena non li avesse nominati avanguardia e li avesse messi alla guida della sollevazione! Insomma un po di ironia non guasta,dicevamo di un risultato sicuramente storico e dal quale partire ed alimentare,ma dobbiamo avere anche la lucidità di annotare i limiti e le ambivalenze di questo movimento. Quello della volontà egemonica (a volte veramente fuoriluogo) di tanti, di tantissimi, è forse uno dei limiti piu’ palesi e piu’ pericolosi per depotenziare quanto di buono si è messo in cammino col fiume in piena, compito di tutti noi è fare passi indietro, l’oggetto che abbiamo in mano è tanto bello quanto fragile, cercare di stringerlo troppo significa farlo andare in mille pezzi. Non ci dilunghiamo, chi ha orecchie per intendere,intenda, questi erano i cappelli.
Pericolose quanto i cappelli, se non di piu’, sono le chiavi dell’acqua e qui davvero ci si puo’ far male. A Napoli l’espressione “tenit achiave e ll’acqua” equivale a dileggiare una soluzione prospettata come salvifica che pero’ salvifica non è. Questo uno dei problemi piu’ grandi e degli scogli piu’ ardui da superare per questo movimento, sia per i contenuti apportati dalla componente civista e non propriamente di movimento (e fin qui nulla di strano, lo immaginavamo tutti) sia per quelli inseriti da spezzoni di movimento che,nonostante stiano nelle strade da anni, hanno avuto non poche difficoltà a leggere la fase e a saperla attraversare. Non ci dilungheremo per carita’,consapevoli che il nostro obiettivo è quello di lavorare affinche’ questa generazione mutante cresca in consistenza e consapevolezza, ma è palesemente chiaro che è necessario ancora tantissimo lavoro per limare le tante sbavature che pur ci sono e per costruire una consapevolezza quanto piu’ unitaria possibile, riponendo ognuno la sua bella chiave dell’acqua nella sua cassetta degli attrezzi e ragionando insieme, ma soprattutto nelle lotte e nelle comunità, su quale strada seguire. Lo diciamo a chiare lettere, crediamo, con tutti i limiti del caso, che questo fiume in piena possegga molta piu’ intelligenza di tanti pezzi di movimento e proprio la sua vocazione moltitudinaria lo dimostra, la rottura degli argini (se non del ghetto) chetante volte, nei movimenti, siamo estremamente capaci nel costruire. Nessuno di noi ha la chiave giusta, questo deve essere chiaro, la chiave dell’acqua per poter agire su questo tubo va forgiata tutti insieme, meno nelle sedi di associazioni, collettivi e partitini, piu’ nelle piazze e nelle strade di questa regione, (ri)partire da dove ci sono le lotte, solo da li, ecco perché molti in quel corteo si sono trovati a disagio: ci sono arrivati da soli e non in una lotta delineata e netta. Eppure sono anni che i movimenti attraversano le lotte, dove sono stati commessi errori? Come mai alcuni hanno sgomitato o hanno registrato difficoltà ad entrare in questo fiume? La risposta non va di certo data puntando il dito contro chi ha voluto egemonizzare (e in alcuni casi ci è anche riuscito), o contro chi ha portato contenuti che a noi non piacevano, mala risposta va ricercata dentro il movimento, dentro le nostre strutture,dentro le nostre assemblee, ripartire da queste, ma soprattutto sporcarsi le mani quotidianamente nelle lotte sui nostri territori, non saremo credibili da sopra a nessun pulpito, lo diventiamo solo quando abbiamo le mani sporche di lotte,concentriamoci su quelle, alimentiamole, dove non ce ne sono facciamole nascere, stiamo nelle comunità, confrontiamoci, scontriamoci e ragioniamo anche con chi non è propriamente uguale a noi. Attraversare quella giornata non come “parte”difficilmente intersecabile al resto, ma come parte che apporta ricchezza, che sappia “meticciare” le pulsioni degli strati sociali e la loro rabbia, con le analisi e i saperi che i movimenti in questi 20 anni hanno creato, questo sarebbe dovuto essere il “programma” di tutti i settori di movimento e non certo la corsa e mettere cappelli o a proporre chiavi dell’acqua, perché alla fine si è visto, il fiume ha travolto cappelli e chiavi dell’acqua, e anche questo è un bene e un male, è qualcosa di fortemente ambivalente. Ora che il fiume è nato non bisogna restare ne a guardare, ne bisogna farsi travolgere,bisogna, da mutanti, saper apportare nuova acqua, saperlo far esondare sui territori e fargli travolgere gli ostacoli e distruggere quanti sono responsabili del biocidio (nessuno escluso), o questo, o un pantano fetido e stagnante. Noi preferiamo la furia selvaggia e inarrestabile di un fiume in piena e a quello lavoreremo!
Miase dai Mazzoni
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