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Il socialismo climatico e il collasso del clima

Da un po’ di tempo i media riportano notizie allarmanti sulla possibile interruzione della circolazione meridionale atlantica (AMOC), un vasto sistema di correnti oceaniche, componente chiave della regolazione del clima globale di cui fa parte la Corrente del Golfo.

di Eddie Ford, da Antropocene.org

La maggior parte delle persone cresciute in Gran Bretagna sa tutto della Corrente del Golfo, perché probabilmente gli è stata insegnata a scuola, come a chi scrive. È questo che mantiene il clima mite in Gran Bretagna: impedisce che si geli in inverno e rende la stagione un po’ più fresca in estate. In sostanza, l’AMOC è un vasto nastro trasportatore marino, in cui una corrente viene sepolta sotto l’altra, mentre trasporta calore, carbonio e sostanze nutritive dai Tropici verso il Circolo Polare Artico, dove si raffreddano e affondano nell’oceano profondo. Questo continuo rimescolamento contribuisce a distribuire l’energia sul pianeta e a modulare l’impatto del riscaldamento globale causato dall’uomo.

Ma quello che sta accadendo da circa cento anni (sicuramente dagli anni ’50), è lo scioglimento dell’Artico che sta rilasciando acqua non salata e più fredda nell’Atlantico, e sta cambiando la densità delle acque superficiali. Ad esempio, l’analisi delle registrazioni satellitari ha mostrato che negli ultimi tre decenni si sono sciolti circa 11.000 chilometri quadrati della calotta glaciale e dei ghiacciai della Groenlandia, un’area equivalente alle dimensioni dell’Albania e pari all’1,6% della sua copertura totale di ghiaccio. Con il ritiro dei ghiacci, la quantità di terra su cui cresce la vegetazione è aumentata di 33.774 miglia quadrate, il che equivale a una quasi quadruplicazione delle zone umide in tutta la Groenlandia, che, ovviamente, sono una fonte di emissioni di metano. Come conseguenza di questo comportamento climatico, l’AMOC è diminuito in questo arco di tempo del 15% e si trova nel suo stato più debole da più di un millennio, il che potrebbe rivelarsi particolarmente disastroso per la vita marina e le comunità che dipendono da essa.

Per questo motivo è stato pubblicato sulla rivista «Science Advances» un nuovo rapporto dell’Università di Utrecht che afferma che ci troviamo sull’orlo di un pericoloso rallentamento dell’AMOC – non un “collasso” come riportato in alcuni resoconti dei media, che è un discorso approssimativo. Ma è quello che si legge in molti titoli, soprattutto nei tabloid sensazionalistici come il Daily Mail, spesso accompagnati da immagini tratte da The day after tomorrow il kolossal hollywoodiano del 2004, che raffigura una nuova catastrofica era glaciale in seguito all’interruzione dell’AMOC, con New York che si ghiaccerà in un fine settimana o poco più.


Punto di svolta

No, non è quello che accadrà. Ma lo studio di Utrecht afferma che esiste la possibilità di un rallentamento tra il 2025 e il 2095, cioè in questo secolo, cosa che rappresenterebbe un punto di svolta climatico.

Naturalmente, ogni marxista degno di nota sa tutto sui punti di ribaltamento – il passaggio dalla quantità alla qualità. Si tratta di una questione ormai accettata in ogni campo, ma che fino a tempi relativamente recenti costituiva una grande controversia in biologia e, se è per questo, anche nella scienza del clima. In questo contesto, vale la pena di leggere l’ultimo capitolo de L’origine delle specie, dove Charles Darwin mette in guardia i suoi lettori dalla questione del “salto”, perché si tratta di marxismo – anche se non lo dice esplicitamente. Ma pensa che con un salto si arrivi alla rivoluzione sociale e Darwin, essendo un convinto riformista liberale, non voleva che si ripetesse il Cartismo. Questo atteggiamento è adottato dalla scienza borghese, per usare un’abbreviazione, quando si tratta della questione climatica.

Tuttavia, il pregiudizio anti-salto è stato superato e sempre più scienziati si sono avvicinati all’idea che il clima si sviluppi qualitativamente – passa attraverso salti, da un modello all’altro. Può passare dall’AMOC a un altro sistema, quasi da un giorno all’altro. Nessuno sa esattamente come sarà il [nuovo] sistema, ma si dice, ad esempio, che la Gran Bretagna diventerà molto più fredda e umida. Naturalmente alcuni scettici del clima sottolineando che sia un paradosso che la Gran Bretagna si raffreddi nel bel mezzo del riscaldamento globale. Sì, hanno ragione, ma non è così semplice dire che il riscaldamento globale significa che la temperatura aumenterà ovunque. Stiamo piuttosto parlando di fenomeni complessi e caotici, e quindi di un cambiamento dei modelli meteorologici.

I documenti di Utrecht, che aprono nuovi orizzonti, apportano diverse previsioni cercando segnali di pericolo nei livelli di salinità dell’Oceano Atlantico meridionale tra Città del Capo e Buenos Aires, utilizzando una simulazione al computer dei cambiamenti avvenuti in un periodo di 2.000 anni. Naturalmente, alcuni scienziati contestano i risultati e i diversi modelli teorici – la libera contestazione di opinioni diverse e contrastanti è nella natura stessa della scienza. Il Met Office del Regno Unito, ad esempio, ritiene che grandi e rapidi cambiamenti nell’AMOC siano «molto improbabili» nel XXI secolo.


Livelli marini

In ogni caso, lo studio ha delineato alcune delle conseguenze dovute al rallentamento dell’AMOC. Il livello del mare aumenterebbe di un metro, inondando in modo permanente molte città costiere come New Orleans, Amsterdam, Bangkok, ampie zone di Londra, ecc. Perciò queste città devono essere difese da barriere sempre più alte o abbandonate, come Giacarta (l’Indonesia sta costruendo una nuova capitale a più di 1.000 Km di distanza). Le stagioni umide e secche in Amazzonia si invertirebbero, spingendo potenzialmente la foresta pluviale, già indebolita, oltre il proprio punto critico: la giungla si trasformerebbe in qualcosa di simile al Serengeti in Africa. Le temperature in tutto il mondo oscillerebbero in modo molto più irregolare. L’emisfero meridionale diventerebbe più caldo, mentre l’Europa si raffredderebbe drasticamente, con un paese come la Gran Bretagna che diventerebbe un posto poco piacevole in cui vivere.

È vero, l’AMOC è collassato e riattivato continuamente nel ciclo di ere glaciali che si è verificato da 115.000 a 12.000 anni fa. Ma, secondo l’articolo di Utrecht pubblicato su «Science Advances», l’AMOC è sulla buona strada per un altro grande cambiamento, questa volta causato in gran parte dall’uomo. Il punto è che questo cambiamento non si verificherebbe in un periodo prolungato tra il 2025 e il 2095, dandoci forse il tempo di adattarci, ma avverrebbe rapidamente a un certo punto di questo arco temporale – un brusco cambiamento qualitativo con implicazioni terribili per ampie zone del mondo. E, quando accadrà, i cambiamenti saranno irreversibili su qualsiasi ragionevole scala temporale umana.

In altre parole, gli scienziati di Utrecht dicono che non si sa quando ciò accadrà, ma se non si fa subito qualcosa di urgente per invertire le emissioni di CO2 e di altro tipo, questo è il genere di cose che possono accadere: il degrado totale, se non la distruzione, dei modelli agricoli e di habitat esistenti. Tutto questo nel momento in cui Copernicus, il programma sui cambiamenti climatici  dell’Unione Europea, con altri, ha evidenziato che, per la prima volta, il riscaldamento globale ha superato gli 1,5°C per un intero anno. Naturalmente, l’accordo di Parigi non prevedeva un anno con il superamento di 1,5°C, ma un modello consolidato per molti anni. Ma ora abbiamo superato quell’“obiettivo” e se continuiamo in questa direzione, ecco cosa succederà: un riscaldamento globale inarrestabile, un clima più estremo, un’AMOC indebolita, milioni di persone costrette a migrare e così via.

Anche la superficie del mare a livello mondiale ha raggiunto la temperatura media più alta mai registrata, un altro segnale minaccioso di crisi climatica, soprattutto se si considera che le temperature degli oceani non raggiungono normalmente il picco prima di un mese circa.


Classe dirigente

È chiaro che la soluzione deve trovarsi al di fuori del capitalismo. Ma, detto questo, dobbiamo sottolineare che la classe dirigente, o almeno una parte di essa, lo sa: bisogna fare qualcosa; il business as usual non è un’opzione. È difficile credere che siano tutti stupidi o criminalmente interessati.

Ma, ovviamente, questo non significa socialismo proletario, che è la cosa più democratica e logica da fare: bisogna superare la spinta al profitto, la produzione per la produzione. Ma tragicamente, al momento, la classe operaia è poco organizzata su base internazionale: non si è preparata a diventare classe dirigente.

Perciò, aspettiamoci che agiscano alcuni settori della classe dirigente – magari attraverso l’esercito o poteri occulti paralleli – per imporre misure radicali e draconiane per scongiurare la crisi. Lungi dall’essere una soluzione umana, aspettiamoci invece il contrario: una sorta di soluzione orrenda, una forma di socialismo climatico. I comunisti usano questo termine nello stesso modo in cui l’alto comando tedesco nella Prima Guerra Mondiale parlava di socialismo di guerra (Kriegssozialismus).

Questo è un pericolo di cui dovremmo essere estremamente consapevoli. Il grande problema con la politica di protesta di gruppi come Just Stop Oil e Insulate Britain, è che potrebbero essere facilmente reclutati in un simile progetto: un regime di questo tipo sarebbe attraente per i personaggi famosi, i ricchi e i potenti, i demagoghi, i truffatori, ecc. Alcuni settori della classe capitalista, naturalmente, si opporrebbero, ma altri lo accoglierebbero con favore in quanto si tratta, o di socialismo climatico o di disgregazione sociale.

Effettivamente, parlare di possibile lungimiranza da parte di alcuni settori della classe dirigente suona un po’ fantasioso, quando si ha davanti il progetto di Rishi Sunak per “massimizzare” l’estrazione di petrolio e gas dal Mar del Nord. Poi c’è il Partito Laburista, che abbandona il suo patetico pacchetto di investimenti green da 28 miliardi di sterline l’anno. Patetico perché si sposa con l’idea che si possa essere allo stesso tempo “green” e favorevoli al business, dato che si possono fare molti soldi con le auto elettriche, i pannelli solari, la tecnologia delle batterie e simili. È vero, ma si tratta di un’argomentazione perversa, poiché il capitalismo è intrinsecamente anti-ecologico. In effetti, non si potrebbe concepire un sistema più anti-ecologico, nemmeno volendo. Per quanto riguarda cose come le auto elettriche, l’idea che siano “green” è assurda: come pensiamo che vengano prodotte?

Quindi, quando il Labour dice di essere ancora impegnato a perseguire gli stessi obiettivi e aspirazioni green, non crediamo a una sola parola: tali obiettivi e aspirazioni significherebbero rompere con il capitalismo. In effetti, tutto al momento indica la probabilità di superare stabilmente 1,5°C e oltre. Dove andremo a finire è impossibile da prevedere, ma il punto cruciale è che il clima globale è come la proverbiale petroliera: ci vuole molto tempo per invertire la rotta.

Anche se potessimo, magicamente, azzerare immediatamente le emissioni nette di CO2 del pianeta, i ghiacci dell’Artico e dell’Antartide continueranno a sciogliersi almeno per i prossimi cento anni, contribuendo all’incremento delle temperature in uno spaventoso ciclo di feedback negativo.


Eddie Ford


Traduzione di Alessandro Cocuzza

Fonte: Weekly Worker 15.02.2024

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