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Il sondaggio da istituto LVCE di Telt sul consenso verso il TAV

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Da quando, qualche anno orsono, i lobbysti del TAV hanno realizzato cosa stesse succedendo in Val Susa, con una valle intera in sommossa che rischiava di rovinare i piani dei cementificatori, hanno provato a correre ai ripari. Davanti al consenso e alla simpatia verso i montagnin’ che difendono la propria valle, i promotori dell’opera si sono visti obbligati a creare un vero e proprio dipartimento della propaganda sitav. Mentre i notav, banditi da giornali e TV, sono da sempre costretti a spiegare le proprie ragioni porta a porta e nei mercati, tra una pausa dal lavoro e la necessità di recuperare i figli a scuola, l’azienda promotrice del TAV ha ormai da tempo ingaggiato un mastodontico ufficio stampa, si avvale di “consulenze” per oliare le redazioni dei giornali, può permettersi costose pubblicazioni patinate e così via. Il tutto ovviamente pagato con soldi pubblici che vengono anche da quei valligiani, costretti ad ingoiare con un poco di zucchero o un poco di bastonate, la pillola del TAV.

Uno degli ingranaggi della macchina del consenso di Telt è da anni un sondaggio internazionale che l’azienda fa realizzare per mostrare quanto l’appoggio verso l’opera sia maggioritario e trasversale sia in Italia che in Francia. L’ultima versione è arrivata ieri, annunciata dal video-magazine Telt at work, nuovo costoso gingillo della propaganda si tav lanciato nell’estate 2020 (anche in piena pandemia evidentemente i soldi per queste trovate ci sono sempre) e coordinato da Francesco Antonioli. Quando si dice, le coincidenze. Ex-giornalista del Sole 24 ore, Antonioli, fino a qualche anno fa scriveva per il quotidiano confindustriale articoli entusiasti sul TAV e ora ce lo ritroviamo in questo comodo e ben pagato strapuntino di brand journalism (sic!), creato proprio per provare a fermare le ragioni dei no tav.

Il sondaggio comandato dei promotori del TAV è ovviamente trionfante, annunciato dallo strillo spaccone del comunicato stampa: “in Val di Susa siamo oltre il 60%”. En passant, viene da chiedersi se, dalle parti di TELT, considerino la realizzazione del raddoppio una partita a squadre e se sia un linguaggio consono per un promotore pubblico pagato anche, lo ricordiamo, coi soldi dei no tav.

In ogni caso, giova sapere che “l’inchiesta statistica”, assolutamente imparziale vista la sua provenienza, è stata commissionata da TELT a una filiale del gruppo BVA, notissima agenzia di marketing che, a quanto recita il suo sito internet “si distingue per la capacità di costruire efficaci strategie di cambiamento del comportamento di clienti e cittadini”.

Questi sondaggi bidone, insomma, non sono altro che un goffo mix di wishful thinking e profezie auto-realizzatrici con cui si tenta di orientare il consenso manipolando i dati, mischiando le questioni, sorvolando sui non-detti per darli in pasto ai vari giornalisti incoscienti e/o compiacenti che popolano le redazioni italiche. Come sa chiunque si occupi di marketing e comunicazione corporate, la “narrazione” deve sempre coincidere coi desiderata del committente e quindi confermare irrefragabilmente che “il prodotto” è lustrissimo, è bellissimo e va fortissimo. Anche questa volta non possiamo far altro che constatare che TELT è stata accontentata per la felicità di tutti. Va detto però, l’Istituto LVCE era un attimino più fine.

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pubblicato il in Crisi Climaticadi redazioneTag correlati:

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