Milano: due pesanti condanne per i fatti della Statale
Si è concluso con pesanti condanne a danno di due compagni milanesi il processo per i fatti della Statale di Milano. Anche in questo caso come in altri, a pesare sulle condanne sono state l’ appartenenza a movimenti sociali in particolare quello legato alla lotta No Tav . Di seguito il comunicato scritto da alcuni compagn* milanesi imputati nel maxi processo No Tav.
Come imputate/ti del maxi processo No Tav per i fatti del 27 giugno e 3 luglio 2011 vogliamo esprimere la nostra vicinanza e solidarietà ai due compagni duramente colpiti da una pena comminata dalla procura di Milano per i fatti della Statale del 2013. Ci associamo al comunicato scritto dai compagni milanesi e in particolare ci teniamo a denunciare il continuo accanimento giudiziario nei confronti di chi si impegna nelle lotte sociali continuando a criminalizzare i movimenti sociali in particolare quello No Tav.
Ci stringiamo intorno a Lollo, nostro coimputato, e a Simone. Un abbraccio resistente anche a Dana e a tutti i compagn* colpit* dalla repressione.
Lunedì 30 novembre 2020 la corte di Cassazione ha confermato le due pesanti condanne del tribunale di secondo grado (3 anni e 4 mesi e 8 giorni), per una rissa avvenuta all’Università Statale di Milano la sera del 13 febbraio 2013 durante una festa. Il 4 settembre 2013, per quei fatti, sono stati arrestati due compagni, con l’accusa di violenza aggravata e lesioni. I due compagni si sono sempre detti estranei ai fatti del 13 febbraio, dichiarandosi dispiaciuti per quanto avvenuto alle persone coinvolte. Fin da subito è parsa chiara la volontà della magistratura e dello stato di costruire ad arte l’inchiesta per attaccare i gruppi politici e le lotte sociali di cui i due compagni facevano parte, in primo luogo il movimento NoTav e quello studentesco.
Per una rissa nata da futili motivi, a dirigere l’indagine è stato messo un Pm “antiterrorismo”, che ha disposto intercettazioni ambientali e telefoniche di compagni, amici e parenti degli inquisiti. In seguito sono emerse enormi irregolarità durante tutti i processi, fino alla sentenza di Cassazione. Ad esempio, la principale vittima di lesioni ha sporto denuncia soltanto dopo due settimane dai fatti. Il testimone principale durante il dibattimento ha ritrattato la sua versione originaria, dicendo soltanto in un secondo momento di non poter riconoscere gli imputati, e dichiarando di aver subito pressioni dai Carabinieri dei Ros nella stesura del verbale utilizzato per gli arresti.
Per sei mesi non si è parlato di quell’episodio, fino a inizio settembre 2013, quando è scattata l’operazione, “casualmente” poco prima dell’apertura dell’anno accademico universitario e subito dopo il definitivo sgombero della libreria occupata Ex-Cuem avvenuto in estate. I media si sono adoperati in un’ampia opera di criminalizzazione fatta di titoli forcaioli sulle prime pagine dei giornali e servizi sulle tv nazionali, in cui venivano coinvolti senza distinzione il movimento No Tav, quello studentesco e persino le Brigate Rosse. Nella campagna di odio creata, un professore di Scienze Politiche, Nando Dalla Chiesa, ha detto pubblicamente che se fosse stato il giudice del processo avrebbe arrestato anche gli avvocati difensori.
Il rettore della Statale, Gianluca Vago, contestualmente all’operazione, ha dichiarato di voler mettere telecamere e tornelli agli ingressi dell’università. Come imputati milanesi No Tav del maxi-processo per le giornate di resistenza del 27 giugno e del 3 luglio 2011 non possiamo che sentirci vicini a Lollo (nostro coimputato), che ora rischia concretamente di finire dietro le sbarre, e a Simone, perché questa operazione repressiva è stata un attacco ai movimenti sociali e in particolare a quello No Tav.
Alcuni imputati milanesi del maxi-processo No Tav
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