Obama, dottor Jekyll e mister Hyde dell’energia
La miglior definizione della parte in cui il discorso sullo Stato dell’Unione di Barack Obama si è incentrato sull’energia ci sembra quella data su ThinkProgress (non certo un sito di news nemico del Presidente Usa) da Joe Romm: «Il presidente Obama ha ancora una volta cercato di conciliare la doppia personalità della sua politica energetica. Da un lato, il Presidente afferma chiaramente il suo impegno da Dr. Jekyll a ridurre l’inquinamento da carbonio e la lotta al cambiamento climatico. Ma non prima di aver spinto la sua espansione da Mr. Hyde della produzione nazionale di combustibili, a partire all’inizio del discorso, dove ha propagandato questo successo: “Produciamo più petrolio in casa nostra di quanto ne compriamo dal resto del mondo, per la prima volta in quasi 20 anni”».
Romm, fellow all’American Progress e specializzato al Mit, non è certo uno le cui opinioni critiche si possono prendere sottogamba: è il fondatore di Climate Progress, definito dal New York Times un “blog indispensabile”, Time ha nominato Romm “Hero of the Environment″ e lo ha definito «il più influente climate-change blogger del Web”, mentre Rolling Stone lo ha messo all’88esimo posto tra le 100 “people who are reinventing America”. Romm nel 1997 è stato anche acting assistant per l’efficienza energetica e l’energia rinnovabile del Segretario all’energia Usa, quando ha fatto da supervisore allo stanziamento di 1 miliardo di dollari per la ricerca e sviluppo e la diffusione di tecnologie low-carbon. Quindi è uno che può fare le pulci ad Obama quando afferma che «tutto questo fa parte della strategia energetica “all of the above” alla quale annunciai che stava lavorando pochi anni fa. Oggi l’America è più vicina all’indipendenza energetica di quanto lo siamo stati per decenni (….) Non è solo la produzione di petrolio e gas naturale ad essere in piena espansione, stiamo diventando un leader mondiale nel solare».
Secondo Romm, «il passaggio sul clima è fantastico. Obama dimostra di impegnarsi a utilizzare il potere che ha per ridurre l’inquinamento di carbonio senza attendere che il Congresso agisca». Ma è sorprendente che Obama dica che nessuno ha fatto tanto quanto gli Usa contro le emissioni di gas serra, dato che solo una settimana fa praticamente tutti i leader delle grandi associazioni ambientaliste statunitensi gli hanno inviato una lette nella quale sottolineavano: «Noi crediamo che continuare a fare affidamento su una strategia energetica “all of the above” sarebbe fondamentalmente in contrasto con l’obiettivo di ridurre l’inquinamento da carbonio e pregiudicherebbe la capacità della nostra nazione per rispondere alla minaccia della distruzione climatica. Con concentrazioni di carbonio atmosferico alte a livelli record e la minaccia crescente di caldo estremo, siccità, incendi e super tempeste, le politiche energetiche dell’America devono ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili, non solo ridurre la nostra dipendenza dal petrolio straniero (…). Un approccio “all of the above“, che praticamente non pone limiti sul se, il quando, il dove e il come i combustibili fossili vengono estratti, ignora gli impatti dei combustibili ad alta intensità di carbonio ed è sbagliato per il futuro dell’America (….) Una strategia “all of the above” è un compromesso che le generazioni future non possono permettersi. Non è in grado di dare la priorità all’energia pulita e alle soluzioni che hanno già cominciato a sostituire i combustibili fossili, a rivitalizzare l’industria americana e a far risparmiare denaro agli americani».
Romm chiosa ironico: «In breve, l’approccio dello Stato dell’Unione all’energia è in uno stato di disunione. Qualè il risultato della strategia energetica “all of the above” di Obama? Prima di tutto, non è affatto chiaro se l’inquinamento totale da carbonio è in realtà inferiore, dato che la produzione di gas naturale disperde metano, un potente gas serra», cosa confermata dallo studio dello stesso Romm (Bombshell Study Finds Methane Emissions From Natural Gas Production Far Higher Than EPA Estimates) pubblicato nel novembre 2013.
«In secondo luogo – aggiunge Romm – anche ignorando le enormi perdite di metano, qualunque beneficio che la rivoluzione shale gas ha avuto nella riduzione delle emissioni degli Stati Uniti è stato anche viziato dalla nostra strategia energetica all of the above e dalla nostra continua estrazione del carbone per l’esportazione». Insomma, Obama ha detto una grossolana bugia e Romm dice che la verità è che «il contributo degli Stati Uniti al problema globale della sempre crescente produzione e consumo di carbonio cresce senza sosta. Mi congratulo con l’impegno di Obama per gli standard Epa sull’inquinamento da carbonio dalle centrali elettriche. Ma il suo continuo abbraccio all’energia “all of the above” riflette davvero una personalità che scivola da Jekyll ad Hyde. Speriamo che a differenza di quanto succede nel racconto di Robert Louis Stevenson, la parte “Hyde” di Obama non prenda il sopravvento. Sapremo la risposta quando il Presidente prenderà la decisione riguardo al Keystone XL, dal momento che la pipeline delle sabbie bituminose semplicemente non è compatibile con un serio impegno per evitare cambiamenti climatici catastrofici».
Certo Obama, in confronto all’opposizione repubblicana, sembra davvero l’eroe buono, il dottor Jekyll dell’ambiente. Poco prima del suo discorso sullo Stato dell’Unione la Commissione energia e commercio della Camera Usa ha bocciato, con 24 no contro 20 sì, un emendamento del democratico Jan Schakowsky all’Electricity Security and Affordability Act che avrebbe dichiarato definitivamente che il cambiamento climatico è in corso. I 24 negazionisti climatici sono tutti repubblicani; anzi, sono tutti i repubblicani della commissione e tra loro c’era anche il presidente della stessa commissione Fred Upton, un repubblicano del Michigan noto per aver più volte detto che il cambiamento climatico, se esiste, non è certo causato dalle attività antropiche. Tra i più accesi oppositori dell’emendamento si è distinto il repubblicano texano Joe Barton, noto eco-scettico, ma quel che balza agli occhi (e spiega molte cose sul furore antiambientalista repubblicano) è che, secondo un’analisi della CAP Action War Room, in totale i 24 deputati repubblicani che hanno votato per negare i cambiamenti climatici hanno ricevuto circa 9,3 milioni dollari di finanziamenti elettorali dalle industrie del petrolio, del gas e del carbone.
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