Piattaforma per la giustizia climatica: verso la Youth Cop di Milano
La nuova normalità in cui abbiamo imparato a vivere, ha esacerbato vecchie disuguaglianze e ha cambiato il nostro modo di attraversare la realtà. Le nostre città si sono rivelate incapaci di fermare la pandemia in atto e quelle che verranno. Perché senza alcun cambiamento strutturale ne verranno molte altre, come gli scienziati ci ripetono da 30 anni.
La crisi umanitaria, che ha colpito in modo diverso le aree ricche e quelle povere del pianeta, è stata gestita cercando di proteggere prima di tutto l’economia e solo in secondo luogo la vita delle persone, alcune delle quali hanno continuato a lavorare ininterrottamente e con pochissime protezioni.
Tuttavia, gli sviluppi di questa crisi hanno inoltre riconfermato che il benessere profondo delle persone, l’istruzione, la socialità e la salute mentale non rientrano tra le priorità del sistema in cui viviamo. A costo di mettere a rischio i lavoratori e le lavoratrici nelle fabbriche, sui mezzi di trasporto pubblico e nella distribuzione di beni non necessari si è deciso chi era essenziale e chi no, come è avvenuto spesso nella storia del nostro sistema. La situazione è indubbiamente molto complessa (più di quanto si possa riflettere in un breve documento), ma in ultima analisi la protezione della vita sembra non essere al centro della nostra società.
Questo sistema politico, economico, sociale e culturale, cosa protegge?
Le richieste e le istanze portate avanti dai movimenti per la giustizia climatica negli ultimi due anni sembrano essere state accolte dai governi, che hanno inserito i concetti di transizione ecologica entro il sistema economico in cui viviamo. Tuttavia, per riuscire davvero ad accogliere quelle istanze, è necessario fermarsi, mettere in discussione il nostro sistema e costruirne uno nuovo che abbia al centro i rapporti ecologici e che non sia basato sull’accumulazione di profitto, sul consumo e sullo sfruttamento.
Governi e aziende cercano adesso consenso ricorrendo alla retorica della transizione e del “cambio di passo” che la crisi climatica ed ecologica rende necessario. Questo “cambiamento” si sta configurando, guidato dalla finanza e dai governi, nel consegnare nelle mani delle grandi corporation un mercato che affonda le radici in nuovi territori da depredare, altre popolazioni da affamare per non rallentare la produzione. Per noi invece, “cambiamento” significa far cessare immediatamente il paradigma della crescita infinita, fatto di estrattivismo e dominio esercitati sui corpi e sui territori, fatto di sopraffazione e speculazione, su un lavoro di cura invisibilizzato imposto ai corpi delle donne.
Tra il 28 settembre e il 2 ottobre si terranno a Milano due iniziative preparatorie per i lavori della COP26, la Conferenza delle Parti che hanno sottoscritto il trattato dell’ONU sui cambiamenti climatici. La prima sarà un incontro di due giorni di una delegazione di giovani e la seconda sarà l’incontro tecnico e politico preparatorio alla conferenza che si terrà a Glasgow.
La serie di incontri preparatori e la COP26 si terranno in una fase storica decisiva, durante una crisi economica e sociale di dimensioni globali, in un momento in cui si deciderà il futuro della vita sul pianeta. Negli ultimi trenta anni il dibattito si è concentrato quasi esclusivamente sulla limitazione del danno e spesso non si è giunti che alla firma condivisa di generiche dichiarazioni di intenti, a volte senza riuscire nemmeno ad arrivare a un accordo, invece che affrontare i problemi ecologici da un punto di vista strutturale. Nel frattempo, in questi decenni, le condizioni generali dell’ecosistema sono peggiorate enormemente e la finestra temporale in cui l’agire genererebbe effetti sensibili si restringe ogni giorno di più. Soprattutto, significa che i governi non hanno coscienza della gravità della crisi in cui siamo e che quindi abbiamo affidato la nostra vita a persone che non sono adatte a proteggerla.
Crediamo che dopo tutto ciò che è successo negli ultimi anni sia davvero impossibile proseguire sulla stessa linea e che si debba riconoscere che le COP, pur avendo una minima capacità decisionale data dalle sanzioni che prevedono, sono, purtroppo, espressione di un mondo in cui il potere finanziario e lobbistico domina su quello istituzionale. Nel frattempo, siamo arrivati a un limite che l’intero sistema non potrà superare. La contraddizione tra capitale e vita è insanabile e ragionando con le stesse logiche che ci hanno condotto fin qui non è possibile trovare soluzioni.
Nell’ultimo decennio sono nate esperienze politiche nuove e globali, che seguono un dialogo costante che è nato tra le lotte per la decolonizzazione e quelle per il superamento del patriarcato e cercano di proporre una riformulazione radicale delle nostre relazioni sociali. Per andare oltre al regime di sfruttamento delle risorse della biosfera e ridefinire in modo radicale le forme di organizzazione della società umana superando il dominio dell’umano sull’umano e sul vivente, è fondamentale unire tutti i processi di liberazione: è tutto parte di un’unica lotta di liberazione.
Intendiamo cogliere l’occasione per dare vita a un momento largamente partecipato in cui si raccolga la saggezza collettiva, si confrontino idee e pratiche rivoluzionare, analisi e esperienze di comunità, proposte di mutamento e pratiche quotidiane di liberazione dal sistema tossico di cui siamo tutt* vittime.
Per questo invitiamo tutte le realtà impegnate nella lotta politica, ecologica, transfemminista e per la giustizia sociale a partecipare, contribuire e aiutarci per la costruzione del Climate Camp che si terrà a Milano tra il 28 Settembre e il 2 Ottobre 2021. Inizieremo ad organizzarci in un’assemblea aperta che si terrà a Milano e online il giorno 22 Maggio 2021. Contattateci per ricevere maggiori informazioni e il link con cui partecipare virtualmente.
cjp_climatejusticeplatform@protonmail.com
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