Fiamme che sprigionano una folta nube di fumo nero, tossico, mortifero come quello emesso dal sito di stoccaggio Ilside di Bellona o quello che da giorni asfissia la città di Caivano. Nessuno ne sa niente, nemmeno il TG3 regionale dà conto di un disastro ambientale duraturo e continuato, perpetrato ai danni di chi vive, lavora e studia in queste terre. Le autorità minimizzano e cercano di nascondere vigliaccamente la verità: la salute di noi tutti sacrificata sull’altare dei giochi di potere politico-cammoristici, dell’estrazione capitalistica di profitto sulla nostra pelle, della espropriazione del bene comune a mezzo della riduzione del pubblico a mero strumento al servizio di interessi privati. E se il capitalista, in provincia di Caserta come altrove, ha la pistola in tasca poco importa. Nessun colpevole per i roghi alla diossina, nessun colpevole per quindici anni di emergenza rifiuti pagata a caro prezzo dai cittadini.
Da almeno un decennio quello che avvine in Campania e, segnatamente, in provincia di Caserta non è più un mistero. Cittadini, comitati, reti, centri sociali e quei pochi, rari, politici onesti denunciano questa situazione. Vi si oppongono e duramente lottano per invertire la rotta o anche solo per scongiurare l’ennesimo, folle, ecomostro. Perchè, è bene sottolinearlo, se i processi di lotta autorganizzata dipanatisi in tutta la regione non avessero impedito, nel corso degli anni, l’applicazione puntuale dei piani Regionali e Proviniciali ai rifiuti elaborati dai vari commissari straordinari, oggi la situazione sarebbe molto peggiore di quella che ci si presenta. Senza i comitati che si sono battuti in provincia di Caserta, nell’Agro Caleno, nella provincia di Napoli e nella Campania tutta, persino la raccolta differenziata, partita solo sulla spinta delle lotte a cavallo tra il 2008 e il 2009, oggi sarebbe ancora materia del contendere e motivo addirittura di scontri con le forze di polizia da parte dei cittadini esasperati, come avvenuto in passato.
Ma la battaglia per la difesa della salute e dell’ambiente, dell’acqua e dei beni comuni ha prodotto un movimento che non è soltanto mera opposizione agli scellerati progetti di una classe poltica ed istituzionale votata al perseguimento di interessi economici privati. Tra le nere nubi delle discariche in fiamme e dalle barricate issate a difesa della terra emerge imponente una soggettività molteplice e radicale formatasi nei percorsi di lotta. Una soggettività che ha imparato a costruire il futuro a partire dai propri bisogni non delegabili, come quello ad un ambiente sano. Una soggettività non compiuta e mai definitiva ma sempre in movimento, che si riconfigura e riconiuga dentro le nuove sfide e che ha saputo superare il vuoto e lo stallo della politica istituzionale e del sistema della rappresentanza, per mezzo della immanente orizzontalità che necessariamente la contraddistingue. È un movimento popolare ampio quello che sta dando battaglia alla lobbie inceneritorista in questo paese.
Ed è nel solco di questa esperienza che nasce la
Rete Calena Beni Comuni che riunisce realtà di base radicate sul quel territorio che fa da ponte tra Caserta e la parte nord di Terra di Lavoro. Nata per sostenere l’iniziativa referendaria contro il nucleare e per la difesa dell’acqua dalla speculazione, la Rete è risultata da subito una esperienza felice di valorizzazione delle battaglie che, negli anni precedenti, avevano attraversato quel lembo di terra: contro mega-discariche, piattaforme per rifiuti tossici, sversamenti abusivi e di dura opposizione alla grande centrale termoelettrica da 800 Megawatt che l’allegra paranza
Hera-Cosentino-Bassolino-politici di provincia ci ha regalato. Uno dei tanti frutti di questo percorso di autodeterminazione in divenire è la campagna per l’adozione, da parte dei comuni dell’Agro Caleno, della strategia Rifiuti Zero. Mediante la pressione vertenziale, la lotta e la sensibilizzazione la Rete impone sul territorio scelte politiche che mirano alla tutela dell’ambiente ed alla decostruzione dell’ideologia e della pratica inceneritorista. La
Mappa del Danno – topografia critica di Terra di Lavoro è invece un lavoro di inchiesta in progress, liberamente scaricabile dalla rete, che mira ad inquadrare, attraverso un approccio geopolitico e geoeconomico, la portata del disastro ambientale e gli effetti sulla qualità della vita delle popolazioni colpite spesso inconsapevolmente.
La Rete Calena Beni Comuni è solo una delle tante soggettività promotrici del Movimento No Gas che hanno chiamato alla mobilitazione del 30 giugno. Assieme ad essa comitati popolari, centri sociali, studenti, comitati di quartiere e mamme agguerrite sono scesi sul piede di guerra per bloccare il nuovo inciucio della politica casertana che, dal presidente Zinzi al sindaco di Capua Antropoli passando per Maria Laura Mastellone, l’assessore all’ambiente più veloce del mondo nel cambiare opinione, trova la propria ragion d’essere nella pura speculazione e nello spregio più totale della democrazia, dell’ambiente e della decenza.
Tanti soggetti, quelli riuniti nel Movimento No Gas, che iniziano pian piano a percepirsi corpo collettivo. Un corpo collettivo che ha come unico organo decisionale l’orizzontalità e la trasversalità dell’assemblea. Un movimento emergente che, se fino ad ora aveva rincorso gli appuntamenti politici della controparte, con l’indizione della manifestazione del 30 giugno ha iniziato a dettare la propria agenda politica per costruire una larga e radicale opposizione sociale che sia all’altezza dell’attacco, l’ennesimo, che Terra di Lavoro, e la Campania tutta, si preparano a ricevere.
c.s.o.a. Tempo Rosso
autonomi ed antagonisti in Terra di Lavoro