Il boss, il parroco ed il profeta.
“La mia coscienza si è ribellata a certi soprusi che sono stati commessi da altri”
C. Schiavone
Normalmente, a commentare le rumorose parole a Skytg24 di Carmine Schiavone, già boss di camorra e collaboratore di giustizia, una seria riflessione si sarebbe dovuta soffermare, almeno in via preliminare, sul pentitismo e su quella stramba elevazione della delazione a principio giuridico all’interno del nostro ordinamento. Ma il senso di questa enorme contraddizione, di questo abominio del diritto, è esemplarmente racchiuso nelle parole dello stesso Schiavone che afferma, in apertura della sua intervista, di essersi si pentito ma di quello che altri hanno commesso. Il pentimento, dunque, da riflessione personale ed intima sulla propria condotta esistenziale, da processo di (eventuale) redenzione tramite l’espiazione di una pena ritenuta giusta, diviene atto d’accusa, per di più retribuita con la cancellazione di ogni punizione, sull’operato degli altri. Carmine Schiavone si è ribellato accusando quelli che un tempo erano i suoi sodali, evitando il carcere per i morti ammazzati e i rifiuti intombati, e questo suo j’accuse acquista vigore e si spinge fino a biasimare: “Le istituzioni mi hanno abbandonato”. Beh, su quest’ultimo punto il generale del clan dei casalesi si mostra ingenuo: se lo Stato italiano ha abbandonato milioni di cittadini campani per il mero interesse del ceto industriale nazionale, mettendo in campo, come afferma don Carmine, connivenze profonde quando non vero e proprio supporto alle operazioni dei clan durante i loro affari, in primis quello dello smaltimento illecito dei rifiuti, figuriamoci a quale sorte avrebbe mai potuto abbandonare un uomo che ha probabilmente esaurito ogni utilità, che ha perso gran parte del suo potere e non è più neppure in grado di versare quelle centinaia di migliaia di euro mensili che il boss afferma di aver regolarmente indirizzato per anni ad intere schiere di carabinieri, poliziotti e finanzieri.
Ma questa riflessione, che sommariamente proponiamo, deve necessariamente cedere il passo ad altre e più inquietanti verità che, per quanto quotidianamente esperite da qualche milione di persone, trovano possibilità di affermazione diffusa nell’opinione pubblica (scusate la brutta parola) solo quando hanno riscontro nelle dichiarazioni di un ‘autorevole’ pentito. Una organizzazione politico-militare che amministra una quota rilevante del Pil ed arriva ad esercitare, sia in maniera autonoma che mediante una ampia capacità di simbiosi, funzioni sovrane su importanti porzioni di territorio in ogni parte d’Italia, non può esistere e riprodursi senza l’assenso degli apparati dello Stato. Da ciò ne deriva che, tra le tante cose, i traffici di rifiuti e lo smaltimento di sostanze altamente tossiche in maniera criminale e scellerata (tanto per restare sul piano degli eufemismi) è avvenuto sotto l’occhio vigile ed accondiscendente delle istituzioni. Una verità assolutamente spiacevole alla quale, senza troppi esercizi filosofici, in molti erano approdati, magari per essere stati una delle tante donne ed uomini che in Campania hanno denunciato il disastro che da anni si consuma sulla pelle di una intera comunità e della sua terra. Un disastro che continua tuttora e che secondo alcuni studi produrrà i maggiori picchi di mortalità fra cinquant’anni.
Eppure questa semplice e banale verità viene prontamente glissata da quanti, per calcolo o mera ingenuità, continuano a voler rappresentare la lotta alla camorra come uno scontro tra il bene ed il male, dove il primo è ovviamente rappresentato simbolicamente da prestanti giovanotti con l’uniforme e i capelli corti ed il secondo dai camorristi con la barba lunga che prosperano grazie alle caratteristiche antropologiche di un branco di bifolchi avvezzi all’illegalità (e alle barbarie) per vocazione naturale. È lo stesso Schiavone afornire un assist a questa visione, della quale egli è certamente uno degli adepti: “[…] mio figlio ragiona come un ragazzo del nord […]”. Già, perché quelli del Sud normalmente passano il tempo a sotterrare fanghi termonucleari in giardino.
Ma non finisce qui, dopo i calcolatori interessati, arrivano gli ingenui: Don Maurizio Patriciello, il parroco di Caivano, stranamente dimentica di essere approdato alla notorietà proprio per essere stato oggetto di un tanto inopportuno quanto consuetudinario ‘cazziatone’ da parte del Prefetto che non gradiva affatto le sue scomode domande sul disastro ambientale in atto, senza sapere di essere ripreso da uno Smartphone. Don Patriciello non capisce che, senza quel video su YouTube, sarebbe stato trattato come uno zerbino al pari di tutti i semplici cittadini che osano rivolgersi a Sua Eccellenza, esattamente come avviene in ogni momento.
Così si continua a chiedere interventi su interventi a polizia, carabinieri, esercito e flotte spaziali fino ad arrivare ad implorare allo stesso Schiavone di indicare i luoghi delle discariche e degli sversamenti abusivi per segnalarli alle autorità, le quali potrebbero così operare finalmente una bonifica dei siti. A questa proposta fa eco l’immancabile giovane profeta Roberto Saviano che, dopo aver deciso che ogni forma di movimento popolare sorto in Italia è da tenersi al di fuori di ogni considerazione se non per essere denigrato, entra a gamba tesa per sostenere la proposta di don Patriciello arrivando a sostenere che: “[…] è l’unico modo per risolvere il problema [..]” (sic!).
In pratica si invocano i due soggetti che ci hanno avvelenato per dis-avvelenarci, evitando così a mamme e padri di famiglia di dover saltare la messa domenicale per andare a manifestare contro l’ennesimo rogo che, per l’ennesima volta, brucia al solito posto decine e decine di volte segnalato alle autorità che fino ad oggi se ne sono altamente fregate.
In questo modo, si prepara il terreno per far si che le bonifiche rischino di divenire l’ennesima delega in bianco che le trasformerebbe in un ricco banchetto da nove miliardi di euro e più. Del resto, facendo scegliere direttamente a Schiavone dove e come spendere quei soldi risparmieremmo molto in corruzione. Ma non solo, si buttano in discarica anni ed anni di lotte portate avanti dal basso e con coraggio da migliaia di persone che sanno benissimo dove stanno le discariche abusive (provate voi a movimentare tonnellate di terra con camion e ruspe senza essere notati da nessuno), si inceneriscono le proposte ed i percorsi di cambiamento reale di cui questi movimenti sono stati portatori e che hanno disegnato modelli di socialità, di partecipazione e di azione diretta che sono antagonisti alla governace del capitalismo a mano armata che detta l’agenda alle istituzioni ed ai partiti.
Ai comitati ed ai movimenti che difendono, conquistano e creano i beni comuni non interessa e non può interessare risolvere il problema delle eco-balle piuttosto che quello del gassificatore di Capua per poi lasciare immutato il quadro sociale, economico e politico attuale. Essi hanno la forza, o altrimenti debbono cercarla, per vincere le battaglie e le vertenze di cui sono protagonisti e contemporaneamente di radicare i propri meccanismi democratici, orizzontali e di contropotere per distruggere l’equilibrio del terrore attualmente vigente. Non ci sono scuse e questo nodo non è più rimandabile. Con l’avvio delle procedure di esproprio dei terreni per la costruzione del gassificatore di Capua (comune che proprio oggi ha dichiarato allegramente il dissesto finanziario) e la terribile minaccia dell’inceneritore di Giugliano, lo scontro tra i campani ed i loro aguzzini arriverà ad un momento decisivo. Occorrerà esserci, sapendo di non poter delegare niente né di affidarsi a vecchi e nuovi profeti.
@teleprop
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