Sci(occhi): Appennino senza neve e ristori senza senso
Avete presente i dodo? Nell’immaginario comune sono dipinti come animali talmente stupidi da essersi estinti da soli, in realtà sono stati vittime della colonizzazione portoghese ed olandese che ha devastato l’habitat dell’isola di Mauritius e introdotto specie antagoniste non presenti precedentemente.
Dunque sarebbe più corretto smettere di usare la parola dodo in questo senso, si potrebbe al suo posto adottare ad esempio quella di “imprenditori del settore turistico invernale”: questa categoria sta sicuramente contribuendo alla propria estinzione molto di più di quanto hanno fatto i dodo, anche se non è solo loro la responsabilità.
Si fa per ridere, però neanche tanto. Infatti le regioni Emilia-Romagna, Toscana ed Abruzzo si misurano con una stagione senza neve a causa delle temperature primaverili provocate dal cambiamento climatico. Dopo le prime nevicate di dicembre è arrivata la pioggia e poi il caldo, persino l’innevamento artificiale in molti casi è inutile e gli impianti sciistici degli Appennini (e non solo) dunque rimangono chiusi.
“Le Regioni non possono essere lasciate da sole – affermano il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini e l’assessore al Turismo Andrea Corsini – Occorre un piano straordinario. I nostri operatori dell’Appennino bianco dopo le stagioni cancellate dal Covid, oggi sono alle prese con un altro momento nero”. E subito la Ministra del Turismo Santanchè ha promesso un “tavolo di lavoro congiunto” per approntare un piano straordinario. Ovviamente si parla di “ristori”, cioè di elargizioni a fondo perduto nei confronti degli imprenditori del settore.
Come scrivevamo qui questo è un chiaro esempio del tentativo “di tenere in una condizione artificiale di pre-morte quell’Italia delle piccole e piccolissime imprese, dell’imprenditorialità autonoma e di quelle miriadi di professioni che svolgono funzioni produttive e riproduttive in via di restrutturazione che stanno (neanche troppo lentamente) andando verso l’estinzione o la marginalità.”
Quale destino può avere il turismo legato agli impianti sciistici, ristori o meno? La risposta è semplice, nessuno! Ora Bonaccini e compagnia vorrebbero che si investisse strutturalmente in impianti di innevamento artificiale di nuova generazione, ed è vero che ci si può abituare a tutto, ma quale fascino può avere trovarsi a sciare in scenari tipo quelli delle Olimpiadi di Pechino? Chi può permetterselo cercherà altre mete, gli altri cercheranno altro da fare. Eppure l’accanimento terapeutico su questo settore continua da anni: i presidenti di Regione dicono che gli operatori turistici sono un “importante presidio per le nostre montagne”, ma la realtà è che il settore sciistico era insostenibile ben prima che il riscaldamento globale ne provocasse la crisi. Anzi il modello di sviluppo di cui fa parte, cioè quello dell’estrattivismo capitalista è uno dei fattori della catastrofe climatica alle porte.
Sarebbe ora di rendersi conto che quella storia è finita, che le nostre montagne (così come il resto del nostro paese) hanno bisogno di un altro modello di sviluppo.
Altrimenti si rischia di fare tutti la fine dei dodo… pardon, degli “imprenditori del settore turistico invernale”.
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